«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

venerdì 29 luglio 2011

La decrescita secondo Terzani



«Tutto questo dovrebbe essere rimesso in discussione. L’educazione dovrebbe cominciare con l’insegnare il valore della non violenza, che ha a che fare poi con tutto: con l’essere vegetariano, col rispettare il mondo, col pensare che questa terra non te l’han data a te, che è di tutti e tu non puoi impunemente metterti a tagliare e a fare buchi. Il guaio è, secondo me, che tutto il sistema è fatto in modo che l’uomo, senza neppure accorgersene, comincia sin da bambino a entrare in una mentalità che gli impedisce di pensare qualsiasi altra cosa. Finisce che non c’è nemmeno più bisogno della dittatura ormai, perché la dittatura è quella della scuola, della televisione, di quello che ti insegnano. Spegni la televisione e guadagni libertà. 

Libertà. Non ce n’è più. Io lo continuo a ripetere: non siamo mai stati così poco liberi, pur nulla apparente enorme libertà di comprare, di scopare, di scegliere fra i vari dentifrici, fra le quarantamila automobili, fra i telefonini che fanno anche la fotografia. Non c’è più la libertà di essere chi sei. Perché tutto è già previsto, tutto è già incanalato e uscirne non è facile, crea conflitti. Quanta gente viene rigettata dal sistema, viene emarginata perché non rientra nel modello? Facesse invece delle altre cose! Ma non c’è altro, c’è solo una spinta verso il mercato.

E san Francesco? E tutti quegli altri? Tutti matti perché non andavano a fare quello che bisognava fare a quei tempi? No, no, diversi! Persone che con la loro diversità hanno indicato anche un modo diverso di essere. Pensa, san Francesco, sarà stato simpatico?!

È questa benedetta storia della libertà! Noi oggi ce la siamo ridotta immensamente, tanto che finiamo per vivere solo ai margini della nostra libertà a causa di tutto ciò che è automatico nel nostro modo di pensare, di reagire, di fare le cose. Questa è la grande tragedia. E quando ne esci sei condizionato. Ripeti dei modelli prestabiliti. Non è che molto facilmente ti inventi qualcosa.

L’uomo ormai è succube dell’economia. Tutta la sua vita è determinata dall’economia. Questa, secondo me, sarà la grande battaglia del futuro: la battaglia contro l’economia che domina le nostre vite, la battaglia per il ritorno a una forma di spiritualità – che puoi chiamare anche religiosità – a cui la gente possa ricorrere. Perché è una costante della storia umana, questo voler sapere cosa ci sei a fare al mondo.

Occorrono nuovi modelli di sviluppo. Non solo crescita, ma parsimonia. Vedi, Folco, io dico che bisogna liberarsi dei desideri. Ma proprio per il perverso sistema del consumismo la nostra vita è tutta centrata su giochi, sport, mangiare, piaceri. Il problema è uscire da questo circolo vizioso: una cosa dopo l’altra dopo l’altra. Porca miseria, questo ti impone dei comportamenti che sono assolutamente assurdi. Tu non vuoi certe cose ma il sistema del consumismo ti convince, ti seduce a volerle. Tutta la tua vita dipende da quel meccanismo. Se invece cominci a non parteciparvi resistendo, digiunando, allora è come se usassi la non violenza contro la violenza. La violenza che ci fa alla fine? Mica te la possono cacciare in gola, la roba!

Occorre perciò un grande sforzo spirituale, un grande ripensamento, un grande risveglio. Che poi ha a che fare con la verità, di cui nessuno più si occupa. Lì Gandhi è di nuovo stupendo. Cercare la verità, quello che è dietro a tutto. “Prima credevo che Dio fosse la verità. Ora direi che la verità è Dio”.»


Tiziano Terzani da “La fine è il mio inizio”



La cultura del buon senso: auto come le sigarette entro pochi anni


Per la critica dell’auto e una politica umana per la città



«Il buon senso di oggi non è quello di ieri. Sarebbe dunque contrario al buonsenso di oggi andare a lavare i panni al lavatoio comunale come facevano le nostre nonne invece di usare la lavatrice o andare a un lavaggio automatico. È dunque necessario costruire il buonsenso di domani andando nella buona direzione. Dobbiamo inventare una nuova cultura, di cui uno dei pilastri è la sobrietà.»

