«Per ridurre
significativamente il debito pubblico occorre far pagare con una tassazione
mirata chi ha lucrato su questo debito, occorre tagliare i costi della politica
[… e le spese militari], occorre bloccare le grandi opere. Tutto ciò può dare
una boccata d’ossigeno e, comunque, costituisce un’inversione di tendenza. Ma non servirebbe se contestualmente non si
eliminassero le cause che hanno portato alla formazione di debiti così
rilevanti e cioè la finalizzazione dell’economia alla crescita della produzione
di merci. Solo una politica economica e industriale finalizzata alla riduzione
dei consumi inutili e degli sprechi, solo la crescita dell’efficienza
energetica, solo lo sviluppo delle fonti rinnovabili, solo il recupero dei
materiali contenuti negli oggetti dismessi, solo il blocco della
cementificazione, sola la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente,
solo il potenziamento dei trasporti pubblici e forti limitazioni all’uso dei
mezzi privati, possono consentire alle economie dei Paesi industrializzati di
uscire dalla spirale dei debiti.
Concentrare l’attenzione
sulle speculazioni finanziarie con cui si sono ulteriormente arricchiti i
ricchi è necessario ma sarebbe fuorviante se non si mettessero in evidenza le
connessioni che le legano a questa causa strutturale. La crisi è stata sì gestita dal grande capitale finanziario, ma è stata
provocata dal modello economico e produttivo finalizzato alla crescita della
produzione di merci. Il pagamento del debito deve ricadere sulle spalle di chi
l’ha gestito speculandoci sopra, mediante una tassazione sui grandi capitali e
i grandi profitti. Il debito va pagato da loro»
Estratto da “Debiti
pubblici, crisi economica e decrescita felice” pag. 106, MDF
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