«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

venerdì 17 giugno 2022

L'amore ai tempi del colore, racconto

Racconto estratto dalla raccolta dei "Racconti etici", scritto nel 2018, ben due anni prima della pandemia. Assolutamente da leggere. 


Ancora oggi si narra che in un tempo remoto e in un mondo lontano esisteva un paese chiamato il Regno dei Colori. Era abitato dalla popolazione dei Primari, suddivisa in tre clan distinti: il clan dei Gialli, il clan dei Rossi e quello degli Azzurri. Era un paese pacifico, dove non erano mai scoppiate guerre o rivolte, dove tutto procedeva in tranquillità e con una relativa serenità.
Sul paese regnava da sempre il temuto Re Nero. Egli era conosciuto per essere un sovrano integerrimo e severissimo, era inflessibile nel far rispettare ai propri sudditi le Sacre Regole del Colore. Si trattava di antichissime norme di disciplina che si diceva fossero state scritte all’alba dei tempi, ancor prima che il concetto di colore fosse creato, quando tutto era oscurità e vacuità.
Nessuno sapeva quale fosse il senso profondo di tali regole, né chi le avesse effettivamente ideate. Il loro rispetto e la loro utilità non erano mai state messe in discussione, e nessuno avrebbe mai pensato di farlo.
Le regole erano incise nella pietra del grande portale della reggia del Re Nero. Erano soltanto tre, e nessuno aveva bisogno di leggerle, perché tutti, fin da piccoli, le conoscevano a memoria.
Prima regola: nessuno può cambiare il proprio clan di nascita.
Seconda regola: non sono ammessi matrimoni misti tra i clan.
Terza regola: non è ammesso colorare nessun oggetto con più di un colore.
Gli abitanti del paese dei colori erano perciò divisi in tre caste, o clan, da cui nessuno poteva uscire o entrare, gli azzurri di nascita restavano azzurri a vita, così come i gialli e i rossi. Tutti i matrimoni erano combinati e gli sposi dovevano necessariamente appartenere allo stesso clan, i rossi sposavano altri rossi, gli azzurri altri azzurri e i gialli altri gialli.
Era considerato pericolosissimo l’incrocio di due colori diversi, a tal punto che era persino vietato loro di toccarsi, un giallo non poteva toccare un azzurro o un rosso, e viceversa. Figuriamoci sposarsi o avere figli.
Si diceva che mischiare due colori poteva creare delle mostruosità: c’è chi sosteneva che unire il rosso al giallo provocava un’esplosione capace di distruggere l’intero paese, mentre unendo l’azzurro al giallo il risultato sarebbe stato l’incolore, ovvero un colore senza colore, l’invisibile e l’inconsistente, un abominio per gli abitanti del Regno, poi ancora il rosso con l’azzurro avrebbe addirittura creato un colore talmente brutto e viscido da dover essere tenuto segreto, lontano dagli occhi di tutti.
Nessuno aveva mai infranto le regole, ma la tentazione era così forte che gli abitanti del Regno dei Colori dovevano essere continuamente tenuti sotto controllo attraverso un sistema ordinato e efficiente di guardie addestrate: le famose Guardie Grigie. Era un corpo militare altamente specializzato nel prevenire qualsiasi comportamento che potesse condurre a trasgredire le Sacre Regole.
Le Guardie Grigie erano perciò appostate per le strade, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nei negozi, avevano persino il permesso di entrare e uscire dalle abitazioni quando e come volevano. Il loro compito era ritenuto da tutti necessario e intoccabile. Per questo erano sempre temute e rispettate. Capitava spesso che una guardia si imbattesse in due abitanti di clan diversi che si scambiavano due parole per strada e cominciasse a guardarli con fare sospetto.
“Cosa state facendo voi due?” domandava solitamente la guardia.
“Niente signora guardia, stiamo semplicemente prendendo accordi su questioni di lavoro”
“Ebbene, siete troppo vicini l’uno a l’altro. Non vorrete mischiarvi? Due metri di distanza perlomeno e poche chiacchiere”
Così i due poveretti erano costretti a parlare in tutta fretta e poi ad allontanarsi l’uno dall’altro.
“Circolare su, circolare” ripetevano le guardie nei momenti in cui si rischiavano calche e sovraffollamenti per le strade.
Le Guardie Grigie erano tutti fratelli, tutti figli del Re Nero e della Regina Bianca, sebbene molti tra gli abitanti del Regno non credessero alla sua esistenza dato che nessuno aveva mai visto la regina di persona. Si narrava che fosse una figura mitologica, oppure che fosse costretta a restare nascosta per via del suo abbagliante colore. In ogni caso, nessuno tra il popoli dei Primari conosceva il suo aspetto.
