tag:blogger.com,1999:blog-67543672889268342024-03-13T13:07:27.156+01:00Olmo SenzienteIl blog di Luca Madiai: scrittore, pensatore, sognatoreLuca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.comBlogger432125tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-3971450741562564052024-02-28T17:39:00.006+01:002024-02-28T17:39:37.700+01:00Pensiero #11<div style="text-align: justify;">L'unica strada percorribile, da noi "occidentali", è quella di fare un gigantesco e umile passo indietro, e riconoscere di aver finora inseguito dei falsi idoli, quali quelli di crescita, progresso, sviluppo, cercando di soddisfare solamente il piccolo io individuale, per tornare così alla nostra vera natura di esseri umani, immergendoci nel nostro grande ed eterno io, quello che tutto permea, recuperando infine il nostro indissolubile legame con la Natura, ovvero con noi stessi.</div><br />Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-14024161337731901322023-11-19T08:02:00.000+01:002023-11-19T08:02:07.465+01:00Pensiero #10<p style="text-align: justify;">Non vi rendete conto che i cosidetti femminicidi, come tanti altri abominevoli fenomeni della nostra società globale, derivano da una cultura, di matrice occidentale, che mette al centro di tutto l'ego, il piccolo io, che separa l'io dal resto, che incoraggia la competizione, la sopraffazione, l'apparire piuttosto che l'essere. Lo stesso tipo di cultura che ogni giorno, con ogni mezzo, state sostenendo e diffondendo. Tutto il resto è ipocrita retorica. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-13473372406030303742023-07-26T09:25:00.003+02:002023-07-26T09:34:07.980+02:00La banalità del buon senso - Pensiero #9<p style="text-align: justify;">Il fatto che i media e la politica (o meglio il Potere) sfruttino i cambiamenti climatici per creare terrorismo e imporre delle restrizioni di libertà, non significa che i cambiamenti climatici non siano reali. </p><p style="text-align: justify;">Ciò è già avvenuto con il Covid, la pandemia era reale, ma è stata amplificata e usata per terrorizzare le persone e indurle all'obbedienza più cieca.</p><p style="text-align: justify;">D'altronde, tale fenomeno fa leva sullo scientismo che non è altro che una delle forme più spietate di totalitarismo. </p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-15037244525637526002023-01-05T14:58:00.003+01:002023-01-05T14:58:53.443+01:00Intelligenza artificiale, una minaccia concreta<div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La prima e la seconda rivoluzione industriale, oramai passate da secoli, hanno condotto l'umanità all'utilizzo massiccio della meccanizzazione per svolgere ogni tipo di lavoro che nelle epoche precedenti era svolto invece interamente dal lavoro degli uomini o degli animali. Sono stati i combustibili fossili ad alimentare l'industrializzazione delle nostre vite e la macchina ha sostituito i muscoli e le mani dell'uomo in ogni tipo di settore produttivo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La meccanizzazione, assieme successivamente all'automazione grazie allo sviluppo di elettronica e informatica nella cosiddetta terza rivoluzione industriale, ha implicato la riduzione progressiva della forza umana fino al rischio di compromettere la salute umana per scarso impiego della nostra fisicità. Oggi noi siamo costretti, se vogliamo mantenerci in buone condizioni, a fare dell'attività fisica, dello sport, ancor prima che per svago, per tenere allenati i nostri muscoli che ormai non servono più a niente. Se non siamo accorti e lungimiranti rischiamo di atrofizzarli e di conseguenza danneggiare il nostro corpo anche in modo permanente.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Con il prossimo avvento dell'intelligenza artificiale il grosso rischio che corriamo è presto detto. Se con la meccanizzazione e l'automazione abbiamo man mano perso l'uso del nostro corpo, e siamo adesso costretti a tenerlo in allenamento per far in modo che non si atrofizzi, con l'intelligenza artificiale perderemo gradualmente l'uso del nostro cervello, e se non saremo in grado di mantenerlo in costante e serrato allenamento forse si atrofizzerà fino a diventare inerte. Dovranno essere create delle vere e proprie "palestre per la mente": proprio come oggi corriamo sul tapis roulant restando in realtà fermi nello stesso punto, un domani impiegheremo la mente esclusivamente in giochi e attività fini a se stesse, poiché per tutto il resto ci sarà un computer che farà ogni cosa al nostro posto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Più che un rischio, quello dell'intelligenza artificiale è una vera e propria minaccia alla vita umana e alla Vita tutta. Con il pretesto di facilitare la nostra esistenza, rispondendo a un numero crescente di bisogni, sempre più spesso creati ad hoc, di rendersi utile e comoda (utility e commodity), la tecnologia man mano che avanza incrementa il suo potere alienante e piega l'uomo al ruolo di semplice utente (user) sempre più passivo e inespressivo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Se non prendiamo consapevolezza che la tecnologia non è neutrale, ma nasconde intrinsecamente numerosi effetti collaterali dannosi, che tendono ad allontanare l'uomo dalla sua vera natura in un processo di disumanizzazione atroce e probabilmente irreversibile, rischiamo davvero di soccombergli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L'alba di una nuova era dovrà partire proprio da questo: ridimensionare la cieca fede nella scienza, e più in generale nella razionalità, limitare e regolamentare l'impiego e la diffusione della tecnologia, concentrandosi invece nello sviluppo di altre capacità umane, quelle interiori, quali la compassione, l'introspezione, la solidarietà.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-57300441559996403212022-12-10T14:33:00.003+01:002022-12-10T14:37:17.161+01:00L'etica non è questione di scienza, ma di coscienza Pensiero #8 <div style="text-align: justify;">Non sarò uno scienziato, ma un po’ di scienza l'ho studiata, e proprio perché l'ho studiata ne conosco i limiti. Non si può fare della scienza un idolo, diventerebbe quello che non è, Scienza con la "s" maiuscola, ovvero un dogma inviolabile. Principio cardine della scienza, invece, è la sua stessa imperfezione, incompletezza, è la scienza stessa a mettersi continuamente in discussione, a definire le sue leggi entro confini ben delimitati.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Altra cosa è la vita umana, l'esistenza umana, altrettanto imperfetta e precaria, altre le questioni: come scegliere di vivere la nostra vita, se e come utilizzare le nozioni scientifiche e trasferirle in applicazioni tecniche. Allora qui siamo nel campo dell'etica, e la scienza non c'entra proprio nulla, si tratta soprattutto di coscienza, di leggi dell'anima magari, ma non assolutamente di fatti scientifici.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dovrebbero essere in primo luogo i principi e i valori etici (autodeterminati) a comandare le nostre scelte di vita, non le leggi di scienza e di Stato (eterodirette). Ma soprattutto dovrebbe essere l'etica stessa, quella di cui oggi si evita persino di parlare, alla base del nostro Stato di diritto.</div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-4660586418156242492022-10-19T11:14:00.011+02:002022-10-26T12:48:56.032+02:00La speciazione culturale è prossima, che fare?<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg93tXKuuMw3ok1uHotVeRSZ7EH5C08KNuxiV5WBylqZfwRIEzB8TQeBDZmymgyIGKZpaUslmUV1cMeDYNWcg_X6GsL8bFHnWKE-x6ZiMkT5slA5MYiAyD5MxNJE3z92U3bna_iat7wH-HKnVc13Z8KT50e46xZHZb744BgQ4MsjrazQBDHmxo2WYw/s857/corrazzata-potemkin%20(1).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="509" data-original-width="857" height="380" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg93tXKuuMw3ok1uHotVeRSZ7EH5C08KNuxiV5WBylqZfwRIEzB8TQeBDZmymgyIGKZpaUslmUV1cMeDYNWcg_X6GsL8bFHnWKE-x6ZiMkT5slA5MYiAyD5MxNJE3z92U3bna_iat7wH-HKnVc13Z8KT50e46xZHZb744BgQ4MsjrazQBDHmxo2WYw/w640-h380/corrazzata-potemkin%20(1).jpg" width="640" /></a></div><div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">La pandemia ha accelerato tutti i processi trasformativi,
tra questi anche quello di speciazione culturale. È sempre più evidente che
esiste uno scollamento tra la popolazione, in particolare tra le persone che
hanno intrapreso un proprio percorso interiore, che le ha condotte ad acquisire
uno stato di coscienza più elevato, e quelle che invece non hanno lavorato
minimamente su se stesse e sono cadute facili prede della narrazione dominante,
ignare di aderire al monopensiero, il loro stato di coscienza è ridotto, se non
addirittura inerte.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Questo distanziamento, non sociale, ma culturale non fa che
aumentare e presto assisteremo a una vera rottura dovuta a una totale
incomprensione tra i due gruppi; nonostante entrambi parlino la stessa lingua,
vivano nello stesso luogo e nella stessa epoca, siano sottoposti agli stessi
stimoli esterni, non riusciranno più a comunicare perché i loro presupposti di
partenza, su cui basare qualsiasi minimo ragionamento, anche il più banale, sono
completamente diversi, opposti direi. Per un gruppo si tratta di presupposti
eterodiretti, quindi determinati e imposti dall'esterno, per l'altro gruppo invece
sono presupposti autodiretti, ovvero generati e scelti dall'interno. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">La domanda principale sarà quindi cosa succederà ai due
gruppi, e soprattutto cosa succederà tra i due gruppi. Il gruppo dei
consapevoli è per adesso in percentuale piccolissimo e non sta generando
particolari problemi al Sistema, che lo etichetta e lo emargina molto facilmente
isolandolo e facendolo apparire come un'anomalia di poco conto. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">C'è da considerare, però, che la pandemia ha segnato una
forte discontinuità col passato, uno spartiacque, un punto di non ritorno, e
l'aggravarsi della triplice crisi (ecologica, economica e umana) è adesso, non
solo di gran lunga accelerata, ma anche sicuramente inarrestabile. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Nel prossimo futuro, quindi nei prossimi anni, è prevedibile
che il gruppo dei consapevoli cresca in modo esponenziale, uscendo
dall'irrilevanza e dalla segregazione. Il Sistema probabilmente non riuscirà
più a contenerli nella segregazione e dovrà prendere una decisione: o
l'eliminazione diretta di tale gruppo dissidente oppure, molto più realistico e
auspicabile, scendere a un qualche tipo di compromesso, magari allentando la
presa su di loro, e garantedogli uno "spazio vitale culturale". </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Una cosa è certa, il Sistema sta dando segni di cedimento
ormai da tempo, e la pandemia ha dato un grosso scossone, provocando
lacerazioni che sarà difficile rimarginare velocemente, visto anche che le
crisi si sovrapporranno e si rafforzeranno a vicenda. Per restare in vita,
dovrà necessariamente mantenere saldi i suoi dogmi (crescita economica,
progresso tecno-scientifico, antropocentrismo) difendendoli allo stremo, anche
là dove è palese che siano fallimentari, anzi là dove si evince che siano essi
stessi le cause della crisi che attraversiamo, arrivando a difendere
l'indifendibile, a negare le evidenze, facendo emergere una serie di paradossi
e di insensatezze. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Non deve stupire, tuttavia, che molte persone, anche davanti
a tali insensatezze e paradossi non si facciano delle domande, non mettano in
discussione niente, non deve stupire perché dopo un vita intera, di più
generazioni, vissuta nella totale e cieca fede in certi dogmi, ritenuti
assolutamente incontrovertibili, è perfettamente normale che non si riesca a
"vedere" con i propri occhi la realtà, che non ci si riesca a
liberare di tali imposizioni culturali, un po’ per inerzia psicologica certamente,
ma anche, e forse soprattutto, per una profonda, e magari inconsapevole, paura
dell'ignoto.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Che cosa dovremmo fare, allora, noi che sentiamo di non
appartenere più a questa società, noi che stiamo assistendo al crollo di un
Sistema che da anni andavamo percependo come sempre più pervasivo? Io credo che
la cosa più importante in questo momento storico sia quella di concentrare
tutte le nostre forze nella costituzione di "sacche di resistenza
culturale" autonome, ma alla cui base ci sia sempre e comunque un continuo
e profondo lavoro su sé stessi, in cui ognuno, attraverso varie strade, coltivi
la contemplazione del proprio grande io, l'io che è l'Uno e che ci unisce al
Tutto. In poche parole, organizzare delle comunità di resistenza/resilienza in
cui ogni membro si impegni, oltre che a un lavoro materiale e relazionale con
la comunità, anche a un lavoro di risveglio interiore e di comunione con
Dio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></p><div style="text-align: justify;"><br /></div></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-47691475339736529012022-08-26T11:30:00.002+02:002022-08-30T15:58:30.674+02:00Quel vuoto che è il tuttoDietro questa realtà c'è un'altra realtà<br />e dientro l'altra realtà ce n'è un'altra ancora.<br />In fondo ad ogni realtà c'è il vuoto.<br />Quel vuoto che è il tutto.<p style="text-align: justify;"><br /></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-32355770692157354682022-08-24T10:44:00.006+02:002022-08-30T15:59:56.819+02:00Sono solo VitaIo non sono qui, sono ovunque.<br />Io non sono ora, sono sempre.<br />Io non sono io, sono nulla e sono tutto.<br />Sono solo Vita. <div><br /></div><div><br /></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-68788013081909474352022-08-21T12:46:00.002+02:002022-08-21T12:47:17.329+02:00Pensiero #7<p style="text-align: justify;">Non vedo come si possa negare l'esistenza dei cambiamenti climatici, come della pandemia. Io non nego nulla, dico solo che queste emergenze, figlie della deriva materialista, sono e saranno senza dubbio sfruttate dal Potere per sottomettere le menti deboli e farle lavorare ai suoi scopi. </p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-68666459405526177182022-07-04T16:36:00.002+02:002022-08-30T15:59:30.892+02:00Pensiero #6<div style="text-align: justify;">Si susseguiranno terribili calamità: se colte tali calamità potranno rappresentare l'occasione perfetta per il salto evolutivo tanto atteso, altrimenti ci condurranno inevitabilmente al disastro. A ognuno la sua scelta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-61393760690257445082022-06-29T18:14:00.005+02:002022-06-29T18:17:45.298+02:00Il blog cambia nome<p style="text-align: justify;">Il blog cambia nome da "Decrescita felice e rivoluzione umana" a "Olmo senziete", che vuol essere un mio pseudonimo, o meglio un non-nome, allo scopo di fare un piccolo passo verso la disidentificazione di me stesso con una individualità limitata e separata da tutto il resto. </p><p style="text-align: justify;">Sento che siamo in un momento di cambiamento, e sento che tutto sta cambiando, io stesso lo sto facendo. Sento che c'è una forte necessità di evoluzione verso qualcosa di nuovo, qualcosa di inedito. Sento la necessità di abbandonare certi pensieri, certe volontà, certi desideri e ruoli. </p><p style="text-align: justify;">I tempi sono maturi per un'evoluzione interiore che stravolga tutto quello che crediamo vero e su cui abbiamo basato la nostra vita e la nostra visione del mondo. Questo passaggio non è un allontanamento da ciò che è stato il passato, piuttosto un suo superamento, il cui slancio è stato possibile grazie al percorso intrapreso finora. Forse un passaggio inevitabile per l'evoluzione, per non restare inerti, o regredire addirittura.</p><p style="text-align: justify;">"Olmo senziete" è la possibilità di fondere se stessi con la vita che ci circonda, tutta, senza alcuna distinzione. Significa superare i limiti del pensiero razionale per attingere alle forze dello spirito, che non seguono leggi deterministiche. Rappresenta un salto evolutivo, oggi facilitato dall'aggravarsi degli sconvolgimenti ambientali, economici e sociali e, probabilmente, maledettamente necessario. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-47458988625485007842022-06-17T17:01:00.002+02:002022-06-17T17:01:27.702+02:00L'amore ai tempi del colore, racconto<p style="text-align: justify;"><i>Racconto estratto dalla raccolta dei "<a href="https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/racconti/475335/i-racconti-etici/" target="_blank">Racconti etici</a>", scritto nel 2018, ben due anni prima della pandemia. Assolutamente da leggere. </i></p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><div style="text-align: justify;">Ancora oggi si narra che in un tempo remoto e in un mondo lontano esisteva un paese chiamato il Regno dei Colori. Era abitato dalla popolazione dei Primari, suddivisa in tre clan distinti: il clan dei Gialli, il clan dei Rossi e quello degli Azzurri. Era un paese pacifico, dove non erano mai scoppiate guerre o rivolte, dove tutto procedeva in tranquillità e con una relativa serenità.</div><div style="text-align: justify;">Sul paese regnava da sempre il temuto Re Nero. Egli era conosciuto per essere un sovrano integerrimo e severissimo, era inflessibile nel far rispettare ai propri sudditi le Sacre Regole del Colore. Si trattava di antichissime norme di disciplina che si diceva fossero state scritte all’alba dei tempi, ancor prima che il concetto di colore fosse creato, quando tutto era oscurità e vacuità.</div><div style="text-align: justify;">Nessuno sapeva quale fosse il senso profondo di tali regole, né chi le avesse effettivamente ideate. Il loro rispetto e la loro utilità non erano mai state messe in discussione, e nessuno avrebbe mai pensato di farlo.