«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

giovedì 30 giugno 2011

Viva le scale!!


Per l’indipendenza dagli schiavi energivori


Adoro fare le scale, non lo nascondo. Mi piace il ritmo che si segue gradino dopo gradino, mi rilassa, mi aiuta a pensare. Sia in salita che in discesa, anche fino al quinto piano, preferisco fare le scale, piuttosto che attendere l’ascensore per chiudermi dentro delle lamiere e restare immobile come in una bara. 

Certo, se ho del peso eccessivo da trasportare, o se arrivo stanco morto a casa, prendere l’ascensore è un sollievo, una utile comodità: non mi fraintendete. Ma visto che ho buona salute e non ho problemi a camminare, se posso scelgo di fare le scale. 

Spesso mi capita di andare a trovare degli amici che abitano in appartamenti al quarto o quinto piano. Non appena mi vedono salire per le scale subito mi chiedono meravigliati per quale motivo mai non abbia preso l’ascensore: “c’è l’ascensore non l’hai visto?”. Quasi come fosse un obbligo prendere l’ascensore, come se le scale fossero state fatte soltanto per essere usate in caso di estrema necessità, nel caso di un black-out ad esempio. Mi diverto ogni volta a notare le facce stupite perché non capiscono e non possono fare a meno di puntualizzare che non ero costretto a fare le scale, che per fortuna c’è l’ascensore. Addirittura alcuni mi chiedono se soffro di claustrofobia o se ho paura perché in passato ho avuto brutte esperienze! E io invece rispondo semplicemente che “mi piace fare le scale”, ottenendo una reazione ancor più colma di stupore.

Fare le scale è un esempio sciocco, che molti non capiranno, ma è esattamente ciò che intendo per “scollegarsi”, una banale azione che mette in discussione una norma comportamentale assodata dallo sviluppo tecnologico. “Prendere l’ascensore è simbolo di progresso, faticare per le scale è simbolo di arretratezza”. Andare contro queste, se pur sottili e stupide, credenze dell’uomo moderno, ci permette di uscire dalle consuetudini e dalle inerzie mentali imposte dal sistema, facendo un passo avanti, in un altro tipo di progresso, quello umano. 

Fare le scale diventa l’espediente per rinunciare a una comodità tecnica che non risulta vantaggiosa in ogni circostanza, che permette di fare del moto, di incontrare le persone del condominio e scambiare anche solo un sorriso, di vedere oltre il nostro naso e di liberarci dalla dipendenza opprimente dai nostri, seppur utili e comodi, schiavi energivori. 

«La crisi energetica non si può superare con un sovrappiù di energia. Si può soltanto dissolverla, insieme con l’illusione che fa dipendere il benessere dal numero di schiavi energetici che un uomo ha sotto di sé» Ivan Illich

martedì 28 giugno 2011

FOTOVOLTAICO vs AUTOMOBILE - second round


«But what about the economic burden for the citizens? Will people ever want or could simply afford to buy PV devices and become energy entrepreneurs selling electricity to local utilities? To give an answer, we can make some simple calculations analyzing the case of Italy. Current peak demand in Italy is 55 GW. Installing 100 GWp of c-Si silicon panels all over the country, at the average current turnkey price of about 3000 €/kWp, would result in a huge distributed bill of 300 billion €, apparently unaffordable. But let us turn our attention to cars. Every year Italians buy an average of 1000000 new cars at a (conservative) price of 15000 €, thus spending 15 billion euro. There are 35 million cars circulating in Italy, each of which costs on average of 3000 €per year for maintenance (fuel, insurance, taxes, tires, etc.), totaling 105 billion euro annually. So Italians, every year, spend more than 120 billion euro to run their cars. If we compare this number with the above theoretical investment for PV (300 billion €) and consider that the latter will work with free fuel and very little maintenance cost for at least 25 years, we can probably understand that, even with today’s high price, PV is already an affordable choice for affluent countries. In fact the people regularly spend similar amounts of or even more money for what they believe to be indispensable, for instance a car. Sure, a Maserati or even a tiny Fiat 500 is definitely more sexy than a boring chunk of silicon encased in a gray aluminum box, but that is another story»


