«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

lunedì 29 luglio 2013

Io non sono pacifista



Io non sono pacifista
Perché non concepisco la guerra
Io non sono antirazzista
Perché non concepisco il razzismo
Io non sono antifascista
Perché non concepisco il fascismo

mercoledì 24 luglio 2013

Noi siamo l'ambiente


«La rotondità della testa è simile alla curva del cielo. Il calore del ventre imita la primavera e l’estate, mentre il freddo rigido della schiena copia l’autunno e l’inverno. Perciò, si dice che il corpo contenga il cielo e la terra e le quattro stagioni. Ci sono dodici articolazioni maggiori nel nostro corpo. Esse rappresentano i dodici mesi dell’anno. Ci sono trecentosessanta articolazioni minori, che rappresentano i giorni dell’anno. Il nostro respiro è il vento. Talvolta è una brezza leggera, talaltra è un vento impetuoso, come quando si sta litigando con qualcuno. I nostri due occhi rappresentano il sole e la luna. Il flusso sanguigno i fiumi. Un’emorragia cerebrale potrebbe essere descritta come lo straripamento di un fiume. La nostra carne è la terra. La nostra pelle, la superficie del suolo. I peli che ricoprono il nostro corpo, l’erba e le foreste. Il nostro cuore situato tra i polmoni si dice che rappresenti il fiore di loto dentro il nostro petto.» 

Maestro Miao-lo

lunedì 22 luglio 2013

RO 25/47: Intermezzo

Dipinto di Ciro D'Alessio



«Oggi l’uomo non è un aviatore che piloti un aereo in un cielo azzurro e senza nubi, ma un autista al volante di una macchina che divora una strada tutta curve nel cuore di una foresta impenetrabile. Come lei giustamente osserva, per affrontare validamente le situazioni imposteci dalla vita moderna, occorre associare la prontezza decisionale a una nitida visione prospettica delle conseguenze del nostro operato proiettandole nel futuro. D’altro canto è pur vero che oggigiorno i mutamenti sopravvengono a un ritmo così frenetico, che la previsione a lungo termine è necessariamente limitata. Quando occorre procedere a decisioni tempestive, la carente lungimiranza alla quale ci vediamo condannati è suscettibile di provocare catastrofi. In effetti, tecnici e scienziati si affannano ad accelerare il passo dei mutamenti che si producono continuamente attorno a noi. Secondo me l’uomo, ossia il conducente che guida l’auto lungo la strada tutta curve, non deve accelerare ma piuttosto rallentare, adottando quantomeno una velocità che gli permetta di affrontare in tempo utile il sopravvenire di curve inaspettate. 

[…]

Non sono d’accordo che la decelerazione sia impossibile. Lei dice che dobbiamo rinunciare alla nostra eccessiva e inconsulta auto fiducia e lottare per tenere a bada i fattori incontrollati che ci spingono a gran velocità lungo una strada irta di pericoli. Ma a mio parere, nel momento stesso in cui ci scuoteremo dal nostro stato di euforia occorrerà per forza di cose rallentare il ritmo della nostra marcia, e addirittura arrestarci per guardarci attorno, per orientarci nel modo più cauto e opportuno, per stabilire la direzione ottimale che dovremo seguire in vista del futuro, dopo di che riprenderemo ad avanzare, ma nel rispetto di un’andatura ragionevolmente calcolata. Lei ha ragione di osservare che molti fattori legati al nostro andamento di marcia sono intimamente intrecciati fra loro, ma è sempre l’umanità a tenere il piede sul pedale dell’acceleratore. Pertanto spetta all’uomo, purché dotato del giudizio e dell’equilibrio necessari, ridurre la pressione del suo piede e addirittura, perché no, azionare i freni. 

[…]

Questa forma di saggezza e moderazione rientra nella sfera delle nostre possibilità, a patto di non cedere all’avidità, di aver chiara visione dei nostri reali interessi e di guardare agli altri con spirito di comprensione e solidarietà. I guidatori temerari e spericolati non sono in grado di tenere la loro sorte in pugno, mentre per contro ne sono capaci – per lo meno entro una certa dimensione – quanti danno prova di obiettivo giudizio e self-control, e pertanto sono indotti a procedere con la dovuta cautela. Tali sono le virtù promosse dalla rivoluzione umana d’ispirazione buddista, giacché permettono agli uomini di mutare il corso del loro destino. 