</div><div style="text-align: justify;">Le regole erano incise nella pietra del grande portale della reggia del Re Nero. Erano soltanto tre, e nessuno aveva bisogno di leggerle, perché tutti, fin da piccoli, le conoscevano a memoria.</div><div style="text-align: justify;">Prima regola: nessuno può cambiare il proprio clan di nascita.</div><div style="text-align: justify;">Seconda regola: non sono ammessi matrimoni misti tra i clan.</div><div style="text-align: justify;">Terza regola: non è ammesso colorare nessun oggetto con più di un colore.</div><div style="text-align: justify;">Gli abitanti del paese dei colori erano perciò divisi in tre caste, o clan, da cui nessuno poteva uscire o entrare, gli azzurri di nascita restavano azzurri a vita, così come i gialli e i rossi. Tutti i matrimoni erano combinati e gli sposi dovevano necessariamente appartenere allo stesso clan, i rossi sposavano altri rossi, gli azzurri altri azzurri e i gialli altri gialli.</div><div style="text-align: justify;">Era considerato pericolosissimo l’incrocio di due colori diversi, a tal punto che era persino vietato loro di toccarsi, un giallo non poteva toccare un azzurro o un rosso, e viceversa. Figuriamoci sposarsi o avere figli.</div><div style="text-align: justify;">Si diceva che mischiare due colori poteva creare delle mostruosità: c’è chi sosteneva che unire il rosso al giallo provocava un’esplosione capace di distruggere l’intero paese, mentre unendo l’azzurro al giallo il risultato sarebbe stato l’incolore, ovvero un colore senza colore, l’invisibile e l’inconsistente, un abominio per gli abitanti del Regno, poi ancora il rosso con l’azzurro avrebbe addirittura creato un colore talmente brutto e viscido da dover essere tenuto segreto, lontano dagli occhi di tutti.</div><div style="text-align: justify;">Nessuno aveva mai infranto le regole, ma la tentazione era così forte che gli abitanti del Regno dei Colori dovevano essere continuamente tenuti sotto controllo attraverso un sistema ordinato e efficiente di guardie addestrate: le famose Guardie Grigie. Era un corpo militare altamente specializzato nel prevenire qualsiasi comportamento che potesse condurre a trasgredire le Sacre Regole.</div><div style="text-align: justify;">Le Guardie Grigie erano perciò appostate per le strade, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nei negozi, avevano persino il permesso di entrare e uscire dalle abitazioni quando e come volevano. Il loro compito era ritenuto da tutti necessario e intoccabile. Per questo erano sempre temute e rispettate. Capitava spesso che una guardia si imbattesse in due abitanti di clan diversi che si scambiavano due parole per strada e cominciasse a guardarli con fare sospetto.</div><div style="text-align: justify;">“Cosa state facendo voi due?” domandava solitamente la guardia.</div><div style="text-align: justify;">“Niente signora guardia, stiamo semplicemente prendendo accordi su questioni di lavoro”</div><div style="text-align: justify;">“Ebbene, siete troppo vicini l’uno a l’altro. Non vorrete mischiarvi? Due metri di distanza perlomeno e poche chiacchiere”</div><div style="text-align: justify;">Così i due poveretti erano costretti a parlare in tutta fretta e poi ad allontanarsi l’uno dall’altro.</div><div style="text-align: justify;">“Circolare su, circolare” ripetevano le guardie nei momenti in cui si rischiavano calche e sovraffollamenti per le strade.</div><div style="text-align: justify;">Le Guardie Grigie erano tutti fratelli, tutti figli del Re Nero e della Regina Bianca, sebbene molti tra gli abitanti del Regno non credessero alla sua esistenza dato che nessuno aveva mai visto la regina di persona. Si narrava che fosse una figura mitologica, oppure che fosse costretta a restare nascosta per via del suo abbagliante colore. In ogni caso, nessuno tra il popoli dei Primari conosceva il suo aspetto.</div><div style="text-align: justify;">Nei meandri del maestoso palazzo reale, la Regina Bianca viveva protetta e in assoluto isolamento, solo al Re Nero e ad alcune delle più fidate Guardie Grigie era concesso vederla. La sua candida bellezza era tale da travolgere e illuminare ogni cosa che si trovava davanti a lei. La purezza e la bontà del suo spirito erano tali da risvegliare nobili sentimenti in chiunque incontrava. Il suo volto era chiara luce, i suoi occhi erano profondi, come infiniti, il suo sorriso era tenerezza. Il Re Nero era così geloso di quella meraviglia che non voleva assolutamente che nessuno la vedesse, ma più di ogni altra cosa temeva che la Regina potesse essere amata e rispettata dal popolo più di lui stesso. Aveva una tremenda paura di perdere la sua autorità e il suo potere. La Regina avrebbe certamente conquistato e affascinato i suoi sudditi, semplicemente mostrandosi a loro.</div><div style="text-align: justify;">Così per lunghi anni le cose andarono avanti senza alcun mutamento. Gli abitanti del regno, costretti a rispettare le Sacre Regole, lavoravano assiduamente ogni giorno senza sosta. Avevano un’unica mansione, quella di dipingere il mondo con i loro colori: il clan dei gialli dipingeva le cose di giallo, il clan dei rossi di rosso e quello degli azzurri di azzurro. Non potevano assolutamente mescolare i colori e ogni oggetto aveva il proprio specifico colore, deciso dal Re in persona e che nessuno poteva modificare. Così la chioma degli alberi era gialla, mentre il fusto rosso, i prati erano gialli e i fiori azzurri, le case erano tutte rosse, le strade gialle, le porte e le finestre azzurre. Con la pioggia e il tempo il colore si consumava, cosicché gli abitanti del regno erano continuamente all'opera per mantenere colorato il loro mondo. A rotazione ogni oggetto era periodicamente ricolorato, sempre dello stesso colore.</div><div style="text-align: justify;">La vita dei Primari scorreva perciò monotona e priva di alcuna emozione. Il loro lavoro era ripetitivo e i loro matrimoni combinati. Nessuno lavorava con passione e creatività, nessuno si sposava con gioia e amore. E le cose sembravano non dover cambiare. Fino a che, un giorno, qualcosa di inaspettato accadde.</div><div style="text-align: justify;">Improvvisamente la Regina Bianca cominciò a manifestare sintomi di un malessere sconosciuto. Si fece debole e il suo normale splendore iniziò a impallidire. Strane macchie di colore indecifrabile apparirono sul suo candido corpo. Il Re Nero, disperato, accorse in suo aiuto, inginocchiandosi a lato del suo letto, colmo di lacrime.</div><div style="text-align: justify;">“Che cosa ti sta succedendo, mia Regina?” chiese con voce colma di dolore.</div><div style="text-align: justify;">“Caro amato mio, come puoi ben vedere sono molto ammalata” rispose la regina con una voce serena e dolce, nient’affatto quella che ci si aspetterebbe da una persona malata e sofferente.</div><div style="text-align: justify;">“Comprendo e farò tutto quello che posso per trovare una cura. Dovessi spedire un messaggero ai capi del nostro mondo, dovessi interrogare le stelle o rivolgermi al creatore stesso”</div><div style="text-align: justify;">“Caro amato mio, non servirà niente di tutto ciò. Benché tu veda il mio corpo debole e deformato, non è esso la causa del mio male” rispose la regina con un tenero sorriso.</div><div style="text-align: justify;">“Dunque qual è la natura della tua malattia?” domandò con la voce rotta dalla disperazione.</div><div style="text-align: justify;">“Caro, il mio male non ha origine nel mio corpo bensì nel mio spirito”</div><div style="text-align: justify;">“Curerò il tuo spirito allora, troveremo un modo per farlo” disse il Re Nero, stringendo la sua testa tra le mani e continuando a versare lacrime.</div><div style="text-align: justify;">“Caro amato mio, questa mia malattia, sebbene si manifesti nel mio spirito, non ha origine in esso”</div><div style="text-align: justify;">“Come è possibile? Dove dunque ha origine tale male?” si alzò con uno scatto il re, infiammandosi di rabbia “Chiunque e dovunque sia il responsabile di questo vostro male la pagherà, la pagherà con la vita!”</div><div style="text-align: justify;">“Placate il vostro animo, amato mio” riprese con dolce voce la regina, raggiungendo con la sua mano quella del re “Se davvero cercate un responsabile allora dovreste puntare il dito contro voi stesso”</div><div style="text-align: justify;">“Me???” esclamò perplesso e scioccato il re “Ma io ho sempre agito per il vostro bene, ho sempre fatto il mio dovere di sovrano con estremo rigore. Ho rispettato e fatto rispettare le Sacre Regole al nostro popolo. Quale sarebbe la mia mancanza?”</div><div style="text-align: justify;">“Vedete, caro mio, questa mia malattia spirituale nasce dall’ignoranza e dall’illusione, poiché tutto il nostro popolo soffre di questi mali, allora anch’io ne soffro. Se invece tutto il popolo guarisse, allora anche la mia malattia sarebbe curata”</div><div style="text-align: justify;">“Perché vi ammalate a causa del nostro popolo?” chiese il re incredulo.</div><div style="text-align: justify;">“Perché io sono la loro regina e amo tutti gli abitanti del regno, come se fossero i miei stessi figli”</div><div style="text-align: justify;">“Dunque che responsabilità mi attribuite?” lente e meste lacrime rigavano il volto del re.</div><div style="text-align: justify;">“Vedete, da lungo tempo il nostro popolo di Primari è costretto a osservare rigide regole che non permettono loro di vivere pienamente le loro vite. Nessuno di loro è libero di esprimersi con creatività e passione nel proprio lavoro, né può gioire delle intense emozioni dell’amore. Essi non conoscono perciò il senso delle loro vite, e seguono invece delle rigide regole senza senso, che li incatenano nell’ignoranza e nell’illusione”</div><div style="text-align: justify;">“Ma le Regole Sacre non le ho scritte io?” ribatté il re riflettendo “Io ho solo fatto il mio dovere, ho fatto rispettare delle regole per il bene di tutti. Sai cosa succederebbe se venissero trasgredite”</div><div style="text-align: justify;">“Voi siete il Re, caro mio, ed è vostro diritto regnare su tutto il popolo, ma non potete farlo da solo. Questo forse lo avete dimenticato”</div><div style="text-align: justify;">Il re abbassò lentamente la testa, chiudendo gli occhi in una smorfia di dolore.</div><div style="text-align: justify;">“Non potete regnare senza la vostra regina. Voi avete il dono della forza e della determinazione, ma mancate della compassione e della sensibilità. Quelle regole non sono sacre e non sono necessarie, furono create solamente per governare il popolo e sottometterlo. Voi non comprendete ciò, avete bisogno del mio sostegno, avete bisogno di regnare al mio fianco, altrimenti la vostra visione sarà soltanto parziale e condurrà alla lenta distruzione del nostro mondo”</div><div style="text-align: justify;">“Mia cara amata, comprendo adesso i miei errori. Sono stato troppo avido e pavido per permettervi di regnare al mio fianco il nostro popolo. Temevo di perdervi, temevo di perdere me stesso”</div><div style="text-align: justify;">“Noi siamo fatti per stare insieme, entrambi fondamentali in egual modo. Solo nel nostro equilibrio il Regno dei Colori potrà vivere in felicità e armonia”</div><div style="text-align: justify;">“Vi chiedo perdono, mia cara” dicendo così il re si inchinò a fianco del letto e posò la testa nel grembo della regina, che con le mani lo carezzò gentilmente.</div><div style="text-align: justify;">Quella sera stessa il Re Nero fece radunare il popolo dei Primari davanti al palazzo reale e si affacciò al suo balcone con a fianco la Regina Bianca. La folla fu travolta dal candido splendore della regina, tutti gli abitanti erano adesso in contemplazione della sua bellezza, sbalorditi e attoniti. Il re prese la parola e annunciò i seguenti cambiamenti: d’ora in avanti il regno sarebbe stato governato congiuntamente dal re e dalla regina, e soprattutto sarebbero state bandite per sempre le Sacre Regole, perciò tra i tre clan non ci sarebbe stata più separazione, ogni oggetto avrebbe potuto essere colorato di ogni colore, anche mescolandoli tra loro, e i matrimoni non sarebbero più stati combinati ma liberi, anzi, i matrimoni tra clan diversi sarebbero stati incoraggiati.</div><div style="text-align: justify;">I primi tempi gli abitanti del regno continuarono ad essere diffidenti e restii al cambiamento. Molti temevano che le voci sul pericolo del contatto tra clan diversi fossero veritiere. In alcuni giorni, però, ogni dubbio fu dissolto, quando i più temerari cominciarono a dichiarare il loro amore, che serbavano in segreto da lungo tempo, per abitanti di altri clan, così che si diffusero coppie e matrimoni tra i clan. Fu per tutti una liberazione e una gioia senza limiti. I Gialli che si sposavano con gli Azzurri ebbero figli Verdi, sanissimi e bellissimi, così come gli Azzurri che sposavano i Rossi ebbero figli Viola, mentre i Rossi che sposavano i Gialli ebbero figli Arancio. Allo stesso modo gli oggetti del Regno furono tutti ridipinti inventando decorazioni originali e creative. Apparvero colori impensabili e inimmaginabili, mescolandoli tra loro e facendo diversi esperimenti. Oggetti multicolore, oggetti a strisce colorate, a puntini colorati, oggetti sfumati.</div><div style="text-align: justify;">L’amore e la creatività furono liberi di esprimersi e la gioia e l’armonia invasero l’intero Regno. La malattia sconosciuta della Regina Bianca svanì nel nulla, come dal nulla era giunta. E i colori continuarono a moltiplicarsi, mescolandosi e differenziandosi sempre di più, fino a che non esisterono più clan, ma tutti unici e meravigliosi colori.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><i>Racconto estratto dalla raccolta “<a href="https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/racconti/475335/i-racconti-etici/" target="_blank">Racconti Etici - la trilogia di Luca Madiai</a>”</i></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-31211961288805451462022-06-13T16:20:00.009+02:002022-06-13T16:23:44.962+02:00Su questo anno scolastico - Pensiero #5<p style="text-align: left;"><span style="text-align: justify;">È stato senza dubbio l'anno scolastico più difficile che
abbia affrontato. Il periodo più buio dei miei anni di insegnamento.</span><span style="text-align: justify;">È duro
lavorare e vivere sotto un ricatto costante, ancor più duro è sopravvivere in
una società che sprofonda in una vera e propria distopia.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Quest'anno abbiamo visto di tutto. A parte i soliti
provvedimenti: alle mascherine obbligatorie dentro e fuori, lontani o vicini; al
distanziamento illusorio tra i banchi, mediamente tutti più vicini tra loro; al
gesso e alle carte geografiche inutilizzabili perché pericolose, a favore
naturalmente della digitalizzazione forzata e totale delle nostre vite; alle
interminabili ore di interazione con schermi luminosi (e qui della sicurezza
non interessa proprio a nessuno) anziché con persone in carne ed ossa; alla
didattica a distanza che quest'anno è diventata regolarità per interi mesi e
che, oltre ad essere inefficace, ha rappresentato un carico di lavoro ulteriore
per i docenti, mai preso assolutamente in considerazione; abbiamo inoltre visto
qualcosa di inedito e di gravissimo, ovvero docenti sospesi dall'incarico,
privati di un sostentamento economico e multati, nonché bambini tenuti fuori
dalla scuola perché privi di lasciapassare verde.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Tutto questo produce alienazione e crea sofferenza, soprattutto
nei più piccoli e nei più fragili in generale, ma purtroppo a nessuno interessa
minimamente. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">E il sollievo per aver superato l'anno, per essere
sopravvissuti anche se non indenni, sarà solo momentaneo. L'impressione, per