Estratto da : Nicola Armaroli, Vincenzo Balzani: “Energy for a sustainable world”, pag. 200

lunedì 27 giugno 2011

DFRU: La legge della vita, parte 26/30


Fino ad ora abbiamo parlato di cambiare la nostra vita, cominciando da noi stessi, da dentro di noi, un cambiamento profondo, un processo continuo e costante, non facile ma possibile per tutti. Questo cambiamento lo abbiamo chiamato rivoluzione umana, forse l’unica rivoluzione che l’uomo non ha ancora sperimentato nella sua storia su questo pianeta, ma non abbiamo ancora detto come sia praticamente possibile intraprendere questo percorso di trasformazione interiore.
Non si tratta semplicemente di auto-convincersi o di forzarsi al cambiamento. Non si tratta di meditare e di riflettere per trovare metodi e strategie di azione. Non si tratta di seguire norme comportamentali prestabilite e rigide. Non si tratta nemmeno di attendere che qualcuno ci dica cosa esattamente dobbiamo fare. Tutt’altro. Il buddismo di Nichiren Daishonin infatti propone un mezzo concreto e “semplice” per poter trasformare la nostra vita andando ad interagire con la sua parte più profonda.
Il buddismo di Nichiren Daishonin insegna che la nostra vita è originariamente dotata di una natura illuminata, intatta e non condizionata dagli effetti esterni o dalle nostre precedenti azioni (karma). Questa natura vitale è chiamata Buddità, o stato di Buddità. Si tratta infatti di uno stato vitale, uno stato di condizione della nostra vita interiore in cui sperimentiamo una gioia assoluta, che non dipende cioè da circostanze esterne e che pervade tutto il nostro essere e ci armonizza con tutto il nostro ambiente. Per richiamare questo stato vitale esiste una pratica quotidiana: la recitazione di Nam myoho renge kyo. Si tratta di un mantra che deve essere recitato con voce chiara e decisa, con ritmo sostenuto, scandendo i singoli suoni.
Nichiren attribuì a questa frase il potere di richiamare la nostra buddità innata e riconobbe in essa la legge della vita che è sempre esistita e che trascende la vita e la morte, l’esistenza e la non esistenza. Il suono di Nam myoho renge kyo risveglia in noi una consapevolezza profonda che la nostra stessa vita è illimitata ed è una cosa sola con l’energia pulsante dell’intero Universo. Da questa consapevolezza deriva la felicità assoluta di cui parlavamo e la capacità di trasformare la nostra esistenza quotidiana e tutte le difficoltà che ci troviamo davanti.
Nam myoho renge kyo è quindi l’unica causa per la manifestazione della Buddità, ma allo stesso tempo è la Buddità stessa e cioè l’effetto. E da qui deriva il principio di causa ed effetto simultanei. Nel momento in cui io mi risveglio alla legge di Nam myoho renge kyo, manifesto lo stato vitale di gioia assoluta.
Adesso poniamoci una domanda semplice e proviamo a darci una risposta altrettanto semplice. Cos’è la mia vita?
Sono sicuro che la mia vita non è il mio lavoro, non è la mia nuovissima auto, non è la mia laurea, non è la mia bellissima ragazza, non è la mia famiglia, non è la mia posizione sociale, non è il rispetto che gli altri nutrono per me, non è i miei soldi, i miei averi, non è neanche la mia salute, la mia prestanza fisica, né la mia intelligenza. Dunque cos’è la mia vita nella sua essenza?
Secondo il Buddismo di Nichiren la vita è Nam myoho renge kyo, ovvero la legge mistica che regola la vita dell’Universo. La nostra vita è quindi una cosa sola con la Legge, noi siamo la Legge in quanto manifestazioni della Legge stessa, e la Legge siamo noi in quanto essa permea l’intero Universo, quindi anche noi.
Per approfondire questo concetto basilare e molto delicato suggerisco la lettura dei seguenti riferimenti bibliografici: [9], [12] e [13].
Adesso ci basterà dire che il mezzo pratico per intraprendere la nostra rivoluzione umana è insito nella recitazione di Nam myoho renge kyo. La recitazione quotidiana (mattina e sera) ci permetterà di trasformare la nostra vita impegnandoci in un allenamento costante del nostro spirito, un po’ come facciamo con la palestra per il nostro fisico.

domenica 26 giugno 2011

Nuovo Logo e nuova copertina

E' stato realizzato il logo del blog e del libro, grazie alla gentile e preziosa collaborazione di Daniele Romanazzi ,che ancora ringraziamo.
Tra agosto e settembre sarà disponibile la nuova edizione del saggio "Decrescita Felice e Rivoluzione Umana" con alcune piccole aggiunte, oltre a delle appendici con articoli e scritti inediti.
Per tale nuova edizione è in lavorazione una copertina. Vi terremo aggiornati.