È questo il senso della rivoluzione umana. Si tratta di un nuovo corso, non del raggiungimento di una meta. […] Pur incorrendo in comunissimi errori, gli uomini impegnati in tale rivoluzione subiscono una decisiva trasformazione interiore. Col tempo i loro tratti distintivi acquistano evidenza. Sta di fatto, comunque, che a mio modo di vedere la rivoluzione è un viaggio senza soste, non l’arrivo a una destinazione prefissata» 


Da Campanello dall’allarme per il XXI secolo, di Daisaku Ikeda


mercoledì 17 luglio 2013

Dialogo tra un decrescente consapevole e un comune mortale. Episodio tre: le vacanze


Due comuni mortali, impiegati d’ufficio, sono in pausa alla macchinetta del caffè. Siamo ancora ad aprile, ma già parlano di vacanze estive. In quel momento sopraggiunge un decrescente consapevole che dalla macchinetta del caffè prende solo dell’acqua calda in una tazza di ceramica portata da casa e si mette al tavolino per bersi una tisana di erbe biologiche. E intanto ascolta il dialogo, già incominciato, tra i due comuni mortali. 

«Quest’anno la mia settimana di ferie non la voglio sprecare a fare lavori di casa, quest’anno che ho messo un po’ di soldi da parte, me ne voglio andare in qualche bel posto lontano da qui. Io e mia moglie ci stiamo già pensando e in questi giorni prenotiamo»

«Dove di bello?» fa l’altro.

«Si pensava a Sharm el-Sheikh ci sono delle offerte per agosto che costano pochissimo» poi con un’espressione d’orgoglio aggiunge subito dopo «oppure alle Seychelles, costano un po’ di più ma penso ne valga la pena, e poi comunque è tutto incluso. Il pacchetto include pernottamento in albergo a cinque stelle, superlusso, con appartamento privato, un bagno che è più grande del mio salotto»

Il decrescente consapevole ascolta interessato, pensando che molto probabilmente il collega non sapeva neanche dove si trovassero esattamente quei luoghi e quali fossero le caratteristiche delle popolazioni e delle culture che li abitano. 

«Eh si! Ma ti conviene prenotare subito» dice l’altro con convinzione «Io ho prenotato a febbraio per agosto un pacchetto che è un’occasione unica: ce ne andiamo due settimane in Polinesia, ci facciamo un tour delle isole. Non mi chiedere quali perché ce ne sono tante che non ho mai sentito, nomi incredibili. Ma sicuro so che andremo anche alle Hawaii e sulla via di ritorno ci fermiamo qualche giorno in Messico»

«Fate bene, ci sono posti fantastici» enfatizza l’amico comune mortale «dei veri e propri paradisi terresti. E poi una volta tanto che si stacca dal lavoro conviene andare in ceri posti incontaminati, da cartolina. Per quanto costano vivi dei giorni da vero e proprio miliardario, servito e riverito in una cornice che sembra finta da quanto è perfetta»

«Devo tornare in ufficio, a dopo» fece l’altro lasciando la stanzetta della pausa.

Nell’uscire getta il bicchierino di plastica del caffè nel cestino che oramai è diventato una montagna franante di bicchierini accatastati. Ce ne saranno centinaia, e quello è soltanto il numero di una singola e normalissima giornata di lavoro, dato che molti impiegati ne prendono addirittura quattro o cinque durante le ore di lavoro. Il decrescente osserva quella montagna e il suo cuore piange dallo sconforto: quante altre pile di plastica usa e getta si stanno consumando in quel momento in tutti gli uffici della città? E del paese? E del mondo intero? Non osa chiederselo ulteriormente.

«Te che fai quest’estate? Hai già prenotato qualcosa?» chiede il comune mortale al decrescente e poi senza dargli tempo di rispondere aggiunge, come se non avesse sentito prima: «Io vedrai che andrò alle Seychelles. Ho trovato un’offerta bellissima, il mio cognato c’è stato l’anno scorso s’è trovato benissimo e ha speso meno che andare al campeggio qui vicino»

Poi si ferma di colpo attendendo una risposta decisa dell’amico decrescente.

«No, ancora non ho prenotato nulla …»

«Farai un last minute?» lo interrompe prima di sorseggiare la fine del suo caffè.

«No in realtà non credo»

«Non hai soldi da parte, eh? Anch’io l’anno scorso per via dei lavori in casa ho saltato le ferie e sono andato qua vicino al mare solo qualche giorno»

Il decrescente si sorprende nel constatare che quel “qua vicino” si riferiva in realtà a qualche centinaia di chilometri di distanza ed era da considerarsi vicino solo in riferimento ai siti tropicali di cui tutti parlavano in quel periodo. Pensa tra sé e sé: “evidentemente secondo la logica del comune mortale se non attraversi almeno un oceano non sono da ritenersi ferie ‘normali’, piuttosto ‘ferie non convenzionali’ ”. 