non dire certezza, è che ci aspetteranno mesi, o anni, ancora più difficili.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">È tempo di resistere.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-91000119895971325452022-06-07T17:23:00.002+02:002022-06-07T17:23:30.193+02:00Pensiero #4<p style="text-align: justify;">Tempi duri per chi è abituato a usare la sua testa, a porsi delle domande, a cercare il senso delle cose. Volete un consiglio? Smettete di farlo. Non perché sia sbagliato, ma perché oggi è diventato inutile, se non controproducente. Se vi ostinate finirete per perderla la testa. Non c'è più niente di logico e razionale, né tantomeno ragionevole, in questa società.</p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-69165237998329759682022-05-12T18:14:00.003+02:002022-05-12T18:17:28.269+02:00Pensiero #3<p style="text-align: justify;">Lo scientismo, che stiamo sperimentando in questi tempi, rientra tra le forme di totalitarismo più spietate, forse la più subdola e perciò più temibile tra tutte, perché con sdegnosa altezzosità eleva il determinismo di stampo materialista ad unica e inconfutabile fede con cui giungere ad un'altrettanto unica e inconfutabile verità. </p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-36523102382469061942022-02-25T18:09:00.005+01:002022-02-27T08:30:23.221+01:00L'oblio della ragione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgZCC8qrUZiMoGoonCf0nqm70ZcY7XceP80FkTNV1PDeDH_1KCQp9qU0bqYhGdNq-Q7BbUDu20JHtjDUrTlcAqUh1KJz1zGY7aEy__JJWho0t3ehigzyQ3su30kWmMqdSokVSkeYGBivDlsqKj0nWDKl3Wu23Jcu3xeJc8Fp7oXQRDChNRxmY72j-w=s879" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="602" data-original-width="879" height="438" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgZCC8qrUZiMoGoonCf0nqm70ZcY7XceP80FkTNV1PDeDH_1KCQp9qU0bqYhGdNq-Q7BbUDu20JHtjDUrTlcAqUh1KJz1zGY7aEy__JJWho0t3ehigzyQ3su30kWmMqdSokVSkeYGBivDlsqKj0nWDKl3Wu23Jcu3xeJc8Fp7oXQRDChNRxmY72j-w=w640-h438" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Viviamo in una società che si ritiene fondata sul metodo scientifico, che proclama la Scienza come “unico faro”, che si presuppone faccia fede in criteri di razionalità, logicità e giudizio. In realtà non è mai esistita società più irrazionale, fuori da ogni barlume di coerenza, come quella odierna.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La pandemia ha accelerato un processo già in atto da decenni e ha portato il materialismo-scientista a dominare incontrastato l’immaginario collettivo. Chi tenta, anche pacatamente, di levare qualche debole critica, o quantomeno di proporre una riflessione, viene tacciato immediatamente e sistematicamente di complottismo, di terrapiattismo, viene giudicato malamente, deriso, finanche offeso, come in una vera caccia alle streghe.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’attuale sistema, per come è concepito, non permette alcun pensiero critico, di fatto sono decenni che la capacità critica delle persone è ostacolata, mantenuta in religioso sopore. Sì, perché se non si è esperti del settore non si può esprimere alcun parere, si deve meramente obbedire, perché l’esperto tecno-scientifico sa esattamente cosa è meglio per noi, che si tratti di medicina, di politica, di economia, o di altro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’accelerazione del processo di alienazione provocato dalla pandemia sta facendo emergere sempre più chiaramente tutta una serie di paradossi, ovvero di veri e propri cortocircuiti mentali in cui il buon senso e la ragionevolezza non possono far altro che soccombere di fronte al delirio imperante.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tuttavia, nonostante questi paradossi siano sempre più numerosi, e sempre più manifesti, la maggior parte delle persone non riesce a coglierli, per lo più non per mancanza di perspicacia, né di sensibilità, piuttosto da una parte per un intossicamento da sovraesposizione alla narrazione dominante e dall'altra per la fobia e l'angoscia provocati dal mettere in dubbio qualcosa che si crede assolutamente indiscutibile e a cui si è prestata una fede cieca per una vita intera.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In verità, siamo già ben oltre i paradossi, siamo penetrati nel puro delirio, dove non c'è alcuna logica né coerenza, figuriamoci buon senso. Siamo giunti alle porte di una distopia concreta. Proprio per inseguire i dettami di un materialismo-scientista, che pretende di controllare e circoscrivere ogni aspetto della vita, siamo finiti per perdere qualsiasi aderenza alla razionalità e quindi alla realtà. E più il sistema cerca di recuperare questo scollamento e più, naturalmente, questo si amplia e la crisi si acuisce.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Credo, onestamente, che fare degli esempi di questi paradossi sia del tutto inutile, se non controproducente. Sono ormai decenni che essi sono piuttosto palesi, proprio perché non c’è più nessuna ragione dietro a tutto quello a cui assistiamo ogni giorno. Esaurita ogni forma di razionalità, e persino di buon senso, tutto ciò che resta non è altro che una cieca e inviolabile fede nella dottrina del progresso di matrice scientista-materialista che emerge in tutto il suo fanatismo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Una società che costringe decine di migliaia di bambini a restare prigionieri nelle loro abitazioni per settimane e settimane pur non avendo alcun sintomo; una società, detta democratica, il cui governo ricatta e discrimina quotidianamente milioni di cittadini per una loro scelta personale; una società che promuove in tutti i modi il distacco fisico ed emotivo tra le persone, mentre incoraggia l’uso delle tecnologie digitali che le alienano sempre più da se stesse e dalle altre; una società che ritiene più probabile e normale dimenticare il proprio bambino chiuso in auto piuttosto che il proprio cellulare; una società che tratta esseri viventi come materia da plasmare e sfrutta gli ecosistemi disinteressandosi totalmente della loro conservazione; una società che rinnega qualsiasi forma di etica e basa ogni sua minima scelta su criteri di prestazioni economiche-finanziarie: un tale tipo di società, giusto per fare soltanto alcuni esempi, è una società che non ha niente a che vedere con la razionalità, la logica e la ragione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tutti questi segnali evidenti sono sintomatici di una civiltà che sta arrivando lentamente alla sua fine. Sfortunatamente, non ci è dato sapere quanto tempo e quante sofferenze ancora dovremo sopportare e superare prima di compiere un salto evolutivo che permetta il sorgere di una nuova civiltà.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quello che sappiamo è che quando il deliro diventa normalità, come stiamo sperimentando ogni giorno con maggior cognizione, il buon senso non è più qualcosa di scontato, di ordinario, di ragionevole appunto, diventa piuttosto un atto rivoluzionario, sovversivo, nonché criminale agli occhi del sistema, mentre l’incapacità di concepire alternative al pensiero unico resta il vero e unico grande male del nostro tempo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Siamo consapevoli che il buonsenso da solo non sarà sufficiente. Occorrerà una gran dose di coraggio per abbandonare i dogmi del pensiero unico e tentare strade diverse. Occorrerà saggezza, lungimiranza e pazienza per ricostruire una società fondata sull’etica, sul valore inestimabile della vita, sull’interconnessione e l’interdipendenza di tutti i fenomeni.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oggi è tempo di resistere all'oblio della ragione, nell’attesa di poter costruire un domani illuminato dalla luce di una nuova coscienza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-2360008078205079092022-02-15T18:04:00.003+01:002022-02-15T18:04:42.002+01:00Pensiero #2La più grande malattia del nostro tempo è quella di non riuscire a concepire nessuna alternativa al pensiero unico dominante. Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-91321182497561502212022-02-10T18:28:00.006+01:002022-02-10T18:30:37.552+01:00Pensiero #1<p>Solo quando la scuola e la società si emanciperanno dal fascino ammaliante del digitale, potremo ricominciare a parlare di apprendimento, didattica ed educazione.</p><p><br /></p><p><br /></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-6681801291608897982021-09-06T12:00:00.009+02:002021-09-09T12:49:15.220+02:00Verso una società asettica<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-oHVzwm2rF7M/YSpLaAyskTI/AAAAAAAAS5I/e7EBScEVAjEFx4dyhMt2JcXZ8YIMxcPGgCLcBGAsYHQ/s1440/1627465916594.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1440" height="424" src="https://1.bp.blogspot.com/-oHVzwm2rF7M/YSpLaAyskTI/AAAAAAAAS5I/e7EBScEVAjEFx4dyhMt2JcXZ8YIMxcPGgCLcBGAsYHQ/w640-h424/1627465916594.jpg" width="640" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La società post-covid sarà una società asettica, in tutti i sensi. Assomiglierà molto a una distopia surreale, dove le relazioni con gli altri, con la Natura e con se stessi, saranno guardate con diffidenza, evitate, finanche proibite.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L'attuale pandemia ha notevolmente accelerato un processo di degradazione umana (così come sociale, economica e ambientale) oramai già in atto da decenni. Per paura di un virus (che ha una mortalità del 3%, e molto inferiore se si considera le età) già da oltre un anno abbiamo rinunciato a vivere. Ci siamo rintanati "come sorci" sotto assedio di qualche sparuto micio. Abbiamo rinunciato a vivere per sopravvivere, evitando tutto ciò che viene considerato futile se non inutile, come un abbraccio ad un amico o una cena conviviale. E abbiamo continuato a svolgere attività lavorative, le sole ad essere considerate utili e importanti, quando invece molti dei nostri lavori sono improduttivi se non dannosi. Come se l'uomo fosse una specie di macchia che necessita solo di essere alimentata per funzionare. Abbiamo rinunciato a vivere per paura della morte, dalla quale vogliamo continuamente rifuggire, che vorremmo abbattere, annientare, come se fosse un nemico da sconfiggere. La vediamo come un limite, qualcosa di negativo. Il fatto che noi non riusciamo più a dare un senso profondo alla morte, ci impedisce allo stesso tempo di dare un senso profondo alla nostra vita. Per questo ne abbiamo tremendamente paura, perché non la comprendiamo, perché non le diamo un senso d'armonia con tutto il resto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La cosa più tragica di questa periodo di pandemia è che abbiamo, e stiamo tuttora, insegnando ai nostri figli a mantenere una distanza fisica, ed inevitabilmente emotiva, dagli altri, gli stiamo insegnando a diffidare degli altri perché potrebbero essere portatori di un male, a coprirsi il volto come se l'espressione di un sorriso non fosse qualcosa di vitale, a pulirsi le mani in continuazione alimentando le fobie e rendendoci sempre più sterili, biologicamente e al contempo umanamente. Al contrario gli stiamo incoraggiando, come ultima goccia che fa traboccare un vaso già colmo, ad abbandonarsi totalmente alle suadenti luminosità delle tecnologie digitali: oramai i migliori amici dei nostri figli sono smartphone, tablet e pc, quelli almeno sono sicuri, asettici appunto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non che ci fosse bisogno del covid, per carità, la strada della disgregazione sociale e della degradazione umana, ecologica (si pensi solo alle tonnellate di mascherine che finiranno negli oceani, negli inceneritori e nel migliore dei casi nelle discariche) ed economica-sociale (aprire una parentesi non mi basta e comunque credo sia ben chiaro a tutti) era già stata imboccata da decenni, o forse da secoli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sì, perché se ci fate caso la nostra umanità era già in una fase di disgregazione. Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente che più la tecnologia avanza e più l'umanità degrada perché tutte le relazioni vengono compromesse. Lo stesso discorso vale anche per gli altri ambiti: per l'ecologia, in quanto la natura si degrada sempre più al progredire della tecnica, e per l'ambito economico e sociale dato che crescono i posti di lavori perduti e cresce il divario tra ricchi e poveri.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La tecnologia disumanizza, ovvero allontana l'uomo dalla sua natura e dalla Natura, con conseguenze sociali, economiche e ambientali spaventose, proporzionali al suo avanzamento e alla sua diffusione. E non è questione di usarla bene o male, per fini nobili o deleteri, piuttosto nella sua stessa essenza è intrinseca una minaccia tanto latente quanto temibile, che se non è colta e limitata adeguatamente può condannare l'uomo e la vita sulla terra a una danno irreparabile.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Senza la necessità di demonizzare la tecnologia, che certo può e deve essere utilizzata, forse dovremmo capire che il suo avanzare non è da ritenersi sempre e comunque un miglioramento, dovremmo pensare a dove, come e quando sia davvero indispensabile, oppure possa essere preferibile impiegarla a un livello inferiore di complessità anche là dove fosse disponibile una tecnologia superiore a un prezzo vantaggioso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tenendo sempre bene a mente che più è avanzata la tecnologia più è forte il suo potere di alienazione, dovremmo quindi passare dall'impiego di una tecnologia sempre più avanzata in ogni caso e situazione all'impiego di una tecnologia adeguata (già da me proposta in "Ritorno all'Origine", 2012) in base al contesto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Se pensiamo ad esempio alle più banali innovazioni tecnologiche che rendono comoda la nostra vita quotidiana (mi viene in mente: il selfservice automatico per fare la spesa o la benzina, il telepass autostradale, allo home banking e a tutti i servizi online) ci resta senz'altro difficile renderci conto che anche dietro a queste per noi semplici applicazioni, dietro alla loro innegabile convenienza e velocità, c'è nascosta la stessa identica minaccia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non abbiamo più un contatto umano, un sorriso o un saluto, ma ci confrontiamo con delle macchine, al massimo con degli schermi con voce metallica, e allo stesso tempo perdiamo dei posti di lavoro e creiamo maggior impatto sull'ambiente (se non altro per il consumo di energia).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Incrementando il livello di avanzamento tecnologico la minaccia diventa sempre più difficile da gestire e celare. Se pensiamo alla robotica e all'intelligenza artificiale che sono prossimi ad entrare nella nostra quotidianità capiamo che presto raggiungeremo una potenza d'alienazione della tecnologia così imponente che non sarà più l'uomo a fare uso della tecnologia, ma viceversa ne diventerà completamente assoggettato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In sintesi, tutto quello che stiamo vivendo e che il covid sta accelerando, è frutto di un minaccioso virus, un virus non biologico ma piuttosto ideologico, ovvero il virus del progresso. L'idea del progresso si è diffusa da alcuni decenni in tutto il globo e ha contagiato tutti (la globalizzazione potrebbe anche essere vista come una sorta di pandemia in effetti) non risparmiando nessuno e sterminando letteralmente le antiche culture preesistenti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questo virus è nato dalla visione materialistica e dualistica della vita sorta e sviluppata negli ultimi cinque secoli (un niente in confronto al tempo trascorso dalla comparsa dell'uomo sulla Terra), una visione che ha decretato quale unico mezzo di conoscenza la scienza deterministica e riduzionista facendone un nuovo e più potente dogma (che sostituiva quello della Chiesa già in declino).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La fede cieca e assoluta nella scienza e nella tecnologia hanno quindi permesso al virus del progresso di diventare pandemico e "colonizzare l'immaginario" di tutti. I pochi, pochissimi, che ne sono guariti e ne sono, per così dire, diventati immuni sono oggi gli unici a essere considerati malati.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mettere in discussione un dogma non è infatti possibile per definizione. Il dogma del progresso dovrà essere superato proponendo una nuova visione della vita e del mondo, che sia una visione non antropocentrica, non dualistica, non deterministica e non riduzionista, in altre parole una visione olistica che contempli l'unitarietà, l'interconnessione e l'interdipendenza di tutte le cose.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-39881745719057833882021-01-02T17:06:00.007+01:002021-01-03T15:13:52.329+01:00Eravamo già in emergenza<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-us0PCTooHFA/X_CZ36uVMMI/AAAAAAAAQKk/dVCVNcF9LM8POU44RpgvKFyr5dSOhUf7ACPcBGAsYHg/s4000/IMG_20200804_130136.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1844" data-original-width="4000" height="296" src="https://1.bp.blogspot.com/-us0PCTooHFA/X_CZ36uVMMI/AAAAAAAAQKk/dVCVNcF9LM8POU44RpgvKFyr5dSOhUf7ACPcBGAsYHg/w640-h296/IMG_20200804_130136.jpg" width="640" /></a></div><br /><br /><div style="text-align: justify;">Eravamo già in emergenza, oramai da anni. La triplice crisi, economica, ecologica e umana, si stava già sviluppando da tempo, e l'attuale pandemia non ha fatto altro e non farà altro, nel futuro prossimo, che aggravare le cose, sotto tutti i punti di vista. Non serve specificare il disastro economico che il Covid ha generato. Non serve ricordare la quantità colossale di mascherine chirurgiche usa e getta che invaderanno i nostri ecosistemi. Si intuisce benissimo, senza bisogno di dati statistici, che la distanza fisica imposta alle persone dalle stringenti normative sanitarie sta già conducendo a un aumento pazzesco di disturbi psichici, tra l'altro già in forte crescita, soprattutto tra gli strati di popolazione più fragili. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il virus ci sta fornendo diversi insegnamenti, ma noi li stiamo totalmente ignorando, capaci di rispondere al problema soltanto con la nostra aggressività, dall'alto della nostra arroganza, di una supremazia su ogni altra forma di vita e su tutto il nostro ambiente. Siamo così ossessionati dalla morte e dal dolore che impiegheremmo qualsiasi mezzo per estirparli dalla faccia della terra. Ci affidiamo ciecamente alla scienza, nuovo idolo indiscusso e indiscutibile, appartenente alla religione del progresso. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quello che, grazie alla pandemia attuale, dovremmo iniziare a capire è molto semplice. L'uomo non è al centro dell'Universo, non è la migliore creatura che esista, e forse nemmeno la più evoluta. Il nostro ambiente non è qualcosa da piegare alle nostre necessità e da plasmare a nostro piacimento, ma è parte integrante del nostro organismo da cui trae origine e rinnovamento. La scienza non sarà mai in grado di spiegare e dare un senso completo alla nostra esistenza, non importa quanto progredirà, perché la scienza non ha gli strumenti adatti per accedere alle profondità insondabili della vita, per farlo dovremmo usare altri mezzi, di diverso tipo, riscoprendo magari la nostra spiritualità, che abbiamo rinnegato e dimenticato. La nostra gioia più piena non deriva dall'accumulo di beni materiali o di potere, non deriva dal dominio su tutto ciò che ci circonda, ma trova le sue radici nel nostro intimo e nelle relazioni armoniche che costruiamo con ciò che abbiamo attorno. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questa emergenza, però, insieme a tutte le normative che hanno limitato le nostre libertà sono diventate un importante precedente. Risulta evidente a questo punto che in uno stato di emergenza un governo può emanare ordinanze così restrittive da imporre, almeno temporaneamente, a tutte le persone di cambiare il proprio stile di vita, obbligandole a rispettare una serie di comportamenti inumani con la giustificazione di proteggere le loro vite. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi chiedo, allora, perché non si è dichiarato, già da decenni, uno stato di emergenza riferito alla triplice crisi, obbligando i cittadini a rispettare delle precise norme ben ponderate, imponendo dei comportamenti umani e rispettosi dell'ambiente. La giustificazione in questo caso non sarebbe stata quella di salvarsi da un virus dal quale si può facilmente guarire e che, ci si augura, prima o poi svanirà, ma sarebbe stata quella di salvare il futuro dei nostri figli, di proteggere il bene più prezioso che abbiamo: la vita. E non intendo la nostra vita di esseri umani, intendo tutte le vite, la vita del pianeta Terra, di Gaia. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ancora più paradossale è il fatto che questa triplice crisi, ovvero l'incapacità dei nostri ecosistemi, e aggiungerei io anche della psiche umana, di reggere una crescita e uno sviluppo forsennati, è, già da tempo, sostenuta dalla comunità scientifica con studi approfonditi e tutte le evidenze necessarie. Dalla stessa scienza, quindi, che oggi viene sempre più posta come dogma inamovibile. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi spiegate quindi perché la scienza e il progresso tecnico vengono usati come pretesti per imporci stili di vita e decisioni politiche, altrimenti opinabili, per "combattere" un virus (e le parole usate non sono casuali) ma non vengono considerati affatto quando ci stanno mettendo in allerta sul nostro sistema economico-sociale prossimo a un collasso generale?</div><br /><p class="MsoNormal"><br /></p>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-65770571145256579642020-09-07T12:30:00.005+02:002021-03-22T18:24:39.713+01:00Trattati Eretici, un commento di Gloria Germani<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Bdd0Sjp-Gz8/X1NyAjCJIAI/AAAAAAAAPZo/NsZLvxBiYdw5RlW2YdLURcXGd7xjk7r-wCPcBGAsYHg/s4000/IMG_20200905_130537.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2248" data-original-width="4000" height="351" src="https://1.bp.blogspot.com/-Bdd0Sjp-Gz8/X1NyAjCJIAI/AAAAAAAAPZo/NsZLvxBiYdw5RlW2YdLURcXGd7xjk7r-wCPcBGAsYHg/w625-h351/IMG_20200905_130537.jpg" width="625" /></a></div><div style="text-align: right;"><br /></div><div style="text-align: right;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="Compra il libro" target="_blank"><span style="font-size: large;"><b>Compra il libro</b></span></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un breve testo, composto come un dialogo socratico, che si legge con grande facilità ed immenso piacere. I dialoghi tra l’ospite e un giovane amico che è venuto a trovarlo (sull’esempio degli scritti di Nichiren) si alternano alle lettere scritte dal primo al secondo, mentre l’incredulità o l’opposizione iniziali si dipanano per far posto ad una rischiarante comprensione e condivisione. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Contro il puerile ottimismo dei nostri tempi, in gran parte alimentato dall’industria e dal marketing, l’ospite ci mette di fronte alla triplice crisi che stiamo attraversando: ecologica, economica e umana e già dal primo incontro ne individua la radice: la fede sconsiderata nel progresso e nella crescita. Come aveva intuito con grande ironia, Tolstoj –citato nella quarta di copertina- , "Il progresso è una legge svelata solo ai popoli europei, ma così importante da dover assoggettare ad essa tutta l’umanità". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’intelligenza e la sensibilità di Luca Madiai individuano ancor meglio l’origine della crisi attuale in una visione del mondo: precisamente nel pensiero riduzionista che è alla base della scienza fin dai suoi albori. L’errore di fondo di questa visione consiste nel ritenere che ciò che non si può vedere, misurare, numerare, non esista affatto. La critica serrata del padrone di casa paragona la società industriale ad un treno che viaggia su rigidi binari a velocità sempre maggiore verso un baratro che si avvicina sempre di più. La tecnologia non è neutrale ed è lei che ci conduce e ci asservisce. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma il fascino del libro consiste nel fatto che questa visione negativa e critica si trasforma ben presto in un messaggio chiaro e solare, di ciò che adesso è considerato eretico e magari denigrato, ma tra qualche decennio diventerà evidente a tutti. Seguendo la visione del buddismo di Nichiren Daishonin - che presenta comunque moltissime affinità di fondo con il buddismo madhyamaka, l’induismo vedantico e altre tradizioni culturali – Madiai individua la causa dell’attuale sbandamento in una distorta visione del mondo. Si tratta di una concezione di un mondo esterno e separato da noi stessi, parallelamente ad una concezione dell’io autonomo e distinto che in nome di tale autonomia vuol dominare su tutto il resto. I differenti approcci orientali conducono infatti alle medesime conclusioni. Non esiste affatto una realtà oggettiva esterna, ma ogni essere vivente genera il proprio ambiente attraverso la continua influenza tra mondo interiore e mondo esteriore. Nel superamento di ogni dualità si trova quell’Uno che sottostà ad ogni fenomeno e che è stato chiamato con tanti nomi: Dharma per i buddisti, Dio per i cristiani, Brahman per gli induisti, Logos per i greci, Grande Spirito per i nativi americani, Tao per i cinesi. Entrare in comunione con esso è il grande scopo di ogni vita che le varie vie mistiche hanno indicato. Come ci stanno dicendo anche la fisica quantistica e altre discipline contemporanee, la materia, che siamo abituati a considerare inerte ed estesa, è costituita dalla stessa essenza vitale cosmica che sostiene ogni altro essere. La manipolazione della supposta materia attraverso l’industria e la tecnologia è dunque un abominio. Il collasso climatico imminente non farebbe altro che dimostrarlo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il libro a questo punto si espande illustrando la nona conoscenza e le tre verità secondo il buddismo di Nichiren, ma questi punti di arrivo saranno tratti comuni alla conoscenza futura. Si tratta di rimuovere le illusioni, prima tra tutte l’illusione della nostra individualità, del nostro essere indipendenti, del nostro voler proprio, mentre la verità prima è quella della non sostanzialità, cioè che niente ha sostanza propria e niente è permanente. Madiai mette a confronto queste posizioni con quelle della mistica cristiana, secondo la pluridecennale analisi di Marco Vannini. L’occasione è la medesima: quella di risvegliarci abbandonando ogni pretesa di controllo basata sul nostro piccolo io, mentre al contrario il culto della scienza e della tecnologia nel nome del progresso, sono mezzi ideali per alimentare la volontà di potenza del piccolo io. Teorie assurde? Nient’affatto. Si pensi che oggi tutta la fisica più avanzata attesta che il tempo non esiste affatto, che il tempo direzionale è un'illusione della mente, e senza il tempo anche l’idea di progresso svanisce miseramente. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il libro si chiude con un capitolo bellissimo e illuminante sugli scopi della vita (purushartha) e gli stadi della vita secondo la tradizione induista. Le fasi che l’uomo attraversa, dalla fanciullezza alla vecchiaia, sono come segnali che la natura ci offre per comunicarci che è tempo di lasciare questa vita e sono richiami alla nostra caducità ma, nello stesso tempo, anche all’eternità della nostra più profonda essenza. La vecchiaia è il momento ideale per prepararsi al ricongiungersi con il flusso vitale cosmico. Intendere la morte come un limite estremo da abbattere è l’ostacolo maggiore all’espandersi cosmico della coscienza e all’infinita gioia che l’accompagna sia a livello individuale che collettivo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Con l’augurio che questo messaggio chiaro e positivo possa raggiungere quante più persone possibile, in questa epoca post Covid di grandissimo pericolo e deragliamento. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">6 luglio 2020</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/religione/544733/trattati-eretici/" target="_blank"><b>Compra il libro</b></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-84393382802951986602020-04-29T12:30:00.000+02:002020-04-29T12:30:07.186+02:00Siamo proprio sicuri di voler tornare alla "normalità"?<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZLXidwpRgU0/Xqg_rqrOyGI/AAAAAAAAMtg/gArUQfS2sfcNDjP3OBr0kX3oUEje3uZhgCLcBGAsYHQ/s1600/IMG_20200401_181347.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="769" data-original-width="1600" height="306" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZLXidwpRgU0/Xqg_rqrOyGI/AAAAAAAAMtg/gArUQfS2sfcNDjP3OBr0kX3oUEje3uZhgCLcBGAsYHQ/s640/IMG_20200401_181347.jpg" width="640" /></a></div>
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Siamo proprio sicuri di voler tornare alla "normalità"? A <i>quella </i>normalità. A una normalità fatta di una spasmodica nevrosi, la nevrosi della crescita ad ogni costo, quella normalità che, nella sua innocente inattaccabilità, ci sta uccidendo tutti, consapevoli o meno, concordi o meno, direttamente o meno. </div>
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Vogliamo davvero tornare a correre a tutta velocità e a lottare gli uni contro gli altri all'inseguimento forsennato di una chimera, la chimera dello sviluppo, del profitto, della crescita? </div>
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La adoriamo davvero così tanto quella normalità fatta di traffico e smog, corse e rincorse contro il tempo, stress e ansie da prestazione, invidie, asti e conflitti, lotte e, infine, amare delusioni o effimere gioie? </div>
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È davvero la nostra natura quella competitiva, quella aggressiva, quella egoistica e insensibile espressa dalla società globalizzata e ultra-moderna? </div>
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È oramai nel nostro indelebile destino rincorrere l'illusione dello sviluppo fino a diventarne sue inermi vittime? </div>
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È proprio ciò che desideriamo una vita il cui scopo sia l'accumulo di beni materiali, il raggiungimento di gioie superficiali, l'affermazione e la glorificazione del proprio piccolo ego? </div>
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Ci ho pensato a lungo in questi ultimi dieci anni, ne ho scritti tanti di articoli su questo blog da quando è nato, e la mia risposta è stata ed è sempre la stessa. </div>
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Oggi però non voglio lasciare alcuna risposta, solo domande. </div>
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Mi chiedo e vi chiedo perciò: oggi, all'indomani della crisi sociale più grande del mondo globalizzato, che tipo di risposta vogliamo dare a queste domande? La stessa che ci siamo sempre dati finora, o forse qualcosa è cambiato? </div>
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La decrescita da me tanto auspicata è giunta: ma non come scelta personale e consapevole, quindi felice, frutto di un ripensamento e di una evoluzione interiore, piuttosto come imposizione subita dall'alto, quindi infelice, frutto di circostanze esterne che prima o poi sapevamo si sarebbero verificate: ci servirà di lezione? </div>
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Capiremo qualcosa da questi ultimi folli due mesi? È un'occasione preziosa, forse irripetibile, per salvare noi stessi da una catastrofe ancora più grande. Saremo capaci di coglierla?</div>
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Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-56339104331276692942019-12-11T12:30:00.000+01:002019-12-11T12:30:06.054+01:00Il fascismo di oggi è quello della "società dei consumi"<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-R_cuh43w6qo/Xe--i2VHp6I/AAAAAAAAMPM/mQ38HhMA_OY7zi36KjRHAm3Fj5MrqUKlACLcBGAsYHQ/s1600/476px-PierPaoloPasolini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="306" data-original-width="476" height="410" src="https://1.bp.blogspot.com/-R_cuh43w6qo/Xe--i2VHp6I/AAAAAAAAMPM/mQ38HhMA_OY7zi36KjRHAm3Fj5MrqUKlACLcBGAsYHQ/s640/476px-PierPaoloPasolini.jpg" width="640" /></a></div>
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<a href="http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2014/09/pier-paolo-pasolini.jpg,%20Pubblico%20dominio,%20https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44806979" target="_blank">fonte foto</a></div>
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Ancora oggi, a quasi cento anni dal celebre ventennio, si fa spesso uso del termine “fascismo” ogni qual volta ci siano degli episodi macabri e deliranti, e lo si associa con il razzismo più bieco e ignorante. Nel fare questa operazione di condanna di tali atti, assolutamente condivisibile, spesso si tenta però di far rientrare sotto il cappello di “fascismo” ogni idea, ogni atteggiamento che vagamente cerca di opporsi a un modello di pensiero, ormai unico e inattaccabile. </div>
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Che esistano dei fanatici, fascisti o di altro genere, e che essi possano rappresentare un rischio per la società è una questione di fondamentale importanza che dovrebbe essere dibattuta e gestita con pervicacia e lungimiranza. Ma il fascismo di cui ci allarmiamo tanto e di cui ci scandalizziamo non è, forse, la “forma di fascismo” ad oggi più preoccupante. </div>
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Se si parla infatti di regime, di dittatura e di privazione delle libertà, la prima cosa che viene alla mente pensando ai nostri tempi non è il fascismo archeologico, né i suoi possibili rigurgiti, non un potere ben delineato, specifico, centralizzato, materializzato, piuttosto una forma di oppressione subdola, mistificante, celata nei meandri della società, nel modo di pensare comune, nella banalità del vivere moderno, nella mancanza di alternative culturali, un’oppressione controllata da un potere anonimo e indistinto. </div>
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Questo è ciò che aveva capito con chiarezza, oltre quarantacinque anni fa, Pier Paolo Pasolini, le cui parole oggi suonano di un’attualità sconvolgente. Egli individua nella società dei consumi, già agli inizi degli anni settanta, il nuovo Potere dominante che uniforma la società, la rende schiava di nuovi dettami, non scritti, ma ugualmente, se non più, oppressivi di quelli del vecchio regime. Sì, perché il nuovo Potere è riuscito a fare in pochi anni quello che al fascismo archeologico non era riuscito in venti: entrare nella coscienza più intima delle persone, “colonizzando il loro immaginario”, per dirla alla Latouche. In questo, il nuovo dominio è ben oltre il regime tradizionale, per così dire esterno e determinato, circoscritto, è un regime occulto, indefinito, ma più profondo e incisivo, «peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante».</div>
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Nell’esporre questi concetti Pasolini non usa mezzi termini: «Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno troppo bonariamente chiamato “la società dei consumi”. Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. Ed invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell’urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa spensierata società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un vero e proprio fascismo».</div>
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Quello che Pasolini lancia, pochi mesi prima di essere assassinato, è un allarme concitato a una società che sta perdendo, o che forse ha già perso, la sua libertà, passando da una vita preindustriale, contadina, fatta di rinunce, sacrifici, dolore, ma anche essenziale, genuina, equilibrata, a una vita omologata, banale e mercificata. Una transizione, avvenuta in brevissimo tempo, che Pasolini, nel pieno della sua attività creativa, ha potuto acutamente osservare, vivendo in prima persona quello che lui ha chiamato il passaggio da “prima della scomparsa delle lucciole” a “dopo la scomparsa delle lucciole”.</div>
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«È questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango. […] Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita».</div>
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In questa analisi, Pasolini vede molto lontano, lontano anni, decenni: vede una società che verrà sempre più fagocitata dal materialismo, dall’accumulo di beni inutili, che distruggeranno la convivialità delle relazioni parentali e di amicizia, disgregheranno le comunità, innalzando l’idolo dell’individualismo, il mito dell’uomo di successo, autorealizzato contro tutto e tutti, dell’edonismo più sfrenato; una società che si regge sempre più sulla vanità, sull’arroganza, sull’invidia, sulla competizione, fino ad arrivare ai nuovi mali moderni: il malessere psichico dilagante dell’uomo consumatore; un uomo non più umano, in quanto la società non è più fatta per la sua felicità, ma è uomo-strumento della società stessa, mentre la sua vita si svuota di ogni senso. </div>
