Francesca Togni, studentessa Erasmus all'Università Paris Dauphine di Parigi, sta lavorando a un progetto di confronto sulla decrescita in Italia e in Francia. Di seguito riporto l'intervista che mi ha fatto via web:
FT: Cosa facevi prima di interessarti alla questione della Decrescita e come è nato il tuo interesse per questo argomento?
FT: Cosa facevi prima di interessarti alla questione della Decrescita e come è nato il tuo interesse per questo argomento?
LM: Sono sempre stato sensibile alle
tematiche ambientali. Nel mio corso di studi in ingegneria ho scelto di
specializzarmi sui sistemi energetici proprio perché ritenevo la rivoluzione
delle fonti energetiche un cambiamento necessario. Negli ultimi anni universitari,
tra il 2009 e il 2010, alcune riflessioni mi hanno però indirizzato sempre più
a interessarmi anche delle questioni economiche e sociali, oltre che tecniche,
legate alla crisi ambientale, alla minaccia del riscaldamento globale e a tutto
ciò che ne consegue ed è interconnesso. In quegli anni ho cominciato a leggere
i primi testi sulla decrescita e pian piano ad ampliare la mia visione. In
questo processo è stata determinante anche la mia conoscenza della filosofia
buddista, dato che pratico e studio il buddismo dal 2005. All’indomani della
mia tesi di laurea, nell’estate 2010, ho buttato giù un breve testo che
racchiude i punti su cui avevo riflettuto, creando quello che poi è diventato
una sorta di manifesto del blog Decrescita
Felice e Rivoluzione Umana, che tuttora curo.
FT: Ti riconosci pienamente nella "causa dei decrescentisti"?
LM: La decrescita di per sé non è una
causa, né una scelta, la decrescita è inevitabile, come abbiamo avuto modo di
constatare noi stessi in Italia negli ultimi anni. La scelta, semmai, è tra una
decrescita infelice che conduce a sofferenze e disagi crescenti, o una
decrescita felice che, non solo permette di risolvere le crisi alla loro
radice, ma può effettivamente condurre a una società con un reale benessere
diffuso. La decrescita felice vuole essere una profonda riforma del modello
socio-economico attuale che ha profonde radici nella nostra storia e nella
nostra cultura. Questo scopo potrà essere perseguito in infiniti modi, con
infinite sfumature e in tutti gli ambiti della vita, nessuno dovrebbe restarne
escluso.
FT: Come ti impegni concretamente, nella vita reale, a portare avanti
questa causa?
LM: Le azioni per contribuire a un
cambiamento concreto sono tante, piccole e grandi che siano. Sicuramente le
prime sono quelle che riguardano il proprio stile di vita e le proprie scelte
giornaliere: mi muovo molto spesso in bicicletta, che ritengo il mezzo di
trasporto più efficiente ed efficace per le brevi distanze; sono sensibile agli
sprechi, agli eccessi e al superfluo; privilegio una dieta basata su verdure e
frutta di stagione, possibilmente biologica e prodotta localmente; mangio poca
carne; evito di fare acquisti usa e getta e con grandi imballaggi; evito il
fast food e le grandi marche; cerco di valorizzare le relazioni umane in ogni
circostanza e sviluppare una differente visione delle cose rispetto al senso
comune. Da qualche anno mi diletto nello scrivere pensieri e poesie sulle
tematiche ambientali che siano di stimolo anche per gli altri, pubblico i miei
scritti su internet e invito le persone al dibattito. Da oltre un anno ho
contribuito alla creazione di un’associazione culturale denominata Circolo
Movimento Decrescita Felice di Firenze (MDF-Firenze) con lo scopo di
condividere le idee e mettere in pratica le proposte assieme agli altri,
cercando di instaurare un dialogo e un interscambio che arricchisca tutti e che
coinvolga sempre persone nuove.
FT: Incontri delle opposizioni, delle resistenze da parte delle persone
con cui ti relazioni?
LM: In generale non c’è opposizione, piuttosto noto della difficoltà a scavalcare certi concetti culturali profondamente
radicati nel nostro immaginario, come quelli di crescita, progresso, sviluppo.
