«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

lunedì 16 aprile 2012

Quando attraverso la strada non ringrazio mai



Quando attraverso la strada non ringrazio mai l'automobilista che si è gentilmente fermato per farmi passare. E non lo faccio per mancanza di educazione, per arroganza, per pigrizia o per dimenticanza. Lo faccio esclusivamente come espressione di una disobbedienza civile, come gesto sovversivo. Allo stesso modo il mio andare in bicicletta a lavoro è identificabile maggiormente come atto rivoluzionario in termini culturali-politici piuttosto che con motivazioni prettamente ecologiche ed economiche.

In altri paesi europei, anche in paesi latini di bassa latitudine come il Portogallo, quando un pedone si avvicina alle strisce pedonali (vale a dire quando è ancora a uno-due metri di distanza) le automobli rallentano immediatamente e si fermano, consentendo al pedone di passare celermente e in completa sicurezza. Tutti si comportano così, è parte della cultura del luogo. Le rare eccezioni sono quegli automobilisti che filano dritto pur vedendo qualcuno sulle strisce che attende di passare. Nessun pedone ringrazia il gentile autista, perchè non è necessario, perchè non vi è motivo. Sarebbe come ringraziare un'auto che si è fermata ad uno stop o a un semaforo rosso per lasciarci passare. Ringraziare fa sempre bene, oltre ad essere un gesto di cortesia, dovrebbe essere una pratica da adottare quotidianamente in ogni aspetto della vita. Ma il punto su cui voglio focalizzarmi adesso è un altro.

In Italia, siamo abituati ormai, culturalmente, a considerare il pedone un essere inferiore, che non ha bisogno di tanto spazio (molte strade pur avendo macchine parcheggiate, non hanno marciapiede), non ha bisogno di rispetto, perchè lo spostamento è concepito solo su mezzi motorizzati: loro hanno la precedenza sempre e comunque, loro delineano i tratti caratteristici delle città, a loro sono sacrificati le strade, le piazze, i monumenti, i giardini, a loro viene dato immenso rilievo nelle campagne pubblicitarie. L'uomo sta diventando un'appendice dell'automobile quando si sposta e della televisione o del computer quando è fermo a lavoro o a riposo. Le grandi invenzioni tecnologiche dell'uomo lo stanno disumanizzando.

Non mi stupisce perciò che per le strade non ci sia nessuno a camminare, che le piste ciclabili siano interrotte da macchine parcheggiate, che i marciapiedi siano inesisteni o devastati, che le piazze invece di essere spazi sociali e culturali siano parcheggi stracolmi, che sulle strisce pedonali si rischi di morire dato che le auto non solo non si fermano per farti passare ma una volta che sei nel mezzo della strada fanno slalom del tuo corpo pur di non fermarsi o rallentare.

C'è qualcosa che non va in questa società moderna, osservare le piccole cose della vita quotidiana certe volte ci rende più consapevoli di ciò piuttosto che leggere giornali o sentire notizie dal mondo sulle grandi questioni che lo agitano. C'è tanto lavoro da fare, culturalmente in primo luogo, dobbiamo riprenderci da un incubo fatto di illusioni e superificialità e riscoprire la semplicità e la banalità della vita.


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