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Tutto questo è originato da una cultura dominante, una visione della vita che ha conquistato, oramai senza neanche più bisogno della forza, tutto il pianeta e su cui nessuno sembra capace di opporre la minima resistenza, e nemmeno la più pacata obiezione. Negli ultimi decenni questa uniformazione culturale è in evidente crescita: in ogni ambito, infatti, le differenze tra una parte del mondo e l’altra vanno riducendosi. Se osserviamo il modo di concepire la propria vita, i principi su cui basare le scelte più importanti, si può concludere con certezza che l’omologazione a livello planetario è interamente compiuta. Il criterio economico che si fonda sull’utile è diventato l’unico valore determinante di ogni aspetto delle nostre esistenze. </div>
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Questo Pasolini lo aveva capito con largo anticipo.</div>
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«Il modello culturale offerto agli italiani, e a tutti gli uomini del globo del resto, è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell’esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. È qui che si vivono i valori, non ancora espressi, della nuova cultura della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto. Dal punto di vista del linguaggio verbale, si ha la riduzione di tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento dell’espressività».</div>
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Il nuovo Potere è altamente uniformante, livella tutta la società su una monocultura, un monopensiero, uccidendo quindi la cultura e il pensiero, rendendo sterile ogni tentativo di indipendenza intellettuale, così come ogni forma espressiva. </div>
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Negli ultimi anni della sua vita, Pasolini concentra la sua riflessione sulle vere ragione dell’antagonismo tra il cosiddetto fascismo e il cosiddetto antifascismo per scoprire, con rammarico, che entrambi non sono che due aspetti complementari, interscambiabili, solo apparentemente in contrasto, ma di fatto sostenitori e funzionali al sistema del nuovo Potere. Perché non lo affrontano, non lo mettono in discussione, e probabilmente neanche riescono a percepirne l’esistenza. L’esistenza di una nuova e subdola forma di totalitarismo. </div>
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«La matrice degli italiani che genera tutti gli italiani è ormai la stessa. Non c’è più dunque differenza apprezzabile, al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando, tra un qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionante, fisicamente, interscambiabili».</div>
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Confrontando il fascismo archeologico con il “nuovo fascismo” arriva addirittura a considerare quest’ultimo ben peggio del primo, in quanto il nuovo Potere ha una capacità pervasiva di gran lunga maggiore, capace di influenzare le menti continuando a farle sentire illusoriamente libere. </div>
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«Il vecchio fascismo, sia pure attraverso la degenerazione retorica, distingueva: mentre il nuovo fascismo, che è tutt’altra cosa, non distingue più, non è umanisticamente retorico, è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo». </div>
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E ancora: «Il fascismo in realtà li aveva resi dei pagliacci, dei servi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio nel fondo dell’anima, nel loro modo di essere. Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell’intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all’epoca mussoliniana, di una irregimentazione superficiale, scenografica, ma di una irregimentazione reale che ha rubato e cambiato loro l’anima. Il che significa, in definitiva, che questa “civiltà dei consumi” è una civiltà dittatoriale. Insomma se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la “società dei consumi” ha bene realizzato il fascismo».</div>
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Il nuovo Potere è potente del suo essere invisibile, inconsistente, apparentemente inesistente, intangibile, indecifrabile, sebbene i suoi effetti devastanti sulla società e sull’ambiente naturale siano dannatamente evidenti. Tale potere ha una conformazione assolutamente altra rispetto ai poteri dei secoli precedenti: non ha niente a che vedere con il potere religioso, né con il potere politico, né probabilmente con quello prettamente economico e industriale, non è nazionale, supera i confini degli stati e persino dei patti internazionali, è forse oltre ciò di cui siamo a conoscenza. </div>
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«Scrivo “Potere” con la P maiuscola solo perché sinceramente non so in cosa consista questo nuovo potere e chi lo rappresenti. So semplicemente che c’è. Non lo riconosco più nel Vaticano, né nei potenti democristiani, né nelle Forze Armate. Non lo riconosco più neanche nella grande industria, perché essa non è più costituita da un certo numero limitato di grandi industriali: a me, almeno, essa appare piuttosto come un tutto (industrializzazione totale), e, per di più, come tutto non italiano (transazionale)».</div>
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Questa «forma “totale” di fascismo» ha però una caratteristica che lo distingue e ne permette l’individuazione: essa ha una febbrile «smania, per così dire cosmica, di attuare fino in fondo lo “Sviluppo”: produrre e consumare», una frenesia schizofrenica e inarrestabile di perpetuare il progresso tecnologico e l’accumulo di beni materiali a oltranza e ad ogni costo. </div>
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Nessuna opposizione è contemplata. L’antifascismo di oggi, come quello di allora, al tempo di Pasolini, invece di contrastare criticando la società dei consumi, si scaglia unicamente su di un fascismo primitivo, che non ha più un potere realmente totalitario. </div>
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«Si tratta di un antifascismo facile che ha per oggetto ed obiettivo un fascismo arcaico che non esiste più e che non esisterà mai più». </div>
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«Buona parte dell’antifascismo di oggi, o almeno di quello che viene chiamato antifascismo, o è ingenuo e stupido o è presuntuoso e in malafede: perché dà battaglia o finge di dar battaglia ad un fenomeno morto e sepolto, archeologico appunto, che non può più far paura a nessuno. È, insomma, un antifascismo di tutto comodo e di tutto riposo».</div>
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“L’antifascismo di maniera” non fa che alimentare l’odio e favorire la divisione della società. In quanto “anti”, “contro” qualcosa, per sua stessa natura è funzionale a quel qualcosa, altrimenti non esisterebbe. </div>
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«Questo odio si dirige, in certi casi in buonafede e in altri in perfetta malafede, sul bersaglio sbagliato, sui fascisti archeologici invece che sul potere reale».</div>
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La dittatura non ha più le forme del secolo scorso, non ne ha più bisogno, si è mascherata da sviluppo, libertà, comodità, benessere, agiatezza, opportunità. E i suoi strumenti non sono più propagande scenografiche e repressioni violente, la sua propaganda è perenne e pervadente, non si distingue più nella nostra vita dai suoi normali accadimenti, è la nostra vita stessa un grande manifesto di propaganda del nuovo regime, ognuno di noi un perfetto adepto inconsapevole. E la violenza si è mascherata da solidarietà, l’arroganza da sicurezza, l’intolleranza da tolleranza.</div>
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«La vera intolleranza è quella della società dei consumi, della permissività concessa dall’alto, voluta dall’alto, che è la vera, la peggiore, la più subdola, la più fredda e spietata forma di intolleranza. Perché è intolleranza mascherata da tolleranza. Perché non è vera. Perché è revocabile ogni qualvolta il potere senta il bisogno. Perché è il vero fascismo da cui viene poi l’antifascismo di maniera: inutile, ipocrita, sostanzialmente gradito al regime».</div>
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Il risorgere di movimenti che riecheggiano al fascismo, nonostante il secolo trascorso, è di fatto l’evidente conseguenza di una situazione sociale che sta degenerando proprio a causa di una stretta del nuovo regime sulle masse popolari costrette a subire da vicino, non solo le pene delle diseguaglianze economiche, ma anche tutti gli altri effetti indesiderati della modernità: disastri ecologici, malesseri psichici, disagi relazionali, malattie a causa ambientale.</div>
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Se l’antifascismo è la risposta per uscire dal fascismo, con molta probabilità, è la risposta sbagliata, o se non altro incompleta. </div>
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«Ridurre l’antifascismo a una lotta contro questa gente significa fare della mistificazione. Per me la questione è molto complessa, ma anche molto chiara, il vero fascismo, l’ho detto e lo ripeto, è quello della società dei consumi».</div>
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Un po’ come l’ecologia di superficie, che non mette in discussione il modello di sviluppo e di pensiero occidentale, è totalmente inefficace a promuovere una vera ecologia, che sia invece profonda e radicale, allo stesso modo un antifascismo “di maniera”, anch’esso superficiale nel senso che non va ad intaccare le radici della crisi sociale odierna, non potrà contribuire a un cambiamento reale della società attuale e incidere sulle cause dei suoi malesseri.</div>
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Per uscire da questa situazione degenerante, quello di cui c’è bisogno non è creare divisione tra le persone, tra destra e sinistra, tra progressisti e conservatori, sia perché tali distinzioni non hanno di fatto più nessun senso poiché le due fazioni nel profondo sono l’espressione della medesima cultura, sia perché l’azione realmente efficace è piuttosto l’opposta, quella di unire le persone, non “contro” qualcosa ma “per” qualcosa, per incoraggiarle a intraprendere un altro percorso, un percorso che sia veramente nuovo, non “anti” o “contro”, ma completamente “oltre”. </div>
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Mentre Pasolini, al suo tempo, ha visto «il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione», noi ci dobbiamo augurare, al nostro tempo, di vedere una trasformazione totale e profonda delle nostre coscienze, che non ci conduca a un ritorno al passato, ma che ci riveli nuove ed entusiasmanti alternative.</div>
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Il virgolettato «…» è estratto da <i>Pier Paolo Pasolini - Il fascismo degli antifascisti - Garzanti </i><br />
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Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-71659342870874541472019-07-01T15:20:00.000+02:002019-07-01T15:21:40.814+02:00Adottare una nuova cultura per la felicità del pianeta<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-0OdDoXOeZc8/XRoH801jGBI/AAAAAAAAMGw/CciSK_7Yt-gvv2KbQjZY2XDpdpZ6YDmLACLcBGAs/s1600/DSC04110.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1066" data-original-width="1600" height="426" src="https://1.bp.blogspot.com/-0OdDoXOeZc8/XRoH801jGBI/AAAAAAAAMGw/CciSK_7Yt-gvv2KbQjZY2XDpdpZ6YDmLACLcBGAs/s640/DSC04110.JPG" width="640" /></a></div>
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<i>“Affrettatevi a cambiare i principi su cui si basa il vostro cuore”[1] <br />Nichiren Daishonin </i><br />
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Un giorno un giovane uomo fece visita a un suo amico. Erano trascorsi diversi anni dall’ultima volta che si erano incontrati. </div>
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«Ho letto il tuo ultimo articolo recentemente» esordì l’ospite dopo i normali convenevoli «e non mi trova per niente in accordo». </div>
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«La cosa non mi sorprende» rispose il padrone di casa «ma se vuoi parlarmene, proverò a spiegarmi meglio». </div>
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«Tu ti riferisci all’ottimismo come fosse un male, un male della nostra epoca. Eppure io non vedo ammalati di ottimismo. Piuttosto vedo ogni giorno schiere di pessimisti che non fanno che lamentarsi con gli altri e degli altri, peggiorando ancor più le loro misere vite. L’ottimismo è ciò che smuove le coscienze, ciò che fa progredire il mondo. L’ottimismo ha reso possibile grandi scoperte e grandi visioni: è stato l’ottimista, non il pessimista, a sconfiggere le malattie, a realizzare l’impensabile, a far volare l’uomo fino alla Luna, a renderlo ridente fautore del suo destino e non dolorosamente succube». </div>
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Il padrone di casa disse: «Dal tuo punto di vista, che poi altro non è che quello di oramai miliardi di persone nel mondo globalizzato, hai perfettamente ragione. Se non che il mio punto di vista sia sostanzialmente più ampio, e direi anche più profondo. Ti dimostrerò, se avrò il tempo di illustrarti le mie ragioni, che in realtà io sono il più fervido ottimista sulla faccia della Terra. Tuttavia, l’ottimismo a cui mi riferisco è ben diverso da quello in cui tu hai fede. Potremmo chiamare il primo ottimismo consapevole, o profondo, l’altro ottimismo incosciente, o superficiale. </div>
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Nel mio articolo criticavo quest’ultimo tipo di ottimismo, che oggi viene portato in gran considerazione, inneggiando alla vittoria, come se ci fosse qualcosa da sconfiggere, alla battaglia, come se ci fosse qualcosa da combattere, al cambiamento, al dinamismo e alla crescita, come se cambiare, muoversi e crescere fossero in ogni caso segni positivi, e al progresso, come se non esistessero limiti a ciò che si può raggiungere. </div>
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Questo ottimismo cieco, che non ha nessun fondamento profondo, se non i mondi bassi di avidità, stupidità e collera, non permetterà la risoluzione della triplice crisi[2] in cui sta sprofondando il nostro pianeta sempre più rapidamente. Non soltanto, l’effetto di questo ottimismo progressista accelererà ancor di più gli effetti e le cause delle crisi, riducendo di fatto il tempo che ci resta per agire, prima che sia troppo tardi[3]. Da qui la mia aspra critica all’ottimismo cieco, che non ha alcuna base scientifica, pur rifacendosi alla scienza come dea salvifica di ogni male, né alcuna solida base filosofica. Deriva perciò che a un ottimismo inconsapevole sia preferibile un pessimismo lucido, che tenga in considerazione le terribili circostanze che stiamo vivendo. Per essere pessimisti lucidi dobbiamo prima di tutto essere ben informati e avere gli strumenti culturali per rielaborare la grande massa di informazioni che riceviamo. Dobbiamo inoltre mantenere equilibrio e non cedere alla lamentela logorante o alla critica distruttiva. Dobbiamo riconoscere la complessa e fitta rette di cause ed effetti e non cadere nel panico. Un pessimismo lucido permetterà così la presa di coscienza e la chiamata all’azione, al contrario un ottimismo incosciente si adagerà sulla fede nella scienza e nel progresso e non provocherà alcun reale cambiamento. Resta il fatto, però, che un pessimismo lucido non sarà comunque sufficiente».<br />
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«Non condivido assolutamente il tuo punto di vista» riprese l’ospite con vigore «Viviamo nell’epoca scientificamente più avanzata. Molti dei problemi che affliggevano l’uomo fin dalle ere più antiche sono soltanto un lontano ricordo. La tecnologia ci permette di fare cose che fino a qualche anno fa erano impensabili, chissà dove ci condurrà negli anni a venire. Non credo affatto che per stimolare un cambiamento sia necessario il pessimismo. La visione negativa della vita influisce negativamente sulle cause e sugli effetti, per cui le nostre azioni non saranno incisive. Soltanto attraverso una visione positiva della vita potremmo portare cambiamenti che siano positivi. </div>
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Inoltre, le crisi di cui parli fanno parte del naturale processo di evoluzione, in cui lo spontaneo progredire verso il miglioramento di se stessi conduce a dei periodi di crisi temporanei che segnano il passaggio da una situazione meno evoluta a una più evoluta. Il progresso è esistito da sempre e non potrà mai essere fermato, chi nega questa evidenza sta negando l’essenza stessa della vita, la forza motrice che sta nelle profondità della vita. Come puoi tu, alla luce di questo, sostenere che la fede nella scienza e nel progresso non provocheranno alcun reale cambiamento?». </div>
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«Bene, ti ringrazio per la domanda» rispose il padrone di casa «La questione è piuttosto complicata e richiede una serie di precisazioni, soprattutto sulla terminologia che utilizziamo. Per reale cambiamento intendo un cambiamento profondo, che sia in grado di risolvere la triplice crisi alla sua radice. È ovvio che la scienza e la tecnologia sono state e saranno utili per facilitare l’esistenza umana, ma non è questo il punto. Lo stesso vale per il progresso. Con questo termine indichiamo un processo inarrestabile, che punta inesorabilmente verso il miglioramento continuo, sostenuto proprio dall’avanzare della conoscenza scientifica e delle applicazioni tecnologiche. </div>
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Ma davvero la nostra società sta progredendo? Lo pensi davvero? Ovviamente dipende da che aspetti si considera. Dal punto di vista materiale, siamo sempre più agiati e ci godiamo i benefici delle nuove tecnologie, è questo che tu intendi per progresso? Avere sempre più oggetti, sempre più tecnologici? E poi, questo progresso è davvero inarrestabile? E perché invece non sono contemplate alcune forme di regresso? Sarebbe da pessimisti farlo, probabilmente. E ancora, i benefici di questo progresso materiale giungono in ugual misura a tutti gli abitanti del pianeta? Nessuno escluso? </div>