Spesso le persone recepiscono la decrescita come un rimedio alla fine
incombente, una strada dolorosa che però saremo costretti a percorrere. È la
rinuncia ciò che fa paura alle persone che sentono parlare di decrescita per la
prima volta. È ancora così difficile trasmettere una visione profonda della
decrescita felice, non come rinuncia, tutt’altro, come grande occasione per
cambiare in meglio le nostre vite, un’opportunità per fare un naturale salto
evolutivo che ci porti a godere maggiormente delle bellezze della vita e che
solo a un’analisi superficiale può apparire come un tornare indietro, uno stare
peggio, un regredire.
FT: Quando ti ritrovi a parlare o a discutere della Decrescita, quali
sono gli argomenti che sostieni per convincere che il tuo impegno è fondato e
per coinvolgere nuove persone a portare avanti questa importante causa?
LM: Secondo me, il modo più efficace
per introdurre il tema della decrescita è quello di far risaltare i paradossi e
le evidenti contraddizioni che sono presenti nella nostra società. Con
l’aggravarsi della crisi economica, ambientale e sociale questi paradossi
stanno venendo fuori sempre più frequentemente, da renderli difficilmente
ignorabili anche a persone che non sono abituate a porsi certe domande. Non
credo che ci sia il bisogno di coinvolgere le persone, né tantomeno di
convincerle, perché sono le persone stesse che, chi consapevolmente chi
inconsapevolmente, andrà alla ricerca della decrescita, di un sistema
alternativo di pensare la vita e di vivere. Saranno le circostanze stesse a far
crollare un sistema insostenibile, noi dobbiamo solo fornire gli spunti adatti
e diversificati affinché ognuno possa recepire che esiste una possibilità e
possa coglierla e svilupparla a suo modo.
FT: Come rispondi a coloro che sostengono che sei un sognatore e che
vivi in un mondo che non è reale?
LM: Questo è il nodo della questione.
Il più grosso impedimento a un reale cambiamento è proprio il fatto che la
maggior parte delle persone non lo ritiene possibile. Non è tanto una questione
di essere ottimisti o pessimisti, di essere sognatori o concreti, quanto di
capacità di pensare diversamente da quello che è la monocultura che ha
omologato il mondo intero. Pensare che questo sistema sia il migliore possibile
e che non esistano alternative è ciò che, più di ogni altra cosa, ostacola un
effettivo cambiamento su larga scala. Perciò credo che la causa più incisiva
sia quella di sviluppare una propria autonomia di pensiero e di visione,
studiando, confrontandosi, ponendosi domande davanti alle evidenze della nostra
società. Credo che mettere in discussione il sistema che abbiamo creato, e
ancor di più mettere in discussione noi stessi, sia il modo più genuino ed
efficace per poter nutrire i propri sogni e vederli realizzarsi.
FT: Come pensi che possa evolvere il movimento decrescentista in Italia?
LM: Penso che il movimento per la
decrescita felice in Italia possa diventare un riferimento sempre più
importante sul territorio locale come a livello nazionale per divulgare la
cultura della sostenibilità e per supportare politiche che guardino al futuro
in modo saggio e responsabile. Mi auguro che le persone attive nel movimento
possano crescere nei prossimi anni, sia anziani che giovani, sia lavoratori che
disoccupati, sia operai che dirigenti, che possa avvicinare le persone tra di
loro e alla loro realtà locale, che possa aumentare la consapevolezza del
valore e delle potenzialità di ogni individuo e la splendida ricchezza
intrinseca nella natura. Spero che questo movimento possa unire valorizzando le
differenze, senza nessuna appartenenza ideologica e senza nessun
preconcetto.
FT: Quali sono i nostri punti di forza rispetto agli altri paesi
europei? E quali i punti deboli?
LM: Non conosco i movimenti per la
decrescita negli altri paesi, ma sicuramente uno dei nostri punti di forza è il
fatto di avere già un buon grado di consapevolezza tra la gente. Sono già tante
le associazioni e le organizzazioni che promuovono idee “decrescenti”, sono
tante le realtà già funzionanti su paradigmi diversi. Gli italiani sono senza
dubbio uno fra i popoli più creativi e inventivi che avrà le capacità di essere tra i paesi pionieri di un cambiamento epocale in Europa e nel mondo. Un
altro grosso “vantaggio” degli italiani è la forte crisi economica e politica
che sta attraversando recentemente il nostro paese, a differenza dei paesi
nordeuropei, e che potrà essere saggiamente utilizzata come trampolino per
un’effettiva svolta su ogni fronte.
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