Serge Latouche (La scommessa della decrescita)

Ciò di cui abbiamo un estremo bisogno oggi è sviluppare una cultura del buon senso, una cultura che sia nostra per scelta, che non ci sia imposta né dall’alto né dalle circostanze. Una cultura di buon senso che emerga dalla nostra consapevolezza e dal nostro risveglio alla vera essenza della vita e della sua corretta visione. Un cultura di buon senso che sia flessibile e non manipolabile per terzi fini. 

La nostra abilità nel creare questa cultura, nel gestirla bene e nel mantenerla in vita sarà assolutamente indispensabile per “progredire” verso un futuro migliore per tutti. Faccio un esempio.

Fino a non molti anni fa, fino al 10 gennaio del 2005, in Italia era del tutto “normale” fumare nei locali pubblici al chiuso. Mio padre addirittura andava a vedere i film western al cinema immerso in una nube spessa di fumo di sigarette. Essere sottoposti al fumo passivo delle sigarette, sia che si fosse fumatori che non, rientrava nella normalità. La cultura del buon senso di non troppo tempo non considerava il fumo passivo una minaccia per la salute delle persone o semplicemente non si poneva il problema. Oggi in Italia è impensabile costringere le persone a sottoporsi al fumo passivo nei locali pubblici, questo grazie alla legge del 2005 che è stata ben recepita dai cittadini italiani perché la loro cultura del buon senso aveva già fatta propria questa regola di comportamento. 

La stessa cosa accadrà per le automobili. Attualmente può considerarsi “normale” prendere l’auto tutte le mattine per recarsi a lavoro, “normale” fare qualche ora di traffico al giorno o usare l’auto solo per fare pochi isolati di distanza. In un futuro più prossimo di quello che possiamo immaginare, la cultura del buon senso cambierà questa consuetudine poco saggia, avverrà forse un po’ come è avvenuto per le sigarette, lo voglio sperare. Al posto di vietare le sigarette nei locali pubblici, per le automobili ci sarà un divieto nei centri abitati di una certa grandezza e con una certa densità di abitazione. Dopotutto una stanza, se pur ampia e con soffitti alti, affollata di fumatori e con uno scarso ricambio d’aria non è dissimile da una città di medie dimensioni, stracolma di mezzi privati, auto e motorini in continua circolazione, spesso fermi e incolonnati in lunghe code, con molto cemento e asfalto che non permette alle particelle di polveri di essere fissate al suolo e con pochissima vegetazione. Magari con gran stupore di tutti, sarà emanata una legge simile a quella del divieto di fumo nei locali pubblici. Molti probabilmente penseranno subito a una drastica restrizione della propria libertà, senza riuscire neanche ad immaginare gli enormi vantaggi che potremmo trarre da una decisione simile: aria più sana in città, meno rumore, meno stress, diminuzione drastica del rischio di incidenti stradali per conducenti e per pedoni, diminuzione di auto in sosta, minor necessità di costose ed ingombranti infrastrutture viarie. Naturalmente tutto questo dovrà essere accompagnato da una incentivazione e sviluppo spinto dei mezzi pubblici, in un aumento della loro efficacia e in una riduzione del loro prezzo, così come dalla liberalizzazione delle licenze dei tassisti, della costruzione di lunghe e scorrevoli piste ciclabili … e via continuando.

Per comprendere tale cambiamento non occorre avere una particolare perspicacia né essere ambientalisti convinti. Occorre solo costruire e sviluppare la cultura del buon senso. Se ci si pensa bene, l’uomo moderno non ha bisogno di un’auto ogni due persone (media italiana), bensì ha bisogno di muoversi con efficacia (tempi ridotti) e senza creare disagi (inquinamento acustico e atmosferico, rischi di incidenti, traffico). Questa è la direzione inevitabile da prendere. 

Chi farà i primi passi in questa direzione sarà sicuramente ostacolato e denigrato, ma senza dubbio sarà un coraggioso pioniere della prossima cultura del buon senso.