Ecco come appare il nuovo logo, nelle due versioni:




stando a sottolineare la necessità anzitutto di un ritmo di vita diverso e di una visione più introspettiva della nostra esistenza.

lunedì 20 giugno 2011

DFRU: "Scollegarsi", parte 25/30


Nel film il Pianeta Verde, di cui consiglio vivamente la visione, la protagonista gira per le strade della città “scollegando” le persone che incontra e noi possiamo osservare i loro comportamenti che a prima vista sembrano totalmente assurdi: l’uomo che si toglie le scarpe, la donna che annusa e osserva la carne appena comprata, l’uomo che abbraccia l’albero. Dietro all’ironia del film vi è una geniale intuizione, e cioè che la nostra vita, il nostro modo di vivere è spesso dettato e limitato da schemi e comportamenti non del tutto naturali o comunque lontani da quello che è la nostra natura intima, la nostra vera essenza vitale. Agiamo e ci comportiamo secondo regole e preconcetti assodati da anni o da secoli, ma non ci siamo mai chiesti il perché realmente facciamo determinate cose, non ci siamo mai posti il problema di osservare la nostra vita quotidiana, di vedere un senso più profondo delle nostre azioni, di scoprire metodi diversi di agire o solo tentare di immaginare, di sognare, di pensare diversamente.
La società di oggi, frenetica e colma di informazioni in continua evoluzione, ci rende schiavi di un sistema, ci costringe a difenderci dal caos creando un codice di comportamento, uno schema rigido con cui pensare, parlare ed agire tutti i gironi, senza rischiare di perdersi e di impazzire. Sono regole non scritte che noi stessi, tacitamente ci siamo dati, o meglio che la società ci ha consigliato caldamente e noi abbiamo accettato senza fiatare, senza valutare alternative, inesistenti all’apparenza. Si potrebbe parlare di un vero e proprio Matrix, una serie di regole e schemi comportamentali e di pensiero che ci limitano, ci inquadrano, ci rendono schiavi inermi, docili e manipolabili con pochi sforzi.
Trovo geniale la scena del film Matrix, quella in cui Morpheus (già risvegliato alla “verità”) offre a Neo la possibilità di scegliere: pillola azzurra continui la tua vita come sempre e resti schiavo del sistema nell’illusione di essere libero, pillola rossa «vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio».
Uscendo dalle metafore, scollegarsi o scegliere la pillola rossa non significa altro che cercare di abbattere le nostre inerzie psicologiche che ci fanno pensare utilizzando percorsi mentali e schemi logici fissi e convalidati nel tempo. Ad ogni problema associamo già una soluzione preconfezionata, una visione del problema ristretta e rigida che ci preclude ogni altra via per soluzioni alternative. Osservare le cose dallo stesso punto di vista, avere comportamenti programmati per ogni evenienza significa abbattere ogni tentativo di cambiare, di andare oltre alle circostanze esterne. Dato che, come abbiamo visto, il mondo e la vita sono in continua e inevitabile mutazione, usare tali schemi statici non ci permetterà di raggiungere ulteriori risultati, non ci permetterà di trasformare la realtà, non ci permetterà di crescere interiormente e di essere felici e in armonia con noi stessi e con il nostro ambiente.
