La pandemia ha accelerato tutti i processi trasformativi, tra questi anche quello di speciazione culturale. È sempre più evidente che esiste uno scollamento tra la popolazione, in particolare tra le persone che hanno intrapreso un proprio percorso interiore, che le ha condotte ad acquisire uno stato di coscienza più elevato, e quelle che invece non hanno lavorato minimamente su se stesse e sono cadute facili prede della narrazione dominante, ignare di aderire al monopensiero, il loro stato di coscienza è ridotto, se non addirittura inerte.
Questo distanziamento, non sociale, ma culturale non fa che aumentare e presto assisteremo a una vera rottura dovuta a una totale incomprensione tra i due gruppi; nonostante entrambi parlino la stessa lingua, vivano nello stesso luogo e nella stessa epoca, siano sottoposti agli stessi stimoli esterni, non riusciranno più a comunicare perché i loro presupposti di partenza, su cui basare qualsiasi minimo ragionamento, anche il più banale, sono completamente diversi, opposti direi. Per un gruppo si tratta di presupposti eterodiretti, quindi determinati e imposti dall'esterno, per l'altro gruppo invece sono presupposti autodiretti, ovvero generati e scelti dall'interno.
La domanda principale sarà quindi cosa succederà ai due gruppi, e soprattutto cosa succederà tra i due gruppi. Il gruppo dei consapevoli è per adesso in percentuale piccolissimo e non sta generando particolari problemi al Sistema, che lo etichetta e lo emargina molto facilmente isolandolo e facendolo apparire come un'anomalia di poco conto.
C'è da considerare, però, che la pandemia ha segnato una forte discontinuità col passato, uno spartiacque, un punto di non ritorno, e l'aggravarsi della triplice crisi (ecologica, economica e umana) è adesso, non solo di gran lunga accelerata, ma anche sicuramente inarrestabile.
Nel prossimo futuro, quindi nei prossimi anni, è prevedibile che il gruppo dei consapevoli cresca in modo esponenziale, uscendo dall'irrilevanza e dalla segregazione. Il Sistema probabilmente non riuscirà più a contenerli nella segregazione e dovrà prendere una decisione: o l'eliminazione diretta di tale gruppo dissidente oppure, molto più realistico e auspicabile, scendere a un qualche tipo di compromesso, magari allentando la presa su di loro, e garantedogli uno "spazio vitale culturale".
Una cosa è certa, il Sistema sta dando segni di cedimento ormai da tempo, e la pandemia ha dato un grosso scossone, provocando lacerazioni che sarà difficile rimarginare velocemente, visto anche che le crisi si sovrapporranno e si rafforzeranno a vicenda. Per restare in vita, dovrà necessariamente mantenere saldi i suoi dogmi (crescita economica, progresso tecno-scientifico, antropocentrismo) difendendoli allo stremo, anche là dove è palese che siano fallimentari, anzi là dove si evince che siano essi stessi le cause della crisi che attraversiamo, arrivando a difendere l'indifendibile, a negare le evidenze, facendo emergere una serie di paradossi e di insensatezze.
Non deve stupire, tuttavia, che molte persone, anche davanti a tali insensatezze e paradossi non si facciano delle domande, non mettano in discussione niente, non deve stupire perché dopo un vita intera, di più generazioni, vissuta nella totale e cieca fede in certi dogmi, ritenuti assolutamente incontrovertibili, è perfettamente normale che non si riesca a "vedere" con i propri occhi la realtà, che non ci si riesca a liberare di tali imposizioni culturali, un po’ per inerzia psicologica certamente, ma anche, e forse soprattutto, per una profonda, e magari inconsapevole, paura dell'ignoto.
Che cosa dovremmo fare, allora, noi che sentiamo di non appartenere più a questa società, noi che stiamo assistendo al crollo di un Sistema che da anni andavamo percependo come sempre più pervasivo? Io credo che la cosa più importante in questo momento storico sia quella di concentrare tutte le nostre forze nella costituzione di "sacche di resistenza culturale" autonome, ma alla cui base ci sia sempre e comunque un continuo e profondo lavoro su sé stessi, in cui ognuno, attraverso varie strade, coltivi la contemplazione del proprio grande io, l'io che è l'Uno e che ci unisce al Tutto. In poche parole, organizzare delle comunità di resistenza/resilienza in cui ogni membro si impegni, oltre che a un lavoro materiale e relazionale con la comunità, anche a un lavoro di risveglio interiore e di comunione con Dio.
bellissimo Luca, la strada è quella che tu tracci!!
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