Approfondire:

Leggi articolo Corriere della Sera "La mobilità immobile" del 5 aprile 2011

Leggi intervista al direttore dell'Istituto per la pianificazione del traffico dell'Università tecnologica di Vienna, Hermann Knoflacher. Dal blog NACI, No Automobile Club d'Italia

Associazione NoAuto, Per una mobilità urbana alternativa

Articolo di Pallante e Bertaglio "Riconvertiamo l'industria dell'auto", Il Fatto Quotidiano

Puntata di Report "L'auto permettendo" maggio 2010

Elogio della bicicletta

giovedì 28 luglio 2011

Principi della felicità assoluta :-)


Per una teoria scientifica della felicità

Primo principio della felicità assoluta

“La felicità assoluta non può essere né creata né distrutta ma solo trasformata: cambiando le nostre sofferenze in vittoria, lo stato di buddità si manifesta spontaneamente. La felicità assoluta è intrinseca alla nostra vita, non ha nascita e morte, è illimitata e permea l’intero universo in tutti i suoi fenomeni, l’esistente e il non esistente, senza tempo e senza spazio. La differenza sta nel fatto di manifestare la felicità o di tenerla nello stato latente”.

Secondo principio della felicità assoluta

“Dal momento che ogni individuo intraprende il percorso di trasformazione del proprio spirito, chiamato anche Rivoluzione Umana, la felicità assoluta manifesta dell’intero universo può solo aumentare, o al più rimanere costante. La felicità assoluta aumenta all’aumentare degli individui che intraprendono la via del bodhisattva. L’universo perciò tende naturalmente verso la felicità assoluta.”.

Attenzione a non fare confusione tra felicità assoluta e relativa, infatti i precedenti principi valgono solo nel caso di felicità assoluta. Per chiarimenti suggeriamo la lettura del seguente estratto.

La differenza tra felicità assoluta e felicità relativa

«In breve, la Buddità è una condizione di felicità assoluta e indistruttibile. La "normale" felicità, al contrario, è in effetti una felicità relativa: la ricchezza, la salute, la pace, sono tutti esempi di felicità relativa, non assoluta. In altre parole, la felicità relativa è quella che dipende dalle condizioni esterne. Nel momento in cui una di queste condizioni scompare, la felicità relativa viene distrutta e, se la perdita è grave, cadiamo nella disperazione. In definitiva, la felicità che deriva dalla sicurezza economica, da una famiglia felice o da un buon lavoro, non può in alcun modo essere considerata eterna. Inoltre, il fatto stesso di godere di una felicità relativa può essere oggetto di invidia e gelosia da parte di chi non ha la stessa fortuna, e diventare perciò causa di infelicità. Questi limiti e questa instabilità sono connaturati con la felicità terrena e caratterizzano la vita in questo mondo.

Al contrario della felicità relativa e transitoria, la felicità assoluta della Buddità non è turbata dai mutamenti di circostanze o dalle difficoltà. In altre parole, sebbene la felicità assoluta non implichi la libertà dalle sofferenze e dai problemi, essa comporta il possesso di una forza vitale vibrante e vigorosa e della stessa saggezza necessaria per sfidare e superare tutte le sofferenze e le difficoltà che possiamo incontrare. Facendo nostra una simile condizione, possiamo vivere la nostra esistenza terrena con fiducia incrollabile. La Buddità è inoltre dotata di una profonda compassione per gli altri ed è una fonte inesauribile di valore, colmando così di dignità la nostra vita. In ultima analisi, tutti gli elementi che ci mettono in grado di condurre vite veramente umane sono contenuti nello stato di Buddità. Manifestare e concretizzare questo supremo stato di vita è chiamato "conseguire" la Buddità, ed è la meta ultima della pratica buddista.

La Buddità esiste eternamente nella vita di tutte le persone; raggiungere la Buddità non significa diventare esseri straordinari, ma solamente sforzarsi di manifestare la natura di Budda latente nella propria vita».

