«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

mercoledì 30 maggio 2012

La logica della crescita

Two gust is megl che one




Quante volte vi è capitato di andare ad acquistare qualcosa e di sentirvi dire dal commesso che se ne prendete di più avrete uno sconto incredibile, un prezzo irresistibile. Addirittura certe volte comprarne di più, persino il doppio, costa meno che comprarne la metà. La vera questione però è che l’impressione che abbiamo nell’immediato è che prima di sembrarci illogico ci pare assolutamente una cosa conveniente. Perché perdersi un’occasione? Una convenienza del genere? Che faccio, pago lo stesso prezzo o poco meno per acquistare qualcosa quando con gli stessi soldi o poco più posso comprarne una quantità maggiore?? Bè, forse sarebbe illogico non cogliere l’occasione, o quantomeno sarebbe da stupidi pagare la stessa cifra e ottenere di meno. Non vi pare?

Se devo scegliere tra due o uno, meglio due, no? Tra due che costano due e tre che costano due, meglio la seconda opzione. Ovvio. Poi, se effettivamente il sovrappiù di merce acquistata serve a qualcosa oppure no, se verrà usata efficacemente per soddisfare un bisogno reale, se verrà sprecata in parte o interamente o, persino, se verrà gettata direttamente nell’immondizia, non è lecito chiederselo in una società che rincorre la crescita continua e vive nell’illusione dell’abbondanza. 

Si tratta ovviamente di uno dei tanti espedienti per favorire il mercato in situazioni di saturazione: una vera e propria educazione alla convenienza e al superfluo. Dobbiamo uscire da questo modo di pensare. L’eccesso non è un valore, e produrre spreco non crea valore, al contrario sono fattori di distruzione di valore, che insistono contro il sostentamento della vita stessa. Sono aspetti da evitare in ogni situazione. Un oggetto svolge la sua funzione quando soddisfa un bisogno reale, quando apporta un sostentamento alla vita, la supporta, l’arricchisce, la sviluppa. Il sistema che abbiamo creato si poggia sulla crescita illimitata, ne ha fatto il suo idolo. Il mercato che governa il mondo intero sopravvive solo se c’è continua crescita, è un mercato che serve l’avidità, la stupidità e la superbia degli esseri umani, non li arricchisce, non porta loro benessere e felicità, rinnega la vita e le sue manifestazione. Tale direzione porta automaticamente all’autodistruzione. Per questo il cambiamento è inevitabile ed è già in corso, nonostante non sia troppo evidente. Perseguire la sostenibilità ambientale, economica e sociale non è un’utopia, è una necessità centrale che fungerà da fulcro a questa rivoluzione.



lunedì 28 maggio 2012

La libertà di scegliere. Il karma secondo Ikeda




«Lei si domanda inoltre se i ricchi e i potenti di oggi si siano meritati la loro fortuna in virtù delle azioni commesse nel corso di vite trascorse. A tale proposito reputo necessario rammentarle che ricchezza e potere non s’identificano necessariamente con la felicità. Il buddismo insegna che la ricchezza del corpo è preferibile alla ricchezza racchiusa nel forzieri e che la ricchezza della mente è superiore a quella del corpo. Un uomo può avere denaro a profusione, e in tal senso essere “fortunato”, ma peraltro vedersi afflitto da ingiurie fisiche o mentali. In tal caso è probabile che il suo karma non sia molto elevato. Al contrario, il karma di un uomo che non fruisce di ricchezza terrene ma in compenso è sano nel corpo, conduce una vita serena e gode la stima e la fiducia degli altri membri della società umana, con ogni probabilità è un karma eccellente.

Lo status sociale attuale di un uomo non è determinato totalmente dall’immenso, indifinito intrico delle cause karmiche ereditate dal passato. Un ruolo determinante viene svolto altresì dagli sforzi da lui compiuti a partire dal momento in cui è prodotta la nascita all’esistenza che ora sta vivendo. L’uomo si giova di un grado di libertà nettamente superiore a quella concessa a ogni altro animale. Nella vita di ognuno di noi sussistono molteplici elementi karmici, alcuni dei quali sono chiari e definiti, altri soltanto probabili. L’uomo è libero. Libero, più esattamente, di scegliere se reagire ai suoi elementi karmici definiti in modo da produrre dei buoni o dei cattivi karma in funzione del futuro che lo attende. Prenda il suo caso (Peccei), a titolo d’esempio. Lei era karmicamente destinato a nascere quando il fascismo esercitava il suo dominio sull’Italia. Nondimeno ha scelto di percorrere una via che l’avrebbe portata a reagire a una siffatta congiuntura. Anziché aderire al fascismo e produrre per il futuro dei karma negativi, ha combattuto quel regime infausto per difendere la dignità umana. In tal modo, lei ha prodotto per l’avvenire dei karma positivi. Hitler ha commesso l’errore di reagire alla propria condizione in forma siffatta da dar luogo a esiti karmici nefasti. La rivoluzione umana è uno strumento che si propone di aiutare gli uomini a modificare il loro costume di vita e pertanto a reagire alle circostanze della vita stessa onde produrre esiti karmici positivi» 

