«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

lunedì 7 novembre 2016

Immigrazione: serve un altro punto di vista



È interessante notare che nell’opinione pubblica si trovino due visioni del fenomeno immigrazione, distinte e in netto contrasto tra di loro. Da una parte chi odia gli immigrati e li vorrebbe cacciare o ributtare in mare, dall’altra chi li accoglie a braccia aperte, quasi sempre metaforiche. Quelli della prima fazione, generalmente di destra, odiano i secondi, generalmente di sinistra, e viceversa. Ed è questa una delle poche distinzioni che ancora tiene in piedi l’altrimenti sterile e inconsistente differenziazione tra la destra e la sinistra: di fatto univocamente in accordo su altre tematiche, quali politiche del lavoro, sociali e economiche. 

Manca però un’analisi più profonda e sagace, una riflessione più ampia. Un punto di vista non naturale, tantomeno scontato. Certo è che i fenomeni migratori sono sempre esistiti nella storia e ne sono stati, in certe fasi, i protagonisti che hanno plasmato il corso degli eventi dei popoli e delle civiltà. Pensiamo alle popolazioni barbariche nordiche che invasero il continente europeo nell’epoca romana. Oggi queste popolazioni vengono da sud, ma il fenomeno è del tutto analogo. 

Prima di giudicare l’effetto che questi movimenti migratori stanno producendo in Europa, dovremmo pensare alle cause profonde, alle ragioni dell’altro, e, non per ultimo, alle nostre responsabilità, sia come società che come singoli individui parte di una società.

E le cause non sono che da cercare in una distorta e violenta colonizzazione planetaria che la cultura occidentale sta portando avanti da secoli, con la prepotenza di essere la migliore e l’unica in grado di dare un futuro all’umanità. Tutti noi lo pensiamo, perché in questa società ci siamo nati e cresciuti, e nessuno di noi, se non pochi, è pronto a mettere in discussione la propria visione del mondo e a mettersi in discussione per primo. 

Le nostri menti sono come intorpidite dal benessere e dalle comodità, dagli accattivanti tentacoli del progresso materiale, dall’abbondanza, solo apparente, dal superfluo che diventa indispensabile, dall’eccesso che non diventa mai abbastanza. Siamo come in un sonno profondo, inebetiti. I nostri occhi non vedono, i nostri orecchi non sentono. 

Occorre un ripensamento generale, un esame di coscienza. Occorre abbandonare le certezze su cui si basa la nostra cultura occidentale, e creare un approccio multiculturale, ovvero aperto a differenti alternative che non siano già preconfezionate. Occorre andare nel profondo delle nostre esistenze, tornare alla radice della nostra vita, e lì trovare lo spazio per una visione ampia, per un’apertura mentale che ci permetta di abbandonare i pregiudizi e le soluzioni facili e prendere con consapevolezza e serenità le nostre decisioni. 

Decisioni coraggiose e illuminate, che ci permettano di vivere una vita davvero nostra, felice e in armonia con gli altri e con l’ambiente. Decisioni che rivisitino il nostro stile di vita prima di tutto e il nostro modo di comportarci. Una rivoluzione, o meglio una evoluzione, culturale che non ci divida, tra chi è contro e chi è a favore, tra chi è di destra e chi è di sinistra, ma ci unisca come esseri umani che ricercano la felicità. E se di felicità si parla, questa non può che essere in accordo con quella degli altri e di tutto l’ambiente che ci circonda.


Fonte foto: Morguefile