Estratto da “I misteri di nascita e morte”, Daisaku Ikeda

mercoledì 27 luglio 2011

DFRU: Quello che ci aspetta, parte 30/30

Dipinto di Ciro D'Alessio


Sono finiti i tempi dell’abbondanza, dell’indifferenza e dell’incoscienza. Se vogliamo evitare disastri ecologici, malattie, carestie, alluvioni, uragani, valanghe, guerre, aumento del nazionalismo, delle dittature, del razzismo, scene di violenza atroce sempre più frequenti e diffuse globalmente dobbiamo decidere profondamente di assumerci a pieno la responsabilità come singoli individui e guardandoci nell’animo dobbiamo trovare il coraggio e la forza per affrontare un percorso di radicale e sostanziale cambiamento nel nostro modo di pensare, di vivere, di consumare, di lavorare, di prendere scelte difficili, di fare sacrifici, di metterci in discussione con umiltà in continuazione, di ascoltare il parere degli altri senza arrivare a conclusioni affrettate, ed essere determinati a rispettare la vita in tutte le sue forme, a gridare con voce determinata davanti alle ingiustizie, a mettere da parte le proprie sicurezze e le proprie ambizioni mondane per ricercare la realtà ultima delle cose e la felicità assoluta nella propria stessa vita, piccola e semplice.
Se non agiamo in questa direzione le cose peggioreranno ad un ritmo sempre più crescente, i disastri saranno una conseguenza inevitabile. La grande crisi che abbiamo di fronte è la nostra grande occasione, è una benedizione come dice Einstein. L’opportunità per fare una rivoluzione che cambierà la storia dell’umanità, come non è mai avvenuto.
Molte persone si sono già risvegliate, molte persone si stanno accorgendo che c’è qualcosa di malato in questo mondo, altre persone si sono già messe a lavoro da anni.
Al momento i governi e la politica in generale non stanno facendo nessuno sforzo in questa direzione, non esiste neanche la minima volontà, neanche una vaga idea al riguardo. Il concetto comune che regna è quello di affrontare l’attuale grande crisi, in tutte le sfere di azione, usando la stessa strategia adottata fino ad ora: sviluppo, produzione, crescita, consumo, rifiuti e di nuovo da capo. La verità è che non esiste la volontà di cambiare, o almeno di pensare diversamente, o anche solo sforzarsi di immaginare un’alternativa, un modo diverso di affrontare una tale crisi.
Per questi motivi la rivoluzione che metteremo in atto avrà al suo centro l’essere umano stesso nella sua intima profondità, così che non ci possano essere più vie di fuga, ma solo una preziosa occasione per tutti quanti: una rivoluzione dell’umanità.
Un’impresa mai tentata prima, un’impresa che costerà sacrifici e tanti sforzi da parte di tutti ma che saranno superati di gran lunga dai benefici che ne seguiranno. Un movimento che partirà dalle persone comuni, dallo loro umanità, dal loro desiderio di cambiare non necessariamente sarà un processo lento, piuttosto sarà dinamico e dirompente.
Saranno l’unità di intenti e l’ardore, il calore, l’energia, il fuoco vivo del desiderio racchiuso nel cuore delle persone ad aprire la strada per un mondo migliore. Finché la passione ardente del desiderio di cambiare sarà custodita nel cuore delle persone, anche di una sola, il nostro futuro potrà essere illuminato dalla speranza. Il futuro e il sogno sono dentro di noi, in uno stato di latenza. Così come un grande albero è già contenuto in un piccole seme, il sogno di un mondo migliore è racchiuso nei nostri cuori. Il potenziale esiste già dentro di noi.
Non ci resta altro che farlo fiorire in tutto il suo splendore.

venerdì 22 luglio 2011

L'ultima Rivoluzione - Lo sciopero dei consumi


22/07/2011 - 26/07/2011
IL BLOG DFRU ADERISCE ALLO SCIOPERO DEI CONSUMI PROMOSSO DA


IL BLOG CESSERA' OGNI ATTIVITA' NEL PERIODO SOPRA INDICATO
SPEGNI IL COMPUTER ANCHE TU!!

mercoledì 20 luglio 2011

La paura del tempo libero

foto: Morguefile

Per una critica del lavoro e un elogio dell’ozio


«Ciò che l’uomo moderno teme di più è ciò che in passato lodava di più: il riposo, il distacco dalle passioni e dalle ambizioni» Giorgio Bocca

L’uomo moderno ha paura del tempo libero, ne è terrorizzato. Spesso addirittura gareggia con gli altri a chi lavora di più: 10, 12, 14 ore al giorno sono “normali”, anzi sono sintomo di benessere. Lavorare tanto fa bene: prima di tutto fa bene all’economia, che cresce con il Pil, poi fa bene alla nostra pancia che aumenta all’aumentare della ricchezza immagazzinata, la maggior parte della quale non ha alcuna utilità pratica.

Finché c’è lavoro dobbiamo lavorare. Che fine abbia il nostro lavoro? Non importa. Che qualità abbia il nostro lavoro? Tanto meno. Quante persone oggi vivono per lavorare, il lavoro è diventato l’idolo principale, ancora prima del denaro. Il lavoro non come espressione di sé, di genialità, non come creazione di valore, ma meramente come occupazione del tempo, come alternativa ideale per contrastare la minaccia dell’aumento di tempo libero dovuta al progresso tecnologico.