Daisaku Ikeda, Campanello d’allarme per il XXI secolo
Dialogo con Aurelio Peccei, 1984

venerdì 25 maggio 2012

Uscire dal senso comune dominante attraverso il buon senso condiviso e consapevole





«Il buon senso c'era, ma stava nascosto per paura del senso comune»

Alessandro Manzoni


Il senso comune dominante in tutto il globo è quel pensiero, quella credenza interiore che ci tiene legati al sistema attuale e che non ci permette di pensare diversamente, di progettare alternative, è ciò che contrasta fortemente lo sviluppo del nostro senso della possibilità. Il sistema lavora instancabilmente per rendere il senso comune saldo e inattaccabile dall’esterno, i media sono i mezzi più potenti ed efficaci a tale scopo e da anni hanno reso un servigio davvero prezioso. 

In questa triplice crisi, ambientale, economica e sociale, qualcosa nel sistema sta cominciando a scricchiolare, e i più vispi se ne sono accorti già da tempo. Qualcosina inizia a non funzionare esattamente come dovrebbe e le falle cominciano a infittirsi, l’acqua comincia a trasudare da vari punti diventando incontrollabile. Il sistema però è progettato intelligentemente per autodifendersi e in tali casi si mette subito all’opera: come farebbe d'altronde ogni essere vivente seguendo il suo istinto di sopravvivenza. 

In una prima fase, l’unica cosa che può fare il sistema per dominare ancora è tentare in tutti i modi di ristabilire il senso comune, rafforzandolo energicamente, e per raggiungere tale fine il mezzo più potente è sicuramente quello del terrore. Seminare terrore, indistintamente, questo è uno dei tentativi più esasperati di ristabilire il pensiero unico. Annientare il senso della possibilità schiacciandolo con la paura e l’insicurezza diffusa, soffocare ogni tentativo culturale di andare oltre a ciò che fino ad oggi abbiamo creduto con estrema fiducia. 

L’altra fase, quella sicuramente più pericolosa, è che il sistema si evolva e facendo un cambiamento piuttosto radicale si mascheri sotto forma diversa senza rendersi più riconoscibile, anzi quasi innocuo, se non benevolo, agli occhi dei più. Questa è una fase che dobbiamo assolutamente evitare. Perciò è importante, fondamentale, la celerità del cambiamento, non solo la sua profondità e diffusione. In effetti, il senso comune può essere sostituito ingegnosamente da un altro sistema, fratello del precedente, con le sue stesse finalità, ma che ha forma nuova , attraente e convincente, ma solo in superficie perché la sostanza non è cambiata. 

Il modo per superare un senso comune diffuso e radicato nella nostra società è quello di intraprendere una rivoluzione culturale basata sul buon senso condiviso e consapevole. Condiviso in quanto le persone scelgono di libera iniziativa di adottare un pensiero differente, consapevole perché tale scelta deriva da un’esperienza a livello profondo, da un’interiorizzazione delle credenze, da una forte coscienza dell’importanza e del significato ultimo di un tale cambiamento. Questi due aspetti sono indispensabili e inscindibili. Il livello individuale è al centro di ogni altro tipo di cambiamento globale, a carattere ambientale, economico o sociale. Risvegliare la capacità naturale dell’essere umano di riconoscersi il ruolo di fautore del proprio destino e protagonista della propria esistenza, nonché riscoprire il proprio potenziale spirituale illimitato e l’interdipendenza di tutti i fenomeni sono le basi della vittoria contro il senso comune diffuso che schiavizza l’uomo e sopprime la sua vera essenza vitale.

