«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

giovedì 12 aprile 2012

Programma bioeconomico minimale

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di Nicholas Georgescu-Roegen


«Un’economia basata essenzialmente sul flusso di energia solare eliminerà anche il monopolio della generazione presente sulle future. Questo non avverrà completamente, perché anche un’economia del genere dovrà attingere al patrimonio terrestre, soprattutto per quanto riguarda i materiali: si tratta di rendere minore possibile il consumo di tali risorse critiche. Le innovazioni tecnologiche avranno certamente un peso in tale direzione. Ma è l’ora di smettere di insistere esclusivamente – come a quanto pare hanno fatto finora tutte le piattaforme – su un aumento dell’offerta. Anche la domanda può svolgere un compito, in ultima analisi perfino maggiore e più efficiente.

Sarebbe sciocco proporre di rinunciare completamente alle comodità industriali dell’evoluzione esosomatica. Il genere umano non tornerà alla caverna, o meglio, all’albero. Ma in un programma bioeconomico minimale si possono includere alcuni punti.

Primo, la produzione di tutti i mezzi bellici, non solo la guerra, dovrebbe essere completamente proibita. È assolutamente assurdo (e ipocrita) continuare a coltivare tabacco se per ammissione generale nessuno intende fumare. Le nazioni così sviluppate da essere le maggiori produttrici di armamenti dovrebbero riuscire senza difficoltà a raggiungere un accordo su questa proibizione se, come sostengono, hanno abbastanza saggezza da guidare il genere umano. L’interruzione della produzione di tutti i mezzi bellici non solo eliminerebbe almeno le uccisioni di massa con armi sofisticate, ma renderebbe anche disponibili forze immensamente produttive senza far abbassare il tenore di vita nei paesi corrispondenti.

Secondo, utilizzando queste forze produttive e con ulteriori misure ben pianificate e franche, bisogna aiutare le nazioni in via di sviluppo ad arrivare più velocemente possibile a un tenore di vita buono (non lussuoso). Tanto nei paesi ricchi quanto quelli poveri devono effettivamente partecipare agli sforzi richiesti da questa trasformazione e accettare la necessità di un cambiamento radicale nelle loro visioni polarizzate della vita.

Terzo, il genere umano dovrebbe gradualmente ridurre la propria popolazione portandola a un livello in cui l’alimentazione possa essere adeguatamente fornita dalla sola agricoltura organica. Naturalmente le nazioni che adesso hanno un notevole tasso di sviluppo demografico dovranno impegnarsi duramente per raggiungere risultati in tal senso il più rapidamente possibile.

Quarto, finché l’uso diretto dell’energia solare non diventa un bene generale o non si ottiene la fusione controllata, ogni spreco di energia per surriscaldamento, superraffreddamento, superaccelerazione, superilluminazione ecc. dovrebbe essere attentamente evitato e, se necessario, rigidamente regolato.

Quinto, dobbiamo curarci dalla passione morbosa per i congegni stravaganti, splendidamente illustrata da un oggetto contraddittorio come l’automobilina per il golf, e per splendori pachidermici come le automobili che non entrano nel garage. Se non riusciremo, i costruttori smetteranno di produrre simili “beni”.

Sesto, dobbiamo liberarci anche della moda, quella “malattia della mente umana”, come la chiamò l’abate Fernando Galiani nel suo famoso Della moneta (1750). È veramente una malattia della mente gettar via una giacca o un mobile quando possono ancora servire al loro scopo specifico. Acquistare una macchina “nuova” ogni anno e arredare la casa ogni due è un crimine bioeconomico. Altri autori hanno già proposto di fabbricare gli oggetti in modo che durino più a lungo. Ma è ancor più importante che i consumatori si rieduchino da sé così da disprezzare la moda. I produttori dovrebbero allora concentrarsi sulla durabilità.

Settimo (strettamente collegato al punto precedente), i beni devono essere resi più durevoli tramite una progettazione che consenta poi di ripararli. (Per fare un esempio pratico, al giorno d’oggi molte volte dobbiamo buttar via un paio di scarpe solo perché si è rotto un laccio).

Ottavo (in assoluta armonia con tutte le considerazioni precedenti), dovremmo curarci per liberarci di quella che chiamo “la circumdrome del rasoio”, che consiste nel radersi più in fretta per poi aver tempo per lavorare a una macchina che rada più in fretta per poi aver più tempo per lavorare a una macchina che rada ancora più in fretta, e così via, ad infinitum. Questo cambiamento richiederà un gran numero di ripudi da parte di tutti quegli ambienti professionali che hanno attirato l’uomo in questa vuota regressione senza limiti. Dobbiamo renderci conto che un prerequisito importante per una buona vita è una quantità considerevole di tempo libero trascorso in modo intelligente.

Esaminate su carta, in astratto, queste esortazioni sembrerebbero, nel loro insieme, ragionevoli a chiunque fosse disposto a esaminare la logica su cui poggiano. Ma da quando ho cominciato a interessarmi della natura entropica del processo economico, non riesco a liberarmi da un’idea: è disposto il genere umano a prendere in considerazione un programma che implichi una limitazione della sua assuefazione alle comodità esosomatiche? Forse il destino dell’uomo è quello di avere una vita breve, ma ardente, eccitante e stravagante piuttosto che un’esistenza lunga, monotona e vegetativa. Siano le altre specie – le amebe, per esempio – che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una Terra ancora immersa in un oceano di luce solare.»

Nicholas Georgescu-Roegen, Energia e miti economici, 1972

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