Dopo lavoro infatti, meglio riempirsi di altre cose da fare: palestre, corsi serali, aperitivi, telefonate inutili, finti impegni, espedienti per non permettere alla vita di rallentare di entrare nella sua naturale armonia con l’ambiente.

La gente di oggi ha paura del tempo libero, non lo vuol proprio vedere, non vuole avere a che fare con esso. Avere del tempo libero, del tempo per se stessi significherebbe ascoltarsi, relazionarsi con il proprio io profondo. E anche nelle sporadiche vacanze che facciamo, dobbiamo avere impegni su impegni: gite, escursioni, avventure, sport estremi, cavalcate, percorsi impervi, cene, distanze chilometriche da fare, discoteche, girare, girare a vuoto, tanto per girare.

Se ci fermassimo in una panchina di un giardinetto qualunque, magari quello sotto casa che non abbiamo mai notato prima, allora ci accorgeremo che gli uccellini stanno cantando per noi, il vento sta frusciando per noi, una formica ci sta carezzando il braccio camminandoci sopra, ci accorgeremo che gli alberi hanno delle chiome verdi di luce sopra le nostre teste e ci proteggono, ogni foglia è un riparo.

Questo dovrebbe essere un esercizio da fare ogni giorno prima di recarsi a lavoro, con calma, senza fretta. Ma correre ogni giorno e fermarsi per un solo istante per rendersi conto di essere totalmente vuoti, scontenti e ingrati è talmente spaventoso che l’uomo “lavorante” non può assolutamente rischiare di cadere in tale tranello.

Sì, perché oggi siamo abituati a dare un valore di mercato a tutto ciò che ci circonda, e ci sono folli, non ritenuti tali, che addirittura vorrebbero mercificare l’aria, il cielo, l’acqua. E allora il tempo libero che valore avrebbe? Nessuno, anzi avrebbe un valore negativo, dato che sottrae tempo (risorsa economica) al lavoro che invece crea ricchezza monetaria.

Il paradosso è evidente, perciò mi sento di gridare: viva l’ozio!! Viva la conquista di maggior tempo libero come atto di democrazia e libertà per ogni singolo individuo. Evviva la lentezza! Che ci libera dalla schiavitù della fretta e dello scadere del tempo concesso. Viva cinque ore di lavoro al giorno, viva le piccole distanze, viva le piccolezze, le banalità, viva l’ingenuità delle scoperte scontate. Viva il pensiero astratto, la fantasia, viva lo star a fissare per ore lo stesso paesaggio.

Viva una vita a dimensione umana!!!