Nei meandri del maestoso palazzo reale, la Regina Bianca viveva protetta e in assoluto isolamento, solo al Re Nero e ad alcune delle più fidate Guardie Grigie era concesso vederla. La sua candida bellezza era tale da travolgere e illuminare ogni cosa che si trovava davanti a lei. La purezza e la bontà del suo spirito erano tali da risvegliare nobili sentimenti in chiunque incontrava. Il suo volto era chiara luce, i suoi occhi erano profondi, come infiniti, il suo sorriso era tenerezza. Il Re Nero era così geloso di quella meraviglia che non voleva assolutamente che nessuno la vedesse, ma più di ogni altra cosa temeva che la Regina potesse essere amata e rispettata dal popolo più di lui stesso. Aveva una tremenda paura di perdere la sua autorità e il suo potere. La Regina avrebbe certamente conquistato e affascinato i suoi sudditi, semplicemente mostrandosi a loro.
Così per lunghi anni le cose andarono avanti senza alcun mutamento. Gli abitanti del regno, costretti a rispettare le Sacre Regole, lavoravano assiduamente ogni giorno senza sosta. Avevano un’unica mansione, quella di dipingere il mondo con i loro colori: il clan dei gialli dipingeva le cose di giallo, il clan dei rossi di rosso e quello degli azzurri di azzurro. Non potevano assolutamente mescolare i colori e ogni oggetto aveva il proprio specifico colore, deciso dal Re in persona e che nessuno poteva modificare. Così la chioma degli alberi era gialla, mentre il fusto rosso, i prati erano gialli e i fiori azzurri, le case erano tutte rosse, le strade gialle, le porte e le finestre azzurre. Con la pioggia e il tempo il colore si consumava, cosicché gli abitanti del regno erano continuamente all'opera per mantenere colorato il loro mondo. A rotazione ogni oggetto era periodicamente ricolorato, sempre dello stesso colore.
La vita dei Primari scorreva perciò monotona e priva di alcuna emozione. Il loro lavoro era ripetitivo e i loro matrimoni combinati. Nessuno lavorava con passione e creatività, nessuno si sposava con gioia e amore. E le cose sembravano non dover cambiare. Fino a che, un giorno, qualcosa di inaspettato accadde.
Improvvisamente la Regina Bianca cominciò a manifestare sintomi di un malessere sconosciuto. Si fece debole e il suo normale splendore iniziò a impallidire. Strane macchie di colore indecifrabile apparirono sul suo candido corpo. Il Re Nero, disperato, accorse in suo aiuto, inginocchiandosi a lato del suo letto, colmo di lacrime.
“Che cosa ti sta succedendo, mia Regina?” chiese con voce colma di dolore.
“Caro amato mio, come puoi ben vedere sono molto ammalata” rispose la regina con una voce serena e dolce, nient’affatto quella che ci si aspetterebbe da una persona malata e sofferente.
“Comprendo e farò tutto quello che posso per trovare una cura. Dovessi spedire un messaggero ai capi del nostro mondo, dovessi interrogare le stelle o rivolgermi al creatore stesso”
“Caro amato mio, non servirà niente di tutto ciò. Benché tu veda il mio corpo debole e deformato, non è esso la causa del mio male” rispose la regina con un tenero sorriso.
“Dunque qual è la natura della tua malattia?” domandò con la voce rotta dalla disperazione.
“Caro, il mio male non ha origine nel mio corpo bensì nel mio spirito”
“Curerò il tuo spirito allora, troveremo un modo per farlo” disse il Re Nero, stringendo la sua testa tra le mani e continuando a versare lacrime.
“Caro amato mio, questa mia malattia, sebbene si manifesti nel mio spirito, non ha origine in esso”
“Come è possibile? Dove dunque ha origine tale male?” si alzò con uno scatto il re, infiammandosi di rabbia “Chiunque e dovunque sia il responsabile di questo vostro male la pagherà, la pagherà con la vita!”
“Placate il vostro animo, amato mio” riprese con dolce voce la regina, raggiungendo con la sua mano quella del re “Se davvero cercate un responsabile allora dovreste puntare il dito contro voi stesso”
“Me???” esclamò perplesso e scioccato il re “Ma io ho sempre agito per il vostro bene, ho sempre fatto il mio dovere di sovrano con estremo rigore. Ho rispettato e fatto rispettare le Sacre Regole al nostro popolo. Quale sarebbe la mia mancanza?”
“Vedete, caro mio, questa mia malattia spirituale nasce dall’ignoranza e dall’illusione, poiché tutto il nostro popolo soffre di questi mali, allora anch’io ne soffro. Se invece tutto il popolo guarisse, allora anche la mia malattia sarebbe curata”