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Avrei ancora altre domande, ma per adesso fermiamoci qui. La fede nella scienza e nel progresso hanno veramente trovato soluzione ad alcuni problemi che affliggevano l’uomo, sollevandolo da intense fatiche e dolori, ma nello stesso momento hanno creato enormi questioni che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza della vita sul nostro pianeta. Credi davvero che la scienza e la tecnologia riusciranno a risolvere anche tali questioni? Credi che la causa del male sia pure la sua cura? </div>
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Il progresso non è altro che una chimera, una pericolosa illusione, che non tiene in considerazione i limiti fisici e umani. Ciò evidente nello stesso paradosso di Jevons[4], per cui a un avanzamento dell’efficienza di un sistema tecnico che conduce a una riduzione di risorse impiegate spesso si associa un aumento dei consumi di tale risorse anziché a una sua diminuzione, proprio perché la tecnologia diventa più invasiva e non esiste alcun senso del limite. Al contrario, la cultura progressista ci incita a superarli». </div>
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L’ospite, ribattendo prontamente all’amico, disse: «Credo che la scienza e la tecnologia siano create dall’uomo, ed è perciò nel potere dell’uomo porvi rimedio. Danni collaterali creati dalla tecnologia saranno risolti col tempo dallo stesso avanzamento tecnologico che tu critichi. Arriverà il giorno in cui i disagi creati dalla tecnologia saranno insignificanti rispetto ai suoi benefici. E credo davvero che quel giorno non sia poi così lontano». </div>
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Allora il padrone di casa disse: «Sono d’accordo che ogni questione sia risolvibile dall’uomo, ma sul come farlo ho un’altra opinione, sulla quale poi, se ci sarà la possibilità, mi soffermerò. In ogni caso, visto che la tua fede nella scienza è assoluta, voglio proprio partire da ciò che negli ultimi anni gli scienziati stanno scoprendo. </div>
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Mi riferisco ai dati rilevati riguardanti il riscaldamento globale, causato dalle emissioni di anidride carbonica, il cui effetto sta già di fatto cambiando il clima, causando eventi catastrofici sempre più frequenti: che si tratti di forti venti, precipitazioni scarse o troppo intense, caldo e freddo fuori stagione. I ghiacci perenni si stanno sciogliendo sempre di più, che siano i ghiacci dell’artico, quelli delle montagne più elevate o persino il permafrost siberiano, provocando un innalzamento degli oceani e dei mari. Il fenomeno è molto complesso e difficilmente prevedibile. In ogni caso, diminuzione dei raccolti, allagamenti, carestie, pestilenze, flussi migratori ingestibili, questo è il futuro che si prospetta. E tutto ciò è certificato da studi scientifici, studi della stessa scienza in cui viene riposta la massima fiducia. Allora perché in questo caso, i preoccupanti allarmi proclamati da vari scienziati restano inascoltati? </div>
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Lo stesso vale per gli altri dati scientifici raccolti riguardanti l’inquinamento sempre più pervadente del suolo, dell’aria, delle acque. Le microplastiche stanno inoltrandosi nel metabolismo degli esseri viventi, ce le mangiamo, ce le beviamo, ce le respiriamo, nei mari i rifiuti stanno superando in numero i pesci, i pesticidi e i diserbanti chimici stanno rendendo i nostri terreni sempre più sterili, oltre a intossicare il nostro cibo e noi stessi, l’aria delle nostre città si fa sempre più irrespirabile, l’acqua contaminata da sostanze difficilmente rintracciabili. Tutto è documentato, misurato, certificato con mezzi scientifici, perché dunque non si pone alcuna azione a contrasto di questo disastro? La stessa scienza ci sta avvertendo, perché, se è in lei che riponiamo ogni aspettativa, non le diamo ascolto adesso? </div>
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Dopotutto è anche vero che nel secolo scorso la scienza ha subito un grosso colpo, che però non ha messo in discussione la sua imperversante egemonia culturale. La fisica del Novecento ha inequivocabilmente negato l’esistenza dell’oggettività scientifica su cui tutta la cultura occidentale ha fondato la sua prosperità e il suo predominio sul globo, inneggiando a una, oggettiva appunto, superiorità su ogni altra civiltà tecnologicamente meno evoluta. Secondo il nuovo approccio scientifico quindi, l’osservazione dei fenomeni non può essere oggettiva perché oggetto e soggetto sono essi stessi parte del fenomeno, uno influenza l’altro, perché uno compenetra l’altro. Anche questo però non è stato sufficiente a creare un cambiamento di prospettiva che potesse risolvere la triplice crisi». </div>
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«A quanto ne so io, la situazione non è così drammatica come la descrivi tu» rispose l’ospite «Gli scienziati, le organizzazioni internazionali e i governi di vari paesi del mondo stanno lavorando ormai da anni per il passaggio da un’economia fossile a un’economica verde, decarbonizzata. È ovvio, come dicevo prima, che ciò richiede del tempo, ma i risultati si stanno già realizzando. La crescita delle energie rinnovabili, in particolare del solare e dell’eolico, sta procedendo senza sosta, così come la riforestazione di immense aree, e sempre più auto e mezzi di trasporto useranno energia elettrica anziché i carburanti derivati dal petrolio. Purtroppo l’economia globale ultimamente ha rallentato la sua crescita per cui tutte queste soluzioni non sono state sviluppate al massimo. Quello che serve è una nuova e vigorosa fase di crescita economica che possa creare grandi investimenti in questi settori strategici. Molti sono gli studi per creare trappole di carbonio e per sfruttare una fotosintesi artificiale, così come si stanno facendo passi avanti nell’impiego della fusione nucleare che potrà fornire ben presto ingenti quantità di energia a partire da un elemento comune come l’idrogeno e senza produrre alcuna scoria radioattiva né emissioni di gas. Sono sicuro che il futuro ci serberà delle grandi sorprese. Come vedi, ogni aspetto negativo, ogni problema, può essere in realtà allo stesso tempo una fonte di nuove possibilità di crescita e di sviluppo». </div>
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«Quello che tu dici è senz’altro vero» rispose il padrone di casa «tuttavia il tuo punto di vista è ancora troppo ristretto, circoscritto, per poter avere una visione d’insieme e quindi una soluzione globale e non superficiale. Tu ti riferisci alla crescita, la forza trainante del progresso, e ne fai una questione puramente economica. Sei abituato, come del resto tutti noi uomini moderni, a vedere ogni aspetto della vita e della società separato dagli altri, come se si potesse isolare, dividere in camere stagna e analizzare nel dettaglio senza considerare tutto il resto. Questa visione delle cose, d’altronde, è una conseguenza del pensiero riduzionista che è stato alla base della scienza fin dai suoi albori. </div>
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Non si può, a mio avviso, parlare di economia senza parlare anche di ecologia. Non a caso, le due parole hanno la stessa radice etimologica[5]. L’economia dovrebbe essere l’insieme di regole che conduce al miglior criterio per prendersi cura della propria “casa”, basandosi sullo studio approfondito delle leggi di funzionamento della casa stessa, ovvero dell’ecologia. Dove con “casa” non si intende il pianeta come agglomerato di rocce, acqua, piante, animali, piuttosto l’organismo complesso costituito sì da tutti questi diversi elementi, ma tenuti assieme in un perfetto equilibrio armonico il cui senso ultimo e il cui senso più profondo è trascendentale, insondabile, occulto per la razionalità umana. </div>
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Solo attraverso una visione olistica, dove l’ambiente e l’essere vivente sono un’unica entità, sebbene caratterizzati da aspetti particolari che li differenziano, separandoli soltanto nella esteriorità, è possibile trattare di vera ecologia: un’ecologia profonda[6] e non di superficie. Un’ecologia che parta dal presupposto imprescindibile che curarsi del pianeta significa curarsi dell’essere vivente che lo abita e curarsi dell’essere vivente significa curarsi del pianeta. Un’ecologia che non sia fondata sulla centralità dell’uomo, ma sulla dignità della vita, tutta. Senza questi presupposti parlare di economia, non ha alcun senso. </div>
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Inoltre, tu parli di crescita economica, come se questa fosse la soluzione di ogni male, come se la triplice crisi potesse risolversi con una maggiore crescita economica. In realtà, non occorrono grandi conoscenze o studi approfonditi, che tuttavia esistono, per comprendere come la crescita economica non sia affatto la soluzione, bensì la causa della triplice crisi. Non occorrono dati e calcoli complessi per comprendere che esistono limiti fisici e materiali che non sono sormontabili. Per quanto abbondanti le risorse di cui disponiamo in questo pianeta sono comunque limitate. E molte delle risorse che utilizziamo quotidianamente, e spesso sprechiamo, sono, a ragione, chiamate “non rinnovabili”, ovvero non rigenerabili in tempi utili per poter essere riutilizzate. Solo un folle, o un economista appunto, come afferma la celebre citazione di Kenneth Ewart Boulding[7], può credere in una crescita infinita in un pianeta finito. </div>
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L’ideologia della crescita è una chimera, ma è a oggi divenuta nella culturale dominante una credenza di una tale forza che, assieme a quelle di progresso e scienza, è pressoché impossibile da confutare e dissolvere. </div>
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Tutta la nostra esistenza contemporanea è pervasa dall’ideologia della crescita e del progresso. Ogni pensiero o riferimento che faccia, anche solo vagamente, da antitesi a tale credo viene subito criticato, etichettato come eversivo, represso immediatamente. E questo tipo di cultura, dopo aver sradicato ogni altra alternativa, sta dominando incontrastata su tutto il globo. </div>
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Per di più, la società odierna è completamente satura, con difficoltà riuscirà a sostenere alti ritmi di crescita: non solo l'economia è traboccante di beni e servizi che non rispondono più ormai ad alcun bisogno, ma persino gli aspetti sociali risentono del superamento dei limiti naturali, troppe attività, troppi obiettivi da realizzare, troppi desideri da soddisfare, troppo lavoro, troppo stress, troppe consuetudini sociali a cui adempiere per essere considerato parte integrante della società. Lo stesso ambiente è stato saturato dall'eccessiva crescita, gli ecosistemi non reggono più la nostra impronta ecologica, e non si tratta solo di emissioni di anidride carbonica e di riscaldamento globale, ogni aspetto della vita moderna ha un pesante impatto su tutto il pianeta. E pure su questo la documentazione scientifica non manca. Stiamo lentamente morendo per iperproduzione, iperconsumo, iperattività e ipervelocità. Quello che occorre, perciò, è una saggia decrescita, una potatura oculata, che vada a eliminare tutto ciò che non è essenziale alla felicità di tutti. Decrescere, rallentando, e ritrovando la serenità nelle più piccole cose». </div>
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«Questi sono solo sofismi offensivi» rispose l’ospite non nascondendo una certa irritazione «Tu non hai la minima idea di quello che dici. Senza la crescita economica niente sarebbe possibile, tu non avresti una casa, degli abiti puliti, del cibo di cui nutrirti. È la crescita dei profitti a rendere possibile la tua vita. Renditene conto. Senza denaro la tua vita sarebbe miserevole, e probabilmente non camperesti a lungo». </div>
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«Sul denaro potrei farti riflettere in questo modo» riprese con calma il padrone di casa «In una società basata sulla competizione del mercato, dove l’unica cosa che conta è l’utile, quale altro determinante se non il denaro potrebbe essere preso come metro di giudizio di ogni aspetto della vita, materiale o immateriale che sia. Se ci rifletti, in ogni ambito della vita il denaro è andato a insinuarsi con prepotenza, tanto da inaridire il senso genuino stesso racchiuso nei piccoli momenti delle nostre esistenze. Tu pensa alla meraviglia delle relazioni disinteressate, di cura, di solidarietà vera, tu pensa alla gratuità della natura, al suo rigoglioso equilibrio, alle bellezze che liberamente dona. C’è un errore di fondo nella cultura dominante: quello di pensare che ciò che non si può vedere, sentire, misurare in qualche modo, non esista affatto. Deriva quindi che l’affetto disinteressato tra due persone, così come la bellezza di un tramonto, non essendo misurabili in maniera rigorosa, non siano importanti per lo sviluppo dell’uomo. E nello stesso tempo, ciò che la natura dona naturalmente, i frutti spontanei degli alberi, l’acqua cristallina di un fiume che nasce dalle montagne, l’aria pulita che ci circonda tutto questo, non ha un valore perché non è mercificabile, non è esprimibile in un corrispettivo in denaro. </div>
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Nella realtà, il denaro è una convenzione economica la cui principale funzione dovrebbe essere meramente quella di favorire e semplificare lo scambio di beni e servizi tra le persone. Il suo valore, perciò, non può essere che convenzionale, di fatto il denaro non ha un suo valore intrinseco. Al contrario, la natura nel suo insieme, le relazioni e gli affetti hanno invece un valore intrinseco reale, il valore che dà senso alla vita e la sostiene. </div>
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Inoltre, il denaro oggi ha smesso di essere misuratore del valore, finendo per diventare il massimo valore esso stesso. In altre parole, ha assunto un valore intrinseco che non ha e per questo motivo è il determinante su cui si regola la società del progresso. Un criterio del tutto illusorio, che prima o poi manifesterà tutta la sua inconsistenza». </div>
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«Il solito pessimista catastrofista» disse l’ospite con tono di biasimo «Dici così perché la tua vita è un chiaro fallimento: sia nel lavoro che nelle relazioni. Parli da sconfitto, e non puoi che essere colmo di rammarico. Dopotutto, però, sei comunque abituato a vivere nel comfort da quando sei nato, consumando energia e materiali in continuazione. Come credi che ti sia garantito un tale stile di vita? Con la crescita economica, ovvio. Tutti i tuoi sofisticati e filosofici ragionamenti crollano di fronte a semplici verità di fatto. Vuoi l’automobile per spostarti? Hai bisogno della benzina. Vuoi la casa calda d’inverno? Hai bisogno del gas. Vuoi fare viaggi in luoghi esotici? Serve l’aeroplano. Lasciando da parte il denaro. In ogni caso, tu vuoi tutte queste cose. Le utilizzi tutti i giorni queste comodità, e critichi il sistema che te le fornisce a un costo sempre più basso. Devi essere un ingrato, un perdente invidioso del successo altrui». </div>
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«A me pare che siano le tue parole colme di astio, non le mie» rispose il padrone di casa «Tu dici che io voglio i comfort, che non si può vivere senza certe comodità, ma devi sapere che il mio stile di vita è ben diverso dal tuo, almeno da alcuni anni. Tu mi chiami sconfitto, e secondo i valori dell’attuale società non vi è dubbio che lo sia, a tutti gli effetti. Ma la cosa necessita, ancora una volta, di una visione più ampia, che comporta la rivisitazione totale di tali valori. </div>
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È vero il mio lavoro non è socialmente ambito, la mia paga è relativamente modesta, soprattutto confrontata alla tua, e a quella di molti altri che si considerano, a ragione, dei vincenti. La società attuale, dominata dalle leggi del mercato e del progresso, del "Bellum omnium contra omnes", "tutti contro tutti", dove si incoraggia la competizione, l’individualismo, la ricerca del piacere e della soddisfazione di tutti i nostri desideri personali, quasi sempre indotti dall’esterno e non veramente propri, si regge sull’idea che ognuno ha diritto alla propria felicità, e che per raggiungerla deve fare del proprio meglio, anche a scapito degli altri. Tale sistema, basandosi sulla felicità esclusiva, comporta che soltanto un piccola fetta della popolazione riesca ad accedere a tale felicità e a vincere sugli altri. </div>
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L’intera società moderna trova il suo cardine sul mito del successo, del “sogno americano”: per avere successo, per realizzare il proprio sogno, per realizzare la propria felicità individuale è essenziale che tanti altri ne siano esclusi. Questo è l’assioma che sostiene l’intera impalcatura socio-culturale di oggi. È la possibilità, anche se minima e insignificante, ad alimentare l’illusione di milioni di persone di poter accedere alla gioia del successo, all’olimpo dei vincenti. Ed è proprio il fatto di essere così difficile a renderlo così appetibile da parte di tutti. I sentimenti di arroganza e di invidia giocano un ruolo chiave. Senza arroganza i pochi fortunati non potrebbero vincere, e senza invidia dei molti esclusi non varrebbe la pena vincere. Così il sistema è bloccato e perdurante, perché la possibilità, per quanto esigua, di poter vincere prevaricando sugli altri incanta ogni singolo individuo, persino gli ultimi, i quali preferiscono godersi tale misera possibilità, preferendo la competizione alla condivisione, piuttosto che cercare una alternativa ritenuta impossibile. Questo modello è quello che si chiama un gioco a somma zero: ovvero affinché uno guadagni una certa quantità, qualcun altro deve perdere la stessa quantità. Un modello sociale basato sulle leggi di mercato e di progresso non può essere strutturato diversamente. </div>