lunedì 18 luglio 2011

DFRU: Cominciamo noi, noi per primi, parte 29/30

Dipinto di Ciro D'Alessio


Ad un’attenta analisi, il "nemico" principale però non risulta essere il sistema globale in quanto tale, ma se dovessimo individuare un nemico da sconfiggere dovremmo allora puntare il dito su noi stessi e in particolare sulla nostra convinzione di ritenerci impotenti e ininfluenti. Il fatto di ritenere i grandi problemi dell’economia mondiale, della povertà, delle guerre, dell’ambiente, distaccati dalla nostra vita quotidiana e sentirci assolutamente inermi, come schiavi di un meccanismo controllato dall’esterno, è la prima causa del deterioramento attuale in tutti i campi ed è proprio questa passività e subordinazione cieca che dobbiamo combattere. Se pur complessi e concatenati, le questioni del mondo odierno rispecchiano fedelmente la condizione vitale e la volontà della gente comune.
A proposito della nostra impotenza Tiziano Terzani scrive: «A volte mi chiedo se il senso di frustrazione, d’impotenza che molti, specie tra i giovani, hanno dinnanzi al mondo moderno è dovuto al fatto che esso appare loro così complicato, così difficile da capire che la sola reazione possibile è crederlo il mondo di qualcun altro: un mondo in cui non si può mettere le mani, un mondo che non si può cambiare. Ma non è così: il mondo è di tutti» [26].
E aggiunge ancora: «… l’individuo è sempre più disorientato, si sente al perso, e finisce così per fare semplicemente il suo piccolo dovere nel lavoro, nel compito che ha dinanzi, disinteressandosi del resto e aumentando così il suo isolamento, il suo senso di inutilità. Per questo è importante, secondo me, riportare ogni problema all’essenziale. Se si pongono le domande di fondo, le risposte saranno più facili» [26].
Portare le questioni alla radice, porsi le domande più semplici, andare al fondo delle cose, all’essenziale, fare chiarezza, riordinare e semplificare il complesso, queste saranno le azioni vincenti nel futuro. Semplificare il complesso, non complicare il semplice. Andare alla ricerca degli equilibri tra gli opposti, non eliminare ma equilibrare, non crescere ma armonizzare.
Andare alla radice del problema significa individuare la causa e agire su di essa (e non sull’effetto come siamo abituati a fare oggi), trasformandola usando proprio le potenzialità racchiuse nel problema stesso. Si sente dire che il nostro nemico oggi è la crisi economica: niente di più sbagliato. La crisi è preziosa perché ci avverte che le cose non vanno, che c’è bisogno di cambiare, e più forte è la crisi e più profondo deve essere il cambiamento. Il nemico vero non è la crisi (cioè l’effetto), ma il sistema economico (ovvero la causa) che è stato creato da noi, uomini. Cambiando noi, cambieremo la causa e di conseguenza l’effetto che apparirà sarà diverso e in perfetta coerenza con la causa che l’ha determinato.
Le azioni più banali saranno sicuramente le più efficaci: come ad esempio annullare gli sprechi e i rifiuti, fino al punto di non concepire più neanche la parola spreco o rifiuto (esempio banale: l’ascensore del mio condominio ha una luce al neon che resta accesa 24 ore su 24 inutilmente, sarebbe sufficiente installare un sistema che controlla il peso sul piano dell’ascensore per far funzionare la luce solo quando serve). Eliminare la produzione di armamenti, di armi batteriologiche, di droga, di composti tossici saranno azioni che non potranno che apportare beneficio all’umanità.
Sia nelle questioni banali che complesse l’approccio sarà lo stesso, cioè quello di partire da noi stessi. Ognuno di noi, esseri comuni, insignificanti davanti alle intricate questioni internazionali, si alzerà, alzerà la testa, si sveglierà da un sonno profondo e sceglierà, deciderà profondamente di cambiare. Agirà per il bene di tutti, creando valore (bellezza, bene e guadagno) nella società. Lo slogan sarà la famosa frase di Gandhi: «Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere».

giovedì 14 luglio 2011

L'Islanda dà lezione di democrazia dal basso

Lezioni di democrazia dal basso, usando la rete per redigere nuove regole, regole che siano i cittadini a decidere e a rispettare. Un esempio dal quale si evince che il sistema economico liberale e degenerato, basato sulla speculazione e il debito, può essere sconfitto. Un'esperienza per paesi prossimi al tracollo come Spagna, Portogallo, Grecia e Italia.

lunedì 11 luglio 2011

DFRU: Soluzione e condizione, parte 28/30

Nei due capitoli precedenti abbiamo preso in considerazione la soluzione alle ingiustizie e ai disastri ecologici odierni e l’abbiamo identificata con il termine decrescita felice, stando ad indicare l’abbandono dell’economia basata sulla crescita e sulla cultura dello sviluppo della produzione e dei consumi come unico modo per incrementare la qualità della vita e il benessere della gente. Abbiamo visto come occorra un cambiamento radicale in termini politici (democrazia attiva), economici (fine del capitalismo), sociali (cambio di abitudini, controtendenze) e tecnici (nuove tecnologie al servizio della gente e dell’ambiente). Nella seconda parte invece abbiamo messo in luce che non solamente le basi scientifiche su cui poggia questo sistema attuale sono sbagliate di fondo, ma che non esistono neanche basi filosofiche o culturali corrette, e abbiamo analizzato un nuovo tipo di rivoluzione che invade ogni sfera di interesse e che abbiamo chiamato rivoluzione umana, la rivoluzione spirituale del singolo individuo.
Il sistema economico, politico, sociale che stiamo adottando, le scelte che stiamo prendendo, la strada che da tempo abbiamo intrapreso non si regge su nessuna base di conoscenza solida e stabile. Per questo motivo il sistema porterà il nostro pianeta e noi stessi ben presto al collasso. Un grande albero costruisce delle robuste radici per poter crescere bene, un edificio alto ha bisogno di profonde e salde fondamenta, allo stesso modo il sistema economico mondiale ha bisogno di basi stabili e sicure che attualmente non esistono proprio. L’attuale sistema è costruito su principi erronei, contrari alla realtà delle cose, contrari alla fisica, alla termodinamica, contrari alla dignità umana, al rispetto per ogni forma vivente e non, contrari alla nostra stessa esistenza. Questo rende il sistema mondiale del tutto instabile, come un castello di carte, che oltre ad essere altamente fragile peggiora la sua instabilità man a mano che il sistema cresce e si sviluppa, proprio come succede aggiungendo carte al castello: si arriva ad un punto in cui tutto crolla su se stesso, anche se apparentemente sembra che non ci sia stato alcun errore particolare.
Soltanto intraprendendo un percorso di cambiamento radicale e rapido che coinvolga sia la parte tecnica di riduzione dei consumi, della produzione, degli sprechi, sia una rivoluzione individuale dell’essere umano e dei suoi valori, potremo migliorare la situazione e progettare un futuro splendente di giustizia, umanesimo e pace.