Fare la propria rivoluzione umana comprende quindi anche l’abbattimento di ogni schema o struttura mentale che riteniamo assodata e funzionante. Significa mettersi in discussione, essere pronti in qualsiasi momento a distruggere le proprie sicurezze, le proprie convinzioni sulle quali abbiamo finora basato la nostra vita, siamo sopravissuti al sistema che altrimenti ci avrebbe emarginati e inghiottiti.
“Scollegarsi” significa andare oltre l’apparenza, pensare diversamente, uscire dagli schemi usuali, andare al cuore delle cose, delle problematiche, porsi le domande di base, le più semplici che esistono. La rivoluzione umana è una decisione personale, un atto di coraggio enorme e per questo non facile assolutamente. Andare oltre la propria stessa mente, in un’impresa che l’uomo non ha mai tentato prima nella sua storia su questo pianeta.
Siamo fossilizzati su schemi logici, intrappolati, e noi stessi siamo i primi a non rendercene conto a pieno. Sognare, immaginare, fantasticare sono azioni difficili per un adulto, perché comportano sforzo. Eppure dovrebbe essere tra le cose più naturali e gioiose da intraprendere, magari nel tempo libero.
Un esempio banale: quando torniamo a casa in auto e percorriamo la stessa strada tutti i giorni, ci rendiamo conto che dopo un po’ di tempo non pensiamo più a quello che stiamo facendo, che le azioni da fare ci vengono spontanee, lo stesso vale per la guida della macchina, una volta che abbiamo imparato a guidare non pensiamo che stiamo premendo l’acceleratore, che dobbiamo mettere la prima poi la seconda, lo facciamo automaticamente, seguendo uno schema. Per le azioni ripetitive questa inerzia mentale ci viene in aiuto, ma se volessi affrontare un ostacolo inaspettato o una difficoltà improvvisa, utilizzare comportamenti prestabiliti e automatizzati non ci permetterà di superarli.
Se pensiamo a un qualsiasi problema non riusciamo a individuare una soluzione che non esista già o che riteniamo irrealizzabile. Proviamo a fare degli sforzi mentali, a costringerci a pensare diversamente. Pensiamo che una soluzione diversa esiste ed è realizzabile, a partire da ora. Immaginiamo ad esempio una città senza automobili, dove la gente si sposta senza bisogno di auto o moto, pensiamo a una società che non fa più uso del denaro, pensiamo che i rifiuti non esistano più, pensiamo a poter vivere dignitosamente senza lavorare tutti i giorni per 10-15 ore, pensiamo a un’economia che non si regga sul denaro, pensiamo a un mondo senza armi e senza guerre, senza povertà, pensiamo, sogniamo, immaginiamo il futuro. Partire da un sogno, crearlo e sognarlo è il primo passo perché il sogno si avveri. Non ho mai sentito parlare di un sogno che si è avverato senza che sia stato sognato, pensato, creato, immaginato, colorato. Illuminante è un aforisma di G.B. Shaw che trascrivo di seguito:
“Vedi le cose e dici: «Perché?». Ma io sogno cose che non sono mai esistite e dico: «Perché no?»”. G.B. Shaw
Non focalizziamoci soltanto sul perché esiste un problema, proviamo ad andare oltre, proviamo ad immaginare una soluzione che non esiste e pensiamo perché non possa essere attuata, perché non si possa cambiare l’attuale situazione. Attiviamoci. Spetta a noi agire per primi, non aspettiamo nulla dall’esterno. Partiamo da un sogno, da un’immagine e agiamo noi stessi per primi, da soli.
So che può risultare difficile, forse impossibile da mettere in pratica nella vita quotidiana, che le parole sono belle ma il vento le porta via. So che credere senza vedere non è facile. Nel prossimo paragrafo dirò come esattamente sia realizzabile quanto detto.