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È anche vero del resto che tale modello non sta conducendo le persone alla felicità e al benessere, tutt’altro. Come dici tu, abbiamo oggi tanti comfort che fino a qualche anno prima erano impensabili, ma tutti questi agi in realtà non stanno apportando un incremento di benefici. Sono i disagi piuttosto che cominciano a prevalere». </div>
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«Non capisco a cosa ti stai riferendo» l’ospite appariva adesso maggiormente coinvolto e interessato «Potresti spiegarti meglio, per favore». </div>
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«Senz’altro» riprese il padrone di casa sorridendo «Mi riferisco ai numerosissimi studi eseguiti per quanto riguarda la relazione tra reddito e benessere. Si tratta di studi scientifici, della stessa scienza su cui il sistema dice di avere un incrollabile fede. Questi studi conducono tutti alla stessa conclusione, sebbene con percorsi e presupposti differenti. E la conclusione è che reddito e benessere non seguono una proporzionalità diretta: non è vero che più aumenta il reddito in egual misura aumenta il benessere. Il loro legame non è lineare, ma ben più complesso. C’è un limite, a quanto pare, oltre il quale incrementi ulteriori di reddito non comportano incrementi di benessere, che tende a rimanere costante, mentre per valori di reddito ancora superiori il benessere tende a diminuire anziché aumentare. Scioccante non è vero? Sembra impossibile. Sembrerebbe che le leggi del progresso e della crescita siano contraddette dalla scienza stessa. Questa relazione è nota come paradosso di Easterlin[8], ma pochi la conoscono, e nessuno ne parla perché potrebbe rappresentare una falla in grado di pregiudicare l’intero sistema economico-sociale». </div>
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«In effetti non conoscevo questi studi» disse l’ospite ancora più curioso «Mi piacerebbe saperne di più». </div>
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«Potrai trovare tantissime informazioni a riguardo, la letteratura scientifica è ricca di tali studi. Sarò lieto anche io di indicarti alcuni testi[9]». </div>
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«Prima hai parlato di aspetti visibili e invisibili, misurabili o non misurabili. Come si può pensare di poter misurare il benessere di una persona? Non è questa la stessa logica deterministica e scientista che tu stesso dici di voler combattere?» chiese l’ospite. </div>
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«Le tue osservazioni sono coerenti» rispose il padrone di casa «e le tue domande assolutamente pertinenti. Prima di tutto voglio precisare che non uso mai volutamente parole come “combattere”, e nessun altra che faccia riferimento allo scontro violento, come lottare, sconfiggere, battere, vincere. Credo che nelle parole, come nelle azioni, il principio guida sia sempre quello della nonviolenza. </div>
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In ogni caso, hai ragione nel far notare questa apparente contraddizione. La scienza presume di poter misurare e dimostrare ogni aspetto della vita, ma ciò non è che da ritenersi una profonda illusione, non priva di prepotenza. Questo non significa che la conoscenza scientifica debba fermarsi o debba essere misconosciuta, piuttosto occorre coltivare una saggezza molto più profonda della conoscenza scientifica che ci renda capaci di far un suo buon uso. Ho citato alcuni studi scientifici proprio per evidenziare la contraddizione in cui viviamo: quella di considerare la scienza come unica fonte di verità solo quando fa comodo al mantenimento dello status quo. È evidente che il sistema sta affrontando una crisi di tale entità perché è prossimo alla sua fine. </div>
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Detto questo, pretendere di misurare il benessere, e ancor di più la felicità, in modo rigoroso e univoco è pura incoscienza. D’altronde alcuni parametri, come l’aspettativa di vita, il livello di istruzione, il tempo libero, la qualità ambientale, possono essere degli aspetti da considerare per ottenere una rappresentazione minima, e comunque sia approssimativa, del livello di benessere di una società. </div>
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Occorre fare però una distinzione. È importante chiarire ciò che intendiamo con le parole benessere e felicità. Sostanzialmente esistono due modi di considerare la felicità: il primo è quello edonistico, a cui siamo tutti abituati e a cui l’attuale modello culturale si riferisce, ovvero una felicità basata sui piaceri personali, sulla soddisfazione del proprio ego, valutata spesso in raffronto al giudizio degli altri e sul livello di felicità raggiunto dagli altri: più la nostra felicità si discosta da quella altrui più aumenta. Si tratta quindi di una felicità esclusiva, provvisoria, non condivisibile, relativa perché fortemente dipendente dalle circostanze esterne. L’altro tipo di felicità, totalmente sconosciuta al modello di società attuale, è di tipo eudemonistica, molto più profonda e significativa, una felicità non meramente basata sui desideri personali, ma su valori che danno un senso alla vita, come l’affetto, la solidarietà, il rispetto, l’etica, l’onestà, una felicità che si accresce quando viene condivisa, una felicità concepita come ciò che unisce, accomuna, consolida. Si tratta perciò di una felicità inclusiva, duratura, condivisibile, assoluta perché indipendente dalle circostanze esterne. </div>
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Ovvio che il primo tipo di felicità è funzionale al sistema della crescita, permettendo competizione tra individui sempre più separati tra di loro, che tendono a prevaricare sugli altri e a sviluppare solo il proprio ego, il proprio piccolo io: ciò conduce a infelicità e a un senso di inadeguatezza e solitudine che devono essere colmati da continui acquisti materiali, a vantaggio della costante crescita dei consumi che il sistema richiede. </div>
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Di contro, il secondo tipo di felicità, favorendo la vicinanza tra gli individui, la loro empatia e lo sviluppo di un grande senso di appartenenza alla comunità, sarebbe altamente dannosa per l’economia della crescita e del progresso. Le persone sarebbero in grado di trovare felicità e senso alle loro vite semplicemente curando le proprie relazioni: con se stessi prima di tutto, con gli altri e con l’ambiente in generale. La vera felicità non può che trovarsi nella cura di relazioni armoniose, questo è ciò che affermano i più recenti studi delle cosiddette scienze sociali, sebbene fosse già chiaro da millenni alle più antiche tradizioni e filosofie. </div>
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Non è un caso perciò che nel mondo sovrasviluppato di oggi il malessere psichico sia in preoccupante crescita: conflitti relazionali, solitudine, dipendenze, depressione, violenze, suicidi, nevrosi. Tutto ciò è la semplice conseguenza di un modello culturale che propugna un tipo di felicità illusorio e nocivo. Ecco quindi che non si tratta meramente di una questione ecologica. Economia, ambiente e società sono intimamente legate e non possono essere trattate distintamente. Curare le malattie economiche, significa curare anche quelle ambientali e sociali, curare quelle ambientali comporta allo stesso modo la guarigione delle malattie economiche e sociali. La triplice crisi ha differenti e complessi aspetti da considerare, ma la sua risoluzione non può passare che da un unico e profondo cambiamento». </div>
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A questo punto l’ospite era assolutamente catturato dalle parole del padrone di casa, e senza lasciar passare un istante intervenne con impeto. </div>
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«Adesso che hai risposto alle mie osservazioni, la tua visione delle cose mi è più chiara. È evidente che stiamo vivendo un intenso periodo di crisi e che abbiamo bisogno di cambiare. Vorrei che tu mi spiegassi però in maggior dettaglio qual è questo “unico e profondo cambiamento”. Perché dovrebbe essere “unico”, e cosa intendi esattamente con “profondo”?». </div>
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«Ti ringrazio per queste tue importanti domande» disse il padrone di casa «Ho spesso utilizzato la metafora del treno[10] per spiegare il cambiamento che dobbiamo intraprendere, e la userò anche stavolta. La società intera è oggi un treno che viaggia su rigidi binari, dai quali è impossibile muoversi. È vero che possiede scomparti di prima, seconda e terza classe, dove la vita e gli agi sono assai diversificati, ma in ogni modo tutto il convoglio sta viaggiando a una velocità crescente verso un baratro che inesorabilmente si avvicina sempre più. Inutile che sia equipaggiato delle migliori tecnologie, che sia pilotato dai migliori esperti o che sia sostenuto dalle migliori intenzioni: presto il treno deraglierà, sprofondando nell’abisso. Se la società industriale è rappresentata dal treno, i singoli cittadini dei primi mondi e del terzo mondo sono i passeggeri delle diverse classi, i binari rappresentano la folle idea del progresso che da qualche secolo sta decidendo le sorti, non meramente degli umani, ma di tutta l’ecosfera. Allora, ecco che il cambiamento unico e profondo non è solo auspicabile, ma anche maledettamente necessario e impellente. Non può essere che “unico” perché unica è la crisi che lo ha generato, sebbene nel particolare si diversifichi in fenomeni con aspetti ben delineati e caratteristici, in ambiti apparentemente distinti. Unico perché non ci sono compromessi da intraprendere, come molti oggi tentano invano di fare. L’unica scelta che abbiamo è abbandonare al più presto il treno del progresso, non ne esistono altre. Tutto il resto si riconduce al compromesso, che di fatto non fa che rimandare, seppur per poco, il disastro. Quello che si chiama oggi green economy, o economia circolare, o sviluppo sostenibile che sia, e tutte le sue fantasiose varianti, non sono altro che compromessi inconsistenti. Nulla potranno davanti all’imminente baratro. Tuttavia, abbandonare un treno che sta procedendo a una folle velocità non è possibile senza riportare gravi danni. Per questo occorre anzitutto decelerare quanto basta per poi poter fare un salto, quell’unico e coraggioso salto che ci permetterà di salvarci prima che sia troppo tardi. Un salto nell’ignoto, molti diranno a ragione. In ogni caso, abbandonare i binari univoci del progresso significherà ricondursi a una dimensione di vita non più monodirezionale, ma dalle infinite possibilità, dove tutte le direzioni sono contemplabili, dove non esistono direzioni privilegiate, dove l’autocoscienza e l’autogoverno interiore permetteranno agli uomini di intraprendere la migliore strada per essi stessi, senza alcuna imposizione eterodiretta. Questo salto evolutivo dell’uomo dovrà coincidere con la sua riscoperta, a partire dal fondo della sua anima, vale a dire dal suo spirito: per tale motivo il cambiamento dovrà essere “profondo”. </div>
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Ecco che qui, molti, anzi tutti, anche tra quelli che troveranno queste parole sagge, non mancheranno di affermare l’impossibilità di questa mia visione, la etichetteranno semplicemente come utopia, puro idealismo, e con questo soggiaceranno alla legge del progresso eterno. Il cambiamento si fa difficile perché noi lo pensiamo così, perché da anni, decine di anni, da sempre per quanto ci ricordiamo, siamo stati abituati a concepire il mondo in un certo modo e solo tale modo per noi è reale, in quanto possibile. La società dei consumi ha compresso al minimo il nostro senso della possibilità, tanto da renderci totalmente incapaci di concepire altro da ciò che viviamo. Proprio come il treno, comprendiamo solo i binari, nient’altro. Per il treno solo i binari sono una realtà, in quanto possibilità di movimento, per il treno le strade, i ponti, i prati, i mari non hanno alcun senso di esistere. Così per noi solo il mito del progresso è reale, il resto non è contemplabile, anzi, piuttosto è inammissibile. </div>
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Deriva quindi che il cambiamento dipende da tutti, dai singoli, nessuno escluso, e dal loro senso della possibilità. Prima di concepire un salto nel vuoto, e prima di eseguirlo, occorre concepire la possibilità, e la possibilità la si crea soltanto attraverso una diseducazione civile, basata sulla disobbedienza culturale e sulla costruzione di nuovi modelli di pensiero. In tale costruzione persino la fisica ci verrà in aiuto, così come la religione, nella sua più alta accezione di filosofia più che di dottrina dogmatica. La fisica quantistica e la spiritualità ci riconducono a profondi concetti quali l’interdipendenza e la non dualità, l’impermanenza e la non località dei fenomeni. Queste saranno le fondamenta di un nuovo paradigma culturale per uscire dal conflitto e dall’illusione». </div>
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«A sentire queste tue parole» intervenne perplesso l’ospite «pare un’operazione assai complessa questo cambiamento che tu auspichi. Ha con sé sia degli elementi culturali, più superficiali, sia degli elementi invece spirituali più profondi. Potresti, per favore, fare chiarezza su tali principi, e dire, se esiste, qual è il principio ultimo su cui il cambiamento si regge». </div>
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«Le tue osservazioni sono molto preziose» riprese il padrone di casa «In effetti, il cambiamento è identificabile in più livelli: spirituale, culturale e tecnico. Sicuramente i primi due livelli sono quelli più importanti, a cui oggi, infatti, non viene prestata alcuna attenzione. Il livello spirituale è del tutto inesistente, mentre quello culturale è totalmente atrofizzato dal pensiero dominante. Dovresti immaginare questi tre livelli come i piani di un edificio: le fondamenta sono il livello spirituale, invisibile ai sensi fisici, quello su cui poggia l’intera struttura, che deve essere solido e profondo, il piano terreno rappresenta il livello culturale, mentre ogni piano superiore rappresenta la tecnica. I principi spirituali e culturali sono i pilastri portanti dell’edificio. Tutti sono fondamentali, ma vi è un principio che sorregge tutti quanti, si potrebbe dire che esso rappresenti la terra stessa su cui le fondamenta poggiano. La terra, il pilastro di tutti i pilastri, è la Legge. L’unica legge fondamentale della vita, che permette ogni fenomeno, che è ogni fenomeno, che è la vita stessa. “È una realtà inafferrabile che trascende sia le parole sia i concetti di esistenza e di non esistenza. Non è né esistenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le proprietà di entrambe. È la mistica entità della Via di mezzo che è l’unica vera realtà”[11]. Questa Legge ha un nome, e il nome è la Legge stessa, ovvero Nam myoho renghe kyo. È la vita l’unico fondamento, non ne possono esistere altri. La vita è Una, e Una è la verità, sebbene ogni essere senziente percepisca la propria personale realtà. E proprio sulla concezione spirituale prima, e culturale poi, della vita si edifica una società intera e si decide il suo futuro. </div>
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In particolare, la vita è un pulsare ritmico eterno e compassionevole, che muove nell’alternarsi di nascita e morte, come un’onda sinuosa, costante e durevole. La vita umana non fa eccezione, nella sua parte più pura e profonda, lo spirito umano è eterno, assoluto, unico, senza origine, senza meta, senza spazio e senza tempo. Questa è la coscienza umana più profonda. Chiamata anche coscienza Amala[12]. Da ciò, culturalmente, deriva che la morte non è la fine della vita, ma solo di una esistenza, limitata e circoscritta, non è qualcosa da cui rifuggire, non ha alcun connotato negativo di per sé. Lo stesso vale per il dolore. La società progressista rinnega la morte, desidera sconfiggerla, perché riconosce nei limiti fisici un ostacolo da abbattere, in quanto impediscono il progresso eterno. Perciò, anziché rifuggire dal dolore e dalla morte, tentando di eliminarli dalle nostre vite, dovremmo riconoscerli come parte essenziali della vita stessa, non ostacoli, né tanto meno qualcosa da estirpare con violenza. Aprire i nostri cuori a una nuova spiritualità, entrare in vivo contatto con il nostro grande io, l’io più profondo e vero, ci permetterà di riconcepire la nostra esistenza dal punto di vista sia culturale che pratico. Questo dovrebbe essere l’ordine corretto, prima si costruiscono le fondamenta, poi il primo piano e poi i piani superiori, sebbene il cambiamento avvenga di fatto simultaneamente, rendendo impercettibile la sua sequenza». </div>
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«Quello di cui mi stai parlando» disse l’ospite non riuscendo a trattenere una certa commozione «è davvero illuminante. Sono parole colme di saggezza e compassione. Non riesco a credere che solo pochi minuti fa la nostra conversazione sia cominciata con un tuo elogio del pessimismo. Ben poco pessimismo riesco a individuare nel tuo pensiero». </div>