sabato 9 luglio 2011

Cosa fare se non creare valore ?

Cosa fare nella nostra vita se non creare valore?

E con ciò non intendo accumulare ricchezze materiali, che pur sono utili e preziose, ma i tesori del cuore, o meglio creare, attraverso le relazioni soggetto-oggetto, armonia, serenità e pace.

Interagire con il nostro ambiente attraverso la bellezza, il guadagno e il bene in modo che la vita ne sia sostenuta, e non minacciata.

Cosa fare se non creare ed alimentare rapporti di fiducia e di scambio reciproco. Cosa fare se non perseguire la coerenza, l’onestà, il rispetto, la compassione. Cosa fare se non arricchirsi l’un l’altro e nutrire la nostra esistenza con emozioni, sensazioni intime e profonde, abbracci universali, ricordi primordiali e intuizioni perspicaci ?

Cosa fare se non creare un futuro con sogni e pura fede?

Forse solo uccidersi in continuazione e morire ancor prima di essere realmente defunti.

Luca

venerdì 8 luglio 2011

Lo sciopero dei consumi : 22/07/2011 - 26/07/2011

Manifestare in piazza e scioperare dal nostro lavoro sono sicuramente azioni che possono portare a dei risultati, per lo meno nell'attirare l'attenzione dei media se il numero di aderenti è adeguato e nell'ottenere anche delle "concessioni" nel breve periodo.

Ma l'unico modo per incidere veramente nelle decisioni a livello globale di scelte di politica economica, l'unico reale potere che abbiamo è quello del consumo, l'unico ruolo che ci spetta in questo modello di società. Perciò usare il nostro ruolo di consumatori per lanciare un messaggio di risveglio e di allarme è sicuramente la cosa più saggia ed efficace.

Giusto quindi aderire alle iniziative come lo sciopero dei consumi (vedi al sito: ultimaterevolution.tk) per dare un segnale estremamente forte, ma ancor più importante cominciare un cammino di rivoluzione individuale che non sia finalizzato a un interesse opportunistico, se non quello di desiderare il rispetto dei diritti di tutti, nessuno escluso.

Intraprendere una rivoluzione del proprio stile di vita, dei propri consumi, del proprio modo di pensare il benessere e di perseguirlo in ogni ambito, ci permetterà di realizzare concretamente un modello di società più civile, a vantaggio di tutti.