“Perché vi ammalate a causa del nostro popolo?” chiese il re incredulo.
“Perché io sono la loro regina e amo tutti gli abitanti del regno, come se fossero i miei stessi figli”
“Dunque che responsabilità mi attribuite?” lente e meste lacrime rigavano il volto del re.
“Vedete, da lungo tempo il nostro popolo di Primari è costretto a osservare rigide regole che non permettono loro di vivere pienamente le loro vite. Nessuno di loro è libero di esprimersi con creatività e passione nel proprio lavoro, né può gioire delle intense emozioni dell’amore. Essi non conoscono perciò il senso delle loro vite, e seguono invece delle rigide regole senza senso, che li incatenano nell’ignoranza e nell’illusione”
“Ma le Regole Sacre non le ho scritte io?” ribatté il re riflettendo “Io ho solo fatto il mio dovere, ho fatto rispettare delle regole per il bene di tutti. Sai cosa succederebbe se venissero trasgredite”
“Voi siete il Re, caro mio, ed è vostro diritto regnare su tutto il popolo, ma non potete farlo da solo. Questo forse lo avete dimenticato”
Il re abbassò lentamente la testa, chiudendo gli occhi in una smorfia di dolore.
“Non potete regnare senza la vostra regina. Voi avete il dono della forza e della determinazione, ma mancate della compassione e della sensibilità. Quelle regole non sono sacre e non sono necessarie, furono create solamente per governare il popolo e sottometterlo. Voi non comprendete ciò, avete bisogno del mio sostegno, avete bisogno di regnare al mio fianco, altrimenti la vostra visione sarà soltanto parziale e condurrà alla lenta distruzione del nostro mondo”
“Mia cara amata, comprendo adesso i miei errori. Sono stato troppo avido e pavido per permettervi di regnare al mio fianco il nostro popolo. Temevo di perdervi, temevo di perdere me stesso”
“Noi siamo fatti per stare insieme, entrambi fondamentali in egual modo. Solo nel nostro equilibrio il Regno dei Colori potrà vivere in felicità e armonia”
“Vi chiedo perdono, mia cara” dicendo così il re si inchinò a fianco del letto e posò la testa nel grembo della regina, che con le mani lo carezzò gentilmente.
Quella sera stessa il Re Nero fece radunare il popolo dei Primari davanti al palazzo reale e si affacciò al suo balcone con a fianco la Regina Bianca. La folla fu travolta dal candido splendore della regina, tutti gli abitanti erano adesso in contemplazione della sua bellezza, sbalorditi e attoniti. Il re prese la parola e annunciò i seguenti cambiamenti: d’ora in avanti il regno sarebbe stato governato congiuntamente dal re e dalla regina, e soprattutto sarebbero state bandite per sempre le Sacre Regole, perciò tra i tre clan non ci sarebbe stata più separazione, ogni oggetto avrebbe potuto essere colorato di ogni colore, anche mescolandoli tra loro, e i matrimoni non sarebbero più stati combinati ma liberi, anzi, i matrimoni tra clan diversi sarebbero stati incoraggiati.
I primi tempi gli abitanti del regno continuarono ad essere diffidenti e restii al cambiamento. Molti temevano che le voci sul pericolo del contatto tra clan diversi fossero veritiere. In alcuni giorni, però, ogni dubbio fu dissolto, quando i più temerari cominciarono a dichiarare il loro amore, che serbavano in segreto da lungo tempo, per abitanti di altri clan, così che si diffusero coppie e matrimoni tra i clan. Fu per tutti una liberazione e una gioia senza limiti. I Gialli che si sposavano con gli Azzurri ebbero figli Verdi, sanissimi e bellissimi, così come gli Azzurri che sposavano i Rossi ebbero figli Viola, mentre i Rossi che sposavano i Gialli ebbero figli Arancio. Allo stesso modo gli oggetti del Regno furono tutti ridipinti inventando decorazioni originali e creative. Apparvero colori impensabili e inimmaginabili, mescolandoli tra loro e facendo diversi esperimenti. Oggetti multicolore, oggetti a strisce colorate, a puntini colorati, oggetti sfumati.
L’amore e la creatività furono liberi di esprimersi e la gioia e l’armonia invasero l’intero Regno. La malattia sconosciuta della Regina Bianca svanì nel nulla, come dal nulla era giunta. E i colori continuarono a moltiplicarsi, mescolandosi e differenziandosi sempre di più, fino a che non esisterono più clan, ma tutti unici e meravigliosi colori.



Racconto estratto dalla raccolta “Racconti Etici - la trilogia di Luca Madiai

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