lunedì 21 maggio 2012

Essere incompresi nell’era dell’abbondanza


Molti dei miei amici che mi vedono andare in bicicletta tutti i giorni pensano che lo faccia puramente per un fattore ecologico, altri pensano che io sia un gran spilorcio che vuole risparmiare su qualsiasi cosa faccia, o che sia una sorta di santone che auspica un ritorno all’età della pietra, alla clausura e all’austerità monastica. Credo che addirittura alcuni pensino che uso la bicicletta perché le mie condizioni economiche non possano permettermi di meglio. La bicicletta è comunque vista come qualcosa di arretrato e inferiore, soltanto perché è tecnologicamente più semplice e antecedente dei mezzi motorizzati, ma non per questo è meno efficiente ed efficace, anzi. Pochissimi riescono a capire cosa c’è dietro all’atto innocente di usare la bicicletta per i propri spostamenti giornalieri. Vedere esclusivamente l’aspetto ecologico o economico è riduttivo. Alle spalle di tale scelta vi è un entroterra culturale molto vasto.

Allo stesso modo, quando scelgo volontariamente di fare a meno di qualche schiavo energetico (auto, ascensore, climatizzatore …) la maggior parte delle persone pensa che lo faccia perché ho pochi soldi oppure perché sono taccagno. Tante persone mi vedono fare le scale e mi dicono subito: “c’è l’ascensore, non l’hai visto?”, si sbalordiscono sempre se scelgo di fare le scale quando c’è la possibilità di prendere un mezzo meccanico che fa tutto al posto tuo. Mi capita spesso che le persone hanno la mania di accompagnarmi in auto, quando io vorrei fare due passi perché mi fa piacere, e non credo lo facciano soltanto per buona educazione, ma soprattutto perché ritengono che usare i piedi quando non è necessario sia inopportuno, non ragionevole. Una cosa è andare in palestra o a correre nel parco, quello sì che ha una logica: smaltire il grasso in eccesso, tenersi in forma, mostrarsi in pubblico atletici e vigorosi. Ma se durante le nostre normali funzioni giornaliere rinunciamo a uno schiavo energetico siamo semplicemente dei tirchi, dei poveracci o abbiamo perso la testa. Non c’è altra spiegazione. 

È soprattutto per questi motivi che spesso mi sento isolato e incompreso. Io stesso che sono figlio di questa cultura dell’abbondanza da cui voglio uscire sto facendo sforzi. Se non ci alleniamo tutti quanti a pensare diversamente e a fare esercizi di alternative di pensiero, non potremmo mai uscire dal senso comune diffuso.




mercoledì 16 maggio 2012

Appunti dai Paesi Bassi


La cultura della bicicletta, la cultura del buon senso


Pochi giorni nei Paesi Bassi mi sono bastati per comprendere il divario culturale che esiste tra olandesi e italiani. Fino ad ora avevo sentito dire che in Olanda molti viaggiano in bicicletta, lo sapevo forse da sempre, ma andare là e poter osservare come si svolge la vita di tutti i giorni mi ha da una parte sconvolto e dall’altra incoraggiato, potenziando il mio senso della possibilità. 

Vivendo in Italia si è necessariamente condizionati dalla cultura del luogo e del tempo, secondo la quale non è pensabile usare i piedi o una bicicletta quando si ha un motorino o un’auto a disposizione, persino per pochi passi. E le ragioni di ciò sono tante tra cui spicca la ragione prettamente culturale-sociale per cui usare l’auto specie se di grande dimensioni e all’avanguardia eleva l’uomo, lo rende socialmente più attrattivo nonché superiore e progredito. Inutile negarlo, il nostro paese è pervaso ormai da anni dal mito dell’auto, che non a caso ha trascinato fino a pochi anni fa la nostra economia. 

L’altro motivo fondamentale è la schiavitù psicologica-energetica nei confronti dei mezzi di trasporto motorizzati privati, che fa comunque capo a un’intensa dipendenza rispetto a ogni sistema tecnico in grado di svolgere funzioni al nostro posto. Se l’impero romano è stato messo in crisi dalla mancanza di schiavi, che svolgevano gran parte del lavoro fisico, per la mancanza di nuove guerre, oggi il sistema è messo in crisi dalla scarsità delle fonte fossili facilmente accessibili per lo spaventoso incremento delle economie e delle popolazioni dei paesi del Sud e per la loro naturale limitatezza.