Programma sciopero dei consumi dal 22 al 26 luglio (fonte: http://www.ultimaterevolution.tk/)
  • CARTE DI CREDITO. Non usare per nessun motivo le carte di credito. In caso si dovesse fare un pagamento importante usare gli assegni oppure il bonifico bancario. Inoltre, se doveste ritirare dei soldi al Bancomat fatelo solo ed unicamente presso quelli delle vostre banche.
  • CARBURANTE. Per tre giorni dovete ASSOLUTAMENTE evitare di acquistare carburante (benzina, gasolio o GPL che sia). Usate autoveicoli solo in caso di estrema necessità.
  • BENI ALIMENTARI. Evitate, per quanto possibile, di fare la spesa nei supermercati per il periodo previsto. Acquistate solo prodotti LOCALI presso ALIMENTARI o FRUTTIVENDOLI. Evitate prodotti come COCA COLA (compratevi la spuma o la gassosa, ci guadagnerete anche in salute) o acqua minerale di marche conosciute (san pellegrino, levissima ecc.) ma solo fonti locali. Evitate le merendine, la pasta Barilla o altre marche conosciute. EVITATE QUALSIASI PRODOTTO SIA PUBBLICIZZATO IN QUALSIASI FORMA. Volete un caffé? Evitate Lavazza ad esempio, ma cercate un produttore locale.
  • CONSUMAZIONI NEI BAR. Evitate di prendere il caffè (poiché quasi sempre Lavazza o altre marche pubblicizzate), evitate anche il tè (spesso Lipton) o bibite che non siano di produzione locale (coca cola, aranciata san pellegrino, sprite, succhi di frutta ecc...) : spostatevi sulla gassosa, spuma e spremuta d’arancia. Nessuna restrizione per focaccine, pizza o paste, purché di produzione propria del bar. Ovviamente, sono assolutamente vietati gratta e vinci, lotto e altre cose del genere.
  • TELEFONIA. Evitate per quanto possibile l’uso dei telefoni per il periodo previsto. Sono ammesse solo telefonate di emergenza. Assolutamente bandito l’uso degli SMS.
  • ELETTRICITÀ. Per il periodo previsto, dalle 19h alle 21h, spegnete tutto : luci, elettrodomestici, computer, televisione ; qualsiasi cosa consumi energia elettrica. Se potete, staccate addirittura il contatore.
  • TABACCHI. Assolutamente vietato per il periodo previsto il consumo e l’acquisto di sigarette, sigari e qualsiasi altro prodotto rientri nella categoria.

lunedì 4 luglio 2011

DFRU: Dialogo interreligioso: la direzione da prendere è una sola, parte 27/30

In questo capitolo mi sono riferito agli insegnamenti del Buddismo di Nichiren Daishonin, con ciò non voglio sostenere che questa sia l’unica via corretta e percorribile, tanto meno che le altre religioni debbano essere abbandonante.
Credo che il fine di ogni religione dovrebbe essere proprio quello della felicità e del benessere di ogni singolo individuo e di ogni forma vivente e non vivente, di armonizzare la nostra esistenza e di permetterci di vivere una vita colma di senso e di gioia.
Per questo motivo, al termine di questo capitolo vorrei sottolineare l’importanza del dialogo e del rapporto tra le varie religioni del mondo. Un dialogo e un confronto vero, al fine di unire le forze e gli sforzi in una battaglia comune se pur con credenze e fedi differenti. Lo scopo unico è lo stesso, questo è ciò che conta. Lo sforzo per unire deve essere sempre sostenuto e portato avanti con coraggio e determinazione.
La religione è la sfera della società più vicina all’uomo, è il tentativo dell’uomo di rispondere a certe sue domande ed esigenze profonde, è il suo desiderio di abbracciare l’infinito e contemplare l’assoluto. La religione non dovrebbe limitarci, dovrebbe aprirci la mente e gli occhi, dovrebbe farci crescere spiritualmente, farci sognare, farci percepire una fiducia immensa, una gioia non comune.
Le religioni avranno un ruolo chiave per il futuro della Terra, si uniranno per la causa comune, perché riconosceremo la stessa natura intrinseca che ci accomuna tutti. La nostra natura umana, il nostro essere umani, ci porterà un giorno a guardarci l’un l’altro con occhi diversi, completamente nuovi. Non divisi, non separati, non sconosciuti, ma vicini, intimi, entità della stessa natura, della stessa fonte vitale. Manifestazioni diverse dello stesso potenziale. Ci guarderemo negli occhi e ci riconosceremo, riconosceremo il nostro io nel profondo dello sguardo altrui, vedremo il tutto unico e quella gioia così profonda che non sarà possibile trattenere. Capiremo che risvegliandoci alla nostra vera natura di Budda, di esseri illuminati, il nostro modo di vedere le cose muterà, così come il nostro ambiente esteriore cambierà, risultando illuminato di conseguenza.
Non a caso dalla Bibbia si evince un concetto del tutto simile:
«Nessuno, quand’ha acceso una lampada, la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio; anzi la mette sul candeliere, affinché coloro che entrano veggano la luce. La lampada del tuo corpo è l’occhio; se l’occhio tuo è sano, anche tutto il tuo corpo è illuminato; ma se è viziato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Guarda dunque che la luce che è in te non sia tenebre. Se dunque tutto il tuo corpo è illuminato, senz’aver parte alcuna tenebrosa, sarà tutto illuminato come quando la lampada t’illumina col suo splendore» (Vangelo secondo Luca 11;33).