venerdì 17 giugno 2011

I limiti esistono, eccome!


Le risorse materiali della Terra sono limitate e in particolare le fonti fossili sono esauribili e perciò molto preziose. Lo sviluppo economico degli ultimi decenni sta divorando quantità crescenti di combustibili e risorse naturali, senza tener in considerazione le loro quantità finite, i loro tempi di rigenerazione e il loro impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi. 

I più ottimisti addirittura confidano in un futuro giocondo puntando tutto sulla prossima scoperta di nuove fonti energetiche quasi illimitate, oppure sulla possibilità di colonizzare e deturpare altri pianeti del sistema solare o addirittura della galassia. Molti sostengono che la scienza e la tecnologia risolveranno tutti i nostri problemi, persino quelli che da esse sono stati generati. Nulla potrà fermare l’uomo e la sua corsa al progresso. 

Questa visione erronea dello sviluppo e del progresso è basata su concetti, come quello di crescita economica, che non sono in accordo con i principi della termodinamica. 

Il primo principio della termodinamica indica la conservazione dell’energia, affermando che l’energia non può essere né creata né distrutta ma solo trasformata, perciò introduce il concetto di limite delle risorse naturali, da un punto di vista quantitativo. Il secondo principio invece presenta il problema del degrado dell’energia dal punto di vista qualitativo, affermando che ad ogni trasformazione l’energia diminuisce la sua “utilità”. Quindi l’energia non solo è limitata ma è anche sottoposta a un continuo degrado. 

Ciò dovrebbe essere preso in considerazione come base per un nuovo sistema economico allo scopo di garantire un progresso dell’umanità che sia durevole e conviviale.

lunedì 13 giugno 2011

DFRU: Agire come l'acqua, parte 24/30


Una volta iniziato il processo della nostra rivoluzione non possiamo pensare di arrenderci alla prima difficoltà. Un altro tassello fondamentale di questa rivoluzione sta nel mantenere la costanza, mantenere la determinazione nonostante le circostanze esterne siano avverse.
Nelle nostre azioni per il cambiamento, nei nostri obbiettivi è fondamentale mantenere una costanza nel tempo: piccoli passi verso una meta, anche se millimetrici, sono più importanti che fare balzi da gigante per poi mollare tutto. Un piccolo passo contiene in sé già tutto il percorso, un piccolo avanzamento è prezioso perché senza di esso non esisterebbe il successivo e quindi sarebbe impossibile raggiungere la meta. Se vogliamo scavalcare una montagna enorme che si staglia davanti ai nostri occhi dobbiamo cominciare dalle prime rocce, dalle prime salite. Come ben sappiamo, nei sentieri di montagna è meglio procedere con passo lento ma costante, piuttosto che correre per poi fermarsi o rischiare di precipitare.
Il processo che intraprendiamo nella nostra vita, un processo di trasformazione, di evoluzione ci porta ad affrontare ostacoli in continuazione senza una fine. L’obbiettivo principale diventa quello quindi di non arrendersi mai e progredire nonostante tutto, quello di mantenere la determinazione, ogni giorno, ogni istante. Non esiste una meta finale che una volta raggiunta resta immutata. La vita ci insegna che tutto è in divenire e noi dobbiamo continuamente evolvere, sfidarci, per manifestare a pieno l’illimitato potenziale che possediamo da sempre.
Agire come l’acqua significa quindi mantenere la determinazione con continuità, proprio come l’acqua che cheta scorre senza sosta da monte a valle, magari lentamente, silenziosamente, incontrando degli scogli o delle cascate, ma comunque non smettendo mai di avanzare. L’opposto dell’agire come l’acqua è agire come il fuoco, ossia intraprendere da subito forti ed energiche azioni e potenti determinazioni, tanto da fare scalpore e da attirare l’attenzione di molti, per poi far svanire tutto in poco tempo alla prima difficoltà, lasciando solo tristi ricordi; proprio come il fuoco avvampa all’improvviso con grandi fiamme voraci per poi spengersi cupo lasciando soltanto fumo e cenere.