Questi due aspetti sono i principali ostacoli che dobbiamo superare per applicare una nuova cultura basata sul buon senso. 

In Olanda tutti vanno in bicicletta. Seduto a un caffè osservo la strada davanti a me. Passano biciclette in continuazione. Giovani in bicicletta, donne, uomini, anziani, anche i più piccoli. In ogni dove ci sono rastrelliere ben tenute e ben fatte (alla stazione ve ne sono persino su due piani). Le biciclette sono evolute, attrezzate di tutto punto, con borse, cestini, luci, blocchi di sicurezza, doppio sistema frenante, molte sono addobbate con fiori di plastica, che in Italia sarebbero immediatamente rubati dal primo passante. Nei negozi si vende tutta l’attrezzatura per andare in bici e le piste ciclabili sono diffuse, pulite, sgombre, senza buche o interruzioni, arrivano persino fuori dai centri urbani nei paesini limitrofi. Ci sono semafori, strisce pedonali, incroci, svincoli, una vera e propria rete stradale per le biciclette. Perché in Olanda non si va in bicicletta solo quando c’è il sole e la temperatura è confortevole, non si fanno soltanto le passeggiatine la domenica o le scampagnate di centinaia di chilometri. In Olanda la bicicletta è prima di tutto un mezzo di trasporto comune, economico, ecologico ed efficace. 

Questa cultura nasce da scelte politiche. In Italia viviamo l’opposto, anche se ultimamente, anche grazie al rincaro della benzina molte persone si stanno abituando all’uso intenso della bici in città. In una città come Maastricht, pur senza avere dati alla mano, ci rendiamo conto subito che il rapporto tra biciclette e motorini è l’esatto contrario di quello di Firenze. A Maastricht le biciclette sono ovunque per le strade e pochi i motorini, a Firenze migliaia e migliaia di motorini, distese di motorini parcheggiati ovunque e pochissime biciclette. Pensate che in Olanda i motorini viaggiano nelle piste ciclabili assieme alle biciclette senza creare confusione e disagi. Immaginate una cosa del genere in Italia: semplicemente impensabile. 

I Paesi Bassi sono anche il paese dove le droghe leggere e la prostituzione sono legalizzate. La marijuana è prodotta in Olanda per l’Olanda. Fumare uno spinello e andare in una casa d’appuntamento non è un tabù, non sarà forse considerato un'abitudine retta e salutare, ma non vi è nessun pregiudizio o preconcetto. L’Italia è l’opposto. In Italia le droghe leggere e la prostituzione sono vietate e perseguite, ma sono convinto che gli italiani sono tra i migliori consumatori di tali prodotti e servizi nel mondo intero. Pensare a un’Italia dove la prostituzione e la marijuana fossero legalizzate: semplicemente impensabile. La questione è ancora una volta principalmente culturale.

Quello di cui abbiamo bisogno perciò, in Italia come altrove, è di un rinnovamento culturale basato su un buon senso condiviso e consapevole. Liberandoci da alcune pesanti illusioni che ci legano a credenze profonde come quella che un maggior reddito e un maggior consumo energetico siano sempre e comunque desiderabili e a diretto vantaggio del nostro benessere, o come quella di credere che certi oggetti come l’auto, o i soldi più in generale, abbiano il potere intrinseco di renderci migliori, più felici, invece di sostenere che sono le relazioni che ci permettono di sperimentare un profonda gioia e un forte senso di realizzazione umana. 

venerdì 11 maggio 2012

Armaroli e Balzani per la decrescita





«Many economists seem to believe that well-being correlates with Energy consumption, that energy prices reflect all significant costs and that any societal problems can be solved by enhanced economic growth. Is it true? Several scientists are convinced that technology will solve the energy problem as well as the problems that technology itself is creating. Can we trust them?» 

«Whereas it used to be axiomatic that civilization would always progress over time, because science and technology would have solved any problem, now we are no longer sure about that. Human progress is neither automatic nor inevitable. We have to take urgent and responsible decisions right now: tomorrow might be too late. The quest for ecological and social sustainability requires every single citizen to become aware that consuming resources above a threshold of his/her real needs does not help to create a better world. Earth is in our hands: are we wise enough to develop, with the help of science and technology, an ecological sustainable civilization capable of reducing disparity and creating a more peaceful world?» 