«No, non è neanche una questione di soldi» dice onestamente il decrescente.

«Ah» fa l’altro con un eccesso di stupore e incomprensione.

«Penso che andrò con degli amici per un viaggio a piedi sull’appennino, lo attraversiamo a piedi con tappe flessibili, ci prendiamo tanti giorni di tempo e dormiamo nei rifugi»

«Ah, anche io ho fatto delle escursione. Pensa che in un giorno mi sono fatto quasi cinquanta chilometri, e sono arrivato primo nel nostro gruppo»

Il decrescente pensa come tutto, nella logica del comune mortale, sia riconducibile sempre e comunque alla competizione. 

«No, noi ce la prendiamo con calma. Siamo un gruppo abbastanza grande ci sono anche famiglie con bambini piccoli. Ci piace attraversare i boschi e goderci la natura senza essere invasivi»

Queste ultime parole il collega comune mortale probabilmente non le sente proprio, o non le vuole sentire. Guarda l’orologio, e in un frangente saluta e se ne torna a lavoro con passo rapido, gettando al volo il suo bicchiere di plastica sul culmine della montagna che sovrasta il cestino. Il bicchierino rimbalza goffamente, facendo crollare l’intero cumulo che si sparge di colpo su tutto il pavimento.

mercoledì 10 luglio 2013

Narciso e Boccadoro



"Una volta Narciso disse pensieroso: «Imparo molto da te, Boccadoro. Comincio a comprendere che cos’è l’arte. Prima mi pareva che, in confronto col pensiero e con la scienza, non fosse da prendere troppo sul serio. Pensavo press’a poco così: poiché l’uomo è una dubbia mescolanza di spirito e materia, poiché lo spirito gli schiude la conoscenza dell’eterno, mentre la materia lo trascina in basso e lo incatena a ciò ch’è transitorio, egli dovrebbe cercare di staccarsi dai sensi e di entrare nel mondo spirituale, per levare la sua vita e darle significato. Affermavo bensì di apprezzare altamente l’arte, per consuetudine, ma in realtà ero superbo e la guardavo dall’alto in basso. Ora soltanto vedo quante vie ci sono per giungere alla conoscenza, e quella dello spirito non è l’unica e forse neppure la migliore. È la mia vita, certo: e rimarrò in essa. Ma ti vedo per la via opposta, la via dei sensi, cogliere il mistero dell’essere altrettanto profondamente, ed esprimerlo con molta più vivezza di quel che possano la maggior parte dei pensatori».

«Capisci ora», disse Boccadoro, «che io non posso intendere che cosa significhi pensare senza rappresentazioni».

«L’ho capito da un pezzo. Il nostro pensare è un continuo astrarre, un prescindere dal mondo sensibile, un tentativo di costruzione d’un mondo puramente spirituale. Tu invece cogli nel cuore ciò che vi è di più instabile e mortale e riveli il senso del mondo proprio in quello ch’è transitorio. Tu non prescindi da questo, ti dai tutto ad esso, e per questa tua dedizione esso diventa ciò che vi è di più alto: il simbolo dell’eterno. Noi pensatori cerchiamo di avvicinarci a Dio staccando il mondo da lui. Tu ti avvicini a lui amando e ricreando la sua creazione. Sono entrambe opere umane e inadeguate, ma l’arte è più innocente.»

«Non so, Narciso. Voi pensatori e teologi però mi pare riusciate meglio a spuntarla con la vita, a difendervi dalla disperazione. Io non t’invidio più da un pezzo, amico mio, per la tua scienza, ma t’invidio per la tua tranquillità, per la tua equanimità, per la tua pace.»

«Non dovresti invidiarmi, Boccadoro. Non c’è una pace così come tu la intendi. C’è la pace, senza dubbio, ma non una pace che alberghi durevolmente in noi e non ci abbandoni più. C’è solo una pace che si conquista continuamente con lotte senza tregua, e tale conquista dev’essere rinnovata di giorno in giorno. Tu non mi vedi lottare, non conosci le mie battaglie nello studio e neppure quelle nella cella delle preghiere. È bene che tu non le conosca. Tu vedi solo che io sono soggetto meno di te agli umori variabili e credi che ciò sia pace. Ma è lotta, è lotta e sacrificio, come ogni vera vita, come anche la tua»"

Tratto da Narciso e Boccadoro, di Hermann Hesse