lunedì 6 giugno 2011

DFRU: Uniti nella differenza, parte 23/30

Abbiamo visto a grandi linee qual è la condizione di cui parlavamo nell’introduzione. Adesso vorrei soffermarmi su altri principi basilari che forse aiutano a capire come questa rivoluzione possa essere realizzata.
Uno di questi è il principio di unità chiamato in giapponese Itai doshin, ovvero “diversi corpi stessa mente”. È un principio basilare per la realizzazione di un obbiettivo comune da parte di un gran numero di persone, ed è proprio quello che fa al caso nostro.
Abbiamo visto nel paragrafo precedente come la condizione per applicare cambiamenti concreti politici, economici, sociali, di stile di vita e modo di pensare, occorra una rivoluzione individuale, quella che abbiamo chiamato rivoluzione umana. Adesso affrontiamo il secondo passo, e cioè come realizzare coerenza e unità di intenti tra tantissime persone di cultura, lingua, posizione sociale anche molto differenti tra loro.
“Diversi corpi, stessa mente” sta ad indicare che nonostante le differenze tra gli individui, spesso anche marcate, essi sono accumunati dallo stesso obbiettivo e questo li rende solidali l’un con l’altro e aumenta esponenzialmente l’efficacia delle loro azioni di gruppo.
Avere “diversi corpi” riguarda tutte le differenze tra le persone, non soltanto fisiche, ma anche diverse personalità, diverse culture, diverse mentalità e usanze. La differenza tra un albero di pesco e un albero di mele è evidente, è sostanziale, ma entrambi vivono della Terra e del Sole ed entrambi fioriscono e producono frutti, ognuno nella sua specifica maniera di essere esprime la sua funzione, il suo valore intrinseco, la sua bellezza naturale. Allo stesso modo le persone, che siano africane o cinesi, arabe o europee, manifestano la loro individualità rivelandosi in attività e pensieri diversi, ognuno con la sua caratteristica, ognuno con la propria espressività: tanti strumenti musicali capaci delle più svariate melodie. Proprio come in un’orchestra sinfonica ogni strumento, seppur diverso, deve essere però in armonia e coerenza con tutti gli altri. Anche se solo uno strumento in mezzo a tantissimi altri è in disaccordo, anche se per solo un istante, la sinfonia perderà la sua efficacia e la sua bellezza e l’opera intera ne verrà danneggiata.
Avere “stessa mente” non indica affatto che tutti devono pensare allo stesso modo, avere le stesse opinioni, la stessa visione. Tutt’altro. “Stessa mente” significa essere uniti dallo stesso grande desiderio, il desiderio di vedere felice chi ci sta accanto, il desiderio di trasmettere coraggio e gioia indistintamente ad ogni persona, abbattendo le barriere create dall’uomo stesso, dalla storia, dalla posizione geografica, dalla politica, dalle differenze sociali. Questo grande desiderio di voler fare la propria rivoluzione umana e di aiutare gli altri a fare lo stesso è ciò che realmente conta per creare l’unità necessaria a procedere verso un futuro migliore per tutti.
Proprio le persone che sono più differenti da noi, con cui troviamo contrasto ad un primo approccio, sono proprio quelle le persone che ci permetteranno di trasformare la nostra vita anche nelle relazioni umane e di sperimentare questo principio di unità nonostante le differenze inevitabili. Daisaku Ikeda scrive a riguardo: «A volte può capitare di incontrare persone con cui sentiamo di non avere nulla a che fare. Per questa ragione dobbiamo fare la nostra rivoluzione umana, altrimenti non potremo creare legami basati su uno scopo condiviso superando le nostre differenze». (Buddismo e società n. 133)
Su questo principio fondamentale ritorneremo poi più avanti.

venerdì 3 giugno 2011

Ecologisti con la Volvo di Natalino Balasso

Lucia è una bella ragazza, ha gli occhi verdi e una faccia solare, come si dice. E solare lo è veramente, ama i campi di pannelli fotovoltaici, ammesso che si possa amare un campo di pannelli fotovoltaici. Ama l’energia del vento come si può leggere anche sull’adesivo posto nel vetro posteriore della sua bella Volvo. Lucia ama la semplicità e rispetta gli animali, usa insetticidi ecologici e mangia verdure biologiche. Non sapevo esistessero anche verdure non biologiche.

Lucia ama la campagna, anche se non ci ha mai lavorato, quando passa un week end nella casa della nonna, taglia due fette di salame, le appoggia su un tovagliolino di carta e le mangia con gusto. Poi estrae dalla borsetta una salvietta disinfettante e se la passa con cura sulle mani. Non prende mai il caffé dalla nonna, non ama il caffé della moka, è troppo abituata al suo ottimo espresso in cialde di plastica che beve in bicchierini di plastica mescolandolo con palettine di plastica. Tutto riciclabile, ovviamente. Lucia abita in un appartamento di classe A con un ottimo condizionatore d’aria e un climatizzatore elettrico con umidificatore per l’inverno.

Lucia ha una grande coscienza ecologica.

Quando aggrotta le sopracciglia ricorda la nonna. La nonna pone le fette di salame su un piattino, fa il caffé con la moka e lo beve nella tazzina di ceramica che poi lava. Lava la stessa tazzina e gli stessi piattini tre o quattro volte al giorno. Usa fazzoletti di stoffa che poi lava, usa canovacci di stoffa. La nonna non ha idea di cosa sia il riciclaggio. Il cancello del suo orto era in precedenza la rete del letto. La nonna è sempre andata in bicicletta, non ha la patente. La casa della nonna non è di classe A. Non ha impianto di riscaldamento né condizionatore.

La nonna non ha nessuna coscienza ecologica.