Si fa sempre un gran parlare di esperti, specialmente in
questi ultimi tempi. Voce agli esperti per risolvere i problemi, serve
l’esperto in materia che ci illumini la via, l’esperto sa che cosa è giusto
fare, lasciamo a lui l’ardua sentenza.
Io credo che se ci troviamo in una situazione di crisi
strutturale è proprio perché abbiamo delegato le nostre vite ai super esperti,
ai tecnici in materia, che tutto sanno e tutto hanno visto nel loro settore di
interesse. L’esserci affidati alla superspecializzazione degli esperti ci ha
condotto a una crisi di identità, prima ancora che a una vera e propria crisi
culturale. Il super-sistema mondiale è governato da menti eccelse, con
strumenti super potenziati che solo loro sono in grado di capire e di gestire,
dobbiamo fidarci e affidarci, loro sanno dove mettere le mani, sanno che cosa
fare in ogni situazione. L’esperto è riconosciuto, in quanto tale, da tutta la
società, si può non essere forse d’accordo con lui, si può persino odiarlo e
ripudiarlo, ma non si può disconoscere il suo stato di esperto perché il
sistema lo ha generato e lo dovrà custodire per la sua sopravvivenza.
Dall’altra parte ci sono, in antitesi, i tuttologi che tutto
sanno e tutto hanno visto, non in una specifica materia, ma in tutte quante. Sanno
tutto di tutto e pretendono di dare la loro sentenza su qualsiasi argomento si
vada trattando. Sono gli esperti di tutto, come dire di nulla. Il mondo né è
pieno, basta guardarsi attorno con un po’ di curiosità per scoprirne uno in
ogni ambiente, uno in ogni circostanza. I cultori di tuttologia stanno
aumentando e quando due di loro si incontrano hanno solo due scelte: essere
d’accordo praticamente su tutto lo scibile, o farsi guerra sulla minima
sciocchezza.
Sia che si parli di tuttologi o di esperti l’aspetto che
salta agli occhi è la spiccata tendenza all’arroganza e all’egocentrismo, entrambi
aspetti che nel buddismo hanno a che fare con il mondo di collera e il mondo di
apprendimento, intimamente connessi tra di loro. Questa condizione vitale
influenza le nostre esistenze in modo pesante, impendendo una creazione di
valore che riguardi la felicità e il benessere di tutti, favorendo invece il
degrado e l’antagonismo.
Il modo per superare l’egemonia dell’esperto e l’invadenza
del tuttologo è quello di riscoprire un termine squisito ed esplicito come
quello di umiltà. Il concetto di
umiltà oggi, assieme ad altri come per esempio il termine sobrietà, è stato
affossato negativamente paragonandolo ai concetti di sottomissione,
insicurezza, debolezza. Abbiamo bisogno di ricostruire culturalmente la visione
dell’umiltà: non come mancanza di forza, e quindi come condiscendenza,
tutt’altro come grande energia interiore e
determinazione, uno stato in cui sperimentare la gioia dell’assenza di
conflittualità interiore e di conseguenza esteriore.
Questo passaggio spirituale indispensabile ci permetterà di occuparci
delle nostre vite: che sia la politica, che sia l’economia, che sia la salute,
l’arte, la cultura, la letteratura, la tecnica. Smettendo di dare la nostra
delega cieca all’esperto di turno, torneremo a decidere il nostro presente e il
nostro futuro, superando il conflitto e la separazione.
Nessun commento:
Posta un commento