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«Se ricordi ti avevo avvertito che ti avrei condotto a tutt’altro tipo di ottimismo, non quello incosciente e superficiale, basato sul progressismo materialista, ma a un ottimismo consapevole e profondo, basato sulla Legge eterna della vita. Questo tipo di ottimismo, non esclude la preoccupazione reale e concreta per le sorti dell’umanità e della vita tutta, questo tipo di ottimismo è l’unico in grado di espandere il nostro senso della possibilità e permettere a ognuno di noi di fare quel salto evolutivo di cui abbiamo urgente bisogno. Dobbiamo avere fiducia nel nostro potenziale interiore, infinito ed eterno, per poter cambiare i principi su cui si basa il nostro cuore. Solo allora, dopo che tale cambiamento sarà attuato, nello stesso momento, come se non fosse passato il tempo, vedremo i cambiamenti riflettersi nella società, nell’ambiente, nella politica. Voler invertire tale cambiamento sarebbe come aspettarsi dei fiori dai frutti, o come attendere l’inverno dopo la primavera». </div>
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«Ti ringrazio per questa conversazione» disse l’ospite alzandosi dalla poltrona sulla quale era seduto «Adesso devo andare, ma porterò le tue parole con me. Mi auspico davvero che esse si concretizzino in un reale cambiamento della società per la felicità di tutto il pianeta. Da oggi vedrò il mondo e la vita con altri occhi, occhi rinnovati, dileguati dalla nebbia che li avvolgeva. Da oggi muterà anche il mio comportamento: ogni azione sarà il riflesso di una nuova coscienza, consapevole, responsabile, accorta. Mi rendo perfettamente conto che sarà una goccia in un oceano, un granello di sabbia in un deserto, ma per quanto irrilevante al confronto della massa il mio contributo sarà prezioso. Dopotutto anche il più vasto oceano è composto da semplici e identiche gocce d’acqua, lo stesso vale per la sabbia del deserto. La mia parte, perciò, ispirata da principi etici e da un cuore aperto, saprà valorizzare il tutto, diventandone sostanza costituente, da cui un giorno potrà sorgere altro: come da un piccolo e inerte seme, nel silenzio, sorge un germoglio. </div>
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Parlerò, come tu hai parlato a me oggi, ad amici e conoscenti. Cercherò di trasmettere loro il seme del cambiamento che tu hai posato in fondo al mio animo e attenderò colmo di fiducia il dischiudersi di tanta energia. Ti ringrazio ancora». </div>
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Dopo un breve saluto e un abbraccio, i due amici si lasciarono. </div>
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Firenze, 27 maggio 2019 </div>
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[1] Nichiren Daishonin, <i>Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese</i>, 1260 </div>
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[2] Triplice crisi: la crisi ambientale, la crisi economica e sociale, e la crisi spirituale </div>
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[3] Secondo uno studio dell’IPCC abbiamo a disposizione soltanto dodici anni per arrestare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi di aumento. </div>
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[4] Si veda: William Stanley Jevons, <i>The Coal Question; An Inquiry Concerning the Progress of the Nation, and the Probable Exhaustion of Our Coal Mines</i>, 1865. </div>
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[5] Economia: dal greco οἶκος (oikos), "casa" inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος (nomos), "norma" o "legge". Ecologia: dal greco: οἶκος, oikos, "casa" o anche "ambiente"; e λόγος, logos, "discorso" o "studio". </div>
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[6] Si veda: Guido Dalla Casa, <i>L’ecologia profonda</i>, Mimesis Edizioni. </div>
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[7] “Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista”. </div>
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[8] Una nozione introdotta nel 1974 da Richard Easterlin, professore di economia all'Università della California meridionale e membro dell'Accademia Nazionale delle Scienze. </div>
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[9] Solo a titolo d’esempio ricordiamo “<i>Manifesto per la Felicità</i>” di Stefano Bartolini e “<i>L’economia del Buddha”</i> di Clair Brown. </div>
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[10] Si veda altri miei scritti come “<i>Decrescita Felice e Rivoluzione Umana</i>” e “<i>Ritorno all’Origine</i>”. </div>
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[11] Nichiren Daishonin, Il conseguimento della Buddità in questa esistenza </div>
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[12] Per approfondire sulle nove coscienze si veda: Daisaku Ikeda, <i>I misteri di nascita e morte</i>, cap.VI e Richard Causton,<i> La meravigliosa legge del Loto</i>, pag. 176. </div>
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<i>Foto di Sance</i></div>
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Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6754367288926834.post-66446994427133453802019-03-18T12:30:00.000+01:002019-03-18T12:30:05.648+01:00Georgescu-Roegen per la decrescita<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-SSl-XM7RquU/XIkkfBv9-iI/AAAAAAAALpQ/8EKX7JhAh_MaUAkvTZUl-TIZ7NBu-yXVwCLcBGAs/s1600/Nicholas-Georgescu-Roegen.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="490" data-original-width="800" height="392" src="https://1.bp.blogspot.com/-SSl-XM7RquU/XIkkfBv9-iI/AAAAAAAALpQ/8EKX7JhAh_MaUAkvTZUl-TIZ7NBu-yXVwCLcBGAs/s640/Nicholas-Georgescu-Roegen.jpg" width="640" /></a></div>
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Tra i precursori della decrescita di Serge Latouche non poteva mancare Georgescu-Roegen, il padre della bioeconomia, un matematico rumeno che ha finito per occuparsi di economia e delle sue implicazioni sociali e ambientali. Sebbene i suoi ultimi scritti siano risalenti alla fine degli anni ottanta, le sue riflessioni sono, purtroppo direi, ancora all’avanguardia. </div>
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Sono numerosi gli spunti forniti dai lavori di Georgescu-Roegen, molti dei quali oggi si ritrovano tra i capisaldi del movimento per la decrescita. Nel suo programma bioeconomico minimale ha condensato gran parte di questi punti: uno tra tutti è quello che si riferisce al valore della sobrietà, unito alla consapevolezza dei limiti delle risorse e degli effetti negativi, sia a livello individuale che collettivo, del superamento di detti limiti. </div>
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<i>«Dobbiamo curarci dalla passione morbosa per i congegni stravaganti», «dobbiamo liberarci anche della moda, quella “malattia della mente umana”. […] È veramente una malattia della mente gettar via una giacca o un mobile quando possono ancora servire al loro scopo specifico. Acquistare una macchina nuova ogni anno e arredare la casa ogni due è un crimine bioeconomico». </i></div>
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Altri punti sono la durabilità e la riparabilità degli oggetti prodotti, quindi l’abolizione di quella che ormai oggi è tristemente conosciuta come obsolescenza programmata. </div>
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<i>«I beni devono essere resi più durevoli tramite una progettazione che consenta poi di ripararli». </i></div>
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La messa al bando degli armamenti che, oltre a essere un pericolo costante per il mantenimento della pace, rappresenta un ingente spreco di risorse, che invece potrebbero essere impiegate per <i>«aiutare le nazioni in via di sviluppo ad arrivare il più velocemente possibile a un tenore di vita buono (non lussuoso)». </i></div>
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La riduzione dei consumi deve essere però accompagnata dalla riduzione della popolazione mondiale, <i>«portandola a un livello in cui l’alimentazione possa essere adeguatamente fornita dalla sola agricoltura biologica»</i>, e nel contempo dall’incremento invece dell’efficienza di conversione energetica. Georgescu-Roegen individua, tra le fonti energetiche primarie, il sole come l’unica a poter realmente apportare un cambiamento migliorativo nell’approvvigionamento energetico e in tutte le questioni a esso connesse, non solamente di natura economica ed ecologica. <i>«Solo una forma di energia accessibile arriva a noi in modo continuo e quasi a costo zero: l’energia solare»</i> afferma Georgescu-Roegen evidenziando subito però il suo principale svantaggio, ovvero quello <i>«di giungere a noi in una forma altamente diluita, come una pioggia estremamente fine», cioè con una bassa densità energetica. Tuttavia resta il fatto che «l’energia terrestre è molto scarsa rispetto all’energia solare, la quale è inoltre un bene libero». </i></div>
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Nel condensato del programma non manca di evidenziare il grande paradosso dell’attuale sistema economico, quello di correre sempre più forte, producendo e consumando sempre di più, senza alcun apparente scopo se non quello di aumentare ulteriormente i nostri ritmi, non prendendo in considerazione alcun limite. </div>
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<i>«Dovremmo curarci per liberarci di quella che chiamo “la circumdrome del rasoio”, che consiste nel radersi più in fretta per aver più tempo per lavorare a una macchina che rada più in fretta per poi aver più tempo per lavorare a una macchina che rada ancora più in fretta, e così via, ad infinitum». </i></div>
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Un po’ come fa il criceto nella ruota, l’uomo moderno corre sempre più velocemente per nutrire l’illusione di essere in moto verso una meta, quando invece non solo il suo movimento è fine a se stesso, non apportando di fatto benefici ulteriori, ma lo sta avvicinando sempre più rapidamente al baratro. </div>
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Arriva perciò a uno dei punti cruciali dei sostenitori della decrescita, ovvero alla necessità di ritrovare il tempo di vita sottraendolo dal circolo vizioso e cieco del lavorare per consumare e del consumare per lavorare. </div>
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<i>«Dobbiamo renderci conto che un prerequisito importante per una buona vita è una quantità considerevole di tempo libero trascorso in modo intelligente». </i></div>
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Al di là di questi punti programmatici, la riflessione di Georgescu-Roegen parte sostanzialmente da una critica dell’economia tradizionale, fondata sul meccanicismo, di derivazione galileiana-newtoniana, che ignora del tutto l’altra branca della fisica, più complessa e forse meno rincuorante, la termodinamica, per non parlare delle più avanzate scoperte della fisica del novecento. </div>
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Perché, si chiede, se la fisica è passata dal modello deterministico riduzionista del XVIII secolo a quello indeterministico e relativistico del XX secolo, l’economia non ha fatto altrettanto andando a revisionare i suoi presupposti epistemologici? </div>
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Georgescu-Roegen prova a rispondersi così: <i>«Certamente c’è il fatto, su cui insisteva Lord Kelvin, che la mente umana capisce meglio un fenomeno se esso è descritto per mezzo di un modello meccanico. Dopotutto, la natura umana è tale che noi possiamo agire soltanto spingendo o tirando sul mondo materiale esterno. Ma questa nostra manchevolezza non è un buon motivo perché la scienza ne resti sempre vincolata». </i></div>
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L’economia non può prescindere dai limiti biologici della terra, non può considerare i flussi di materiali e di energia come continui e inesauribili, non può pretendere di prevedere l’andamento dei mercati secondo rigide leggi matematiche. Georgescu-Roegen, per primo, introduce e accosta i concetti di entropia e quindi d’irreversibilità, provenienti dal secondo principio della termodinamica, al funzionamento del sistema economico e arriva perciò a queste conclusioni: </div>
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<i>«Il processo economico, come qualunque altro processo vitale, è irreversibile (e in modo irrevocabile); di conseguenza, non può essere spiegato in termini esclusivamente meccanici. È la termodinamica, tramite la legge dell’entropia, che riconosce la distinzione qualitativa, che gli economisti avrebbero dovuto fare fin dagli inizi, fra input di risorse dotate di valore (bassa entropia) e output di scarti privi di valore (alta entropia)». </i></div>
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Georgescu-Roegen comprende di essere di fronte a un cambiamento epocale che però tarda a manifestarsi, e non manca di far notare l’ottusità con cui ancora oggi (allora ai suoi tempi e purtroppo ancora oggi ai nostri) la cultura dominante, che si tratti di intellettuali, di decisori politici o del senso comune diffuso tra la popolazione, insiste nel voler glorificare e supportare un modello che non solo non è sostenibile, ma anche profondamente iniquo e degradante. </div>
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<i>«Non è giusto accusare con troppa severità gli economisti di questi ultimi cento anni, perché in questo periodo è sembrato che la natura ci potesse fornire gratis tutte le risorse naturali di cui abbiamo bisogno. Gli eventi recenti, invece, hanno dimostrato che non è così. E questa volta non è soltanto giusto, ma è addirittura un imperativo per il benessere della specie umana – di questa generazione come di quelle future – protestare contro quegli economisti che oggi, in difesa della loro trascorsa miopia, continuano a dire che la dipendenza dell’uomo dalle risorse terrestri non costituisce un ostacolo ecologico».</i> </div>
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Quello che lo sbalordisce, e ci sbalordisce tutt’oggi, è come il modello tradizionale, adesso sfociato nel neoliberismo e in un turbocapitalismo all’ennesima potenza, porti avanti con ottimismo e sfrontatezza le sue tesi nonostante la scienza stessa, di cui il sistema si fa portatore e a cui dice di attenersi ciecamente, ci stia avvisando già da tempo che stiamo percorrendo una strada sbagliata. </div>
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<i>«La stessa teoria dello sviluppo economico è saldamente basata su modelli di crescita esponenziale. Ma quando gli autori di The Limits to Growth hanno anch’essi usato l’ipotesi di crescita esponenziale, gli economisti si sono messi a gridare in coro: “Errore!”». </i></div>
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Negli ultimi suoi scritti Georgescu-Roegen allarga la sua critica anche agli emergenti scenari: che si tratti della cosiddetta teoria dell’economia stazionaria, o dell’economia circolare, di cui ancora oggi si parla riponendovi grandi speranze, o addirittura del decantato, e oramai decotto, sviluppo sostenibile. </div>
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<i>«Dall’idea che la crescita economica non può essere infinita, idea che era nell’aria già molto tempo prima che ne parlassi io, Daly arrivò alla conclusione che “lo stato stazionario dell’economia è quindi una necessità”, un banale errore di logica elementare, poiché l’opposto della crescita non è solo lo stato stazionario»</i>, bensì la decrescita, come aveva già avuto modo di suggerire in altre sue opere. </div>
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Nell’acuto approfondimento di tali temi, Georgescu-Roegen aveva compreso che tali teorie altro non erano che espedienti ingegnosi per sostituire il cappello all’economia senza tuttavia cambiare i principi con cui la sua testa ragiona, modificare con degli ottimi slogan, che trasmettessero un messaggio positivo di cambiamento, solamente la superficie delle cose, per continuare a percorre in ogni caso la via della crescita infinita. </div>
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<i>«Essendo tale approccio molto ottimistico, si diffuse come credo dominante molto velocemente. Naturalmente i paesi avanzati lo accolsero favorevolmente poiché tutti sarebbero stati felici di poter continuare a vivere nelle stesse abitazioni, guidare le stesse automobili e mangiare lo stesso cibo appetitoso. Purtroppo essi non capirono che erano vittime di una grande illusione». </i></div>
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E da qui una grande domanda che ancora oggi, all’indomani di una grave crisi economica e alla luce di disastri sociali e ambientali sempre più allarmanti e diffusi, resta senza risposta: cosa impedisce al genere umano un cambiamento radicale che lo possa salvare dalla catastrofe? si tratta semplicemente di essere illusi o addirittura ignoranti? O forse, usando le parole di Georgescu-Roegen, <i>«il destino dell’uomo è quello di avere una vita breve, ma ardente, eccitante e stravagante piuttosto che un’esistenza lunga, monotona e vegetativa. Siano le altre specie, le amebe per esempio, che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una terra ancora immersa in un oceano di luce solare». </i></div>
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Una cosa è certa: qualsiasi sia la risposta, faremmo bene a trovarne una, prima che sia troppo tardi. </div>
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Il corsivo è tratto da <i>M. Bonaiuti, Georgescu-Roegen. La sfida dell’entropia, Jaca Book</i></div>
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Luca Madiaihttp://www.blogger.com/profile/08318721877721367848noreply@blogger.com0