«An old Italian proverb says that the only difference between an optimist and a pessimist is that the latter is better informed. A short-sighted optimism based on unawareness will not allow mankind to move toward a real progress. Pessimism, which arises from the consciousness of the gravity of the situation, is the right starting point: to propose solutions, we must acknowledge that there are problems and we must know them in any possible detail. There is a great need for spreading information about the unsafe conditions of our planet.
«Finding a solution to the energy problem is a challenge of utmost difficulty, but also an extraordinary opportunity. Perhaps we are still in time to change and create an Anthropocene epoch based on resource conservation, waste reduction, human relationships, and global solidarity. To achieve this epochal result, we need to educate public opinion and to find visionary leaders capable of looking far, over the planet and into the future. Our generation will ultimately be defined by how we live up to the energy challenge.» 

«In spite of these alarm bells, growth remains the magic word of narrow-minded economists and politicians. They believe that the economic growth must continue indefinitely, and therefore they incessantly press for increasing production and consumption. In affluent countries, we live in societies where the concepts of “enough” and “too much” have been removed. We do not take into account that the larger the rates of resources consumption and waste disposal, the more difficult it will be to reach sustainability and guarantee the survival of human civilization» 

«Domestic disparity is a difficult problem to solve in a society where the way of life is based on consumerism, and international disparity is a problem set aside by politicians of affluent countries to please their supporters. In the long run, however, both problems have to be tackled because disparities destabilize human society. If things so not improve, sooner or later the poor will rise up against the rich. The boost “illegal” immigration in affluent countries that lie at he boundary between the North and the South of the world (e.g., USA, Italy, Spain) is indeed a forewarning of what will happen in the international scene. Any action to restore equity should likely pass through lowering resource consumption (in particular, energy) by the rich while attempting to raise that of the poor. Our time is characterized by an unsustainable growth in an unequal world. We should try to decrease disparity, while being aware that growth based on consumption of nonrenewable resources is poised to be an ephemeral illusion.» 

«As members of mankind, we have the moral duty of contributing to solving the energy problem as a decisive step towards creating a more peaceful world. And if we are scientists, we have a great responsibility that comes from our knowledge and educational duty» 

«There are hard questions. History teaches that the pressures of the great, hard questions can bend and even break well-established principles, thereby transforming difficult challenge into unexpected, astonishing opportunities. But we should not forget that the challenge of saving spaceship Earth and its passengers needs the engagement of all of us. And we have to start right now»

 estratti da  “Energy for a sustainable world” Nicola Armaroli, Vincenzo Balzani, 2010

mercoledì 9 maggio 2012

Peccei per la decrescita



«Ad accelerare i tempi nei quali si determinano conturbanti fenomeni degenerativi del nostro ambiente globale non contribuiscono soltanto il premere della popolazione e la smaniosa volontà generalizzata di avere sempre di più e in qualunque senso sia possibile. Un ruolo preciso è esercitato altresì dall’uso indiscriminato delle tecniche moderne nell’intento di ottenere vantaggi e benefici economici nel più breve tempo possibile. […] Ciò che sembra configurarsi come un miglioramento del nostro standard di vita, in pratica non è altro che un valore effimero e anzi un danno permanente che infliggiamo a noi stessi. Tale comportamento incongruo e sconsiderato è dovuto all’uso soverchio o improprio dei nostri stessi poteri e il problema che pertanto si pone è di natura prettamente culturale. L’esperienza ha dimostrato in termini inoppugnabili che, affidando le sorti del mondo a chi di fatto vi detiene il potere – politici, tecnocrati, burocrati, affaristi, speculatori e così via – contribuiamo in modo esplicito e letale a provocare il nostro danno. Sono costoro infatti a non tenere in debita considerazione gli effetti ritardanti o indiretti esercitati dalle loro azioni sui nostri sensibilissimi sistemi ecologici e sociali. È necessario tenere a freno l’opera degli stessi ingegneri, pur capaci, nell’ambito della loro professione, di preclare realizzazioni. Oggi che la pressione esplicata dall’uomo con la sua presenza è divenuta ubiquitaria, ci troviamo a necessitare di poeti, docenti, pensatori non meno che di uomini d’azione. Ma tra quest’ultimi, forse gli agricoltori, gli agronomi, gli esperti in irrigazione ci servono più urgentemente dei meccanici, dei montatori tecnici e dei trasportatori» 

 Aurelio Peccei, estratto da “Campanello d’allarme per il ventunesimo secolo”, 1984