Alla tipica domanda “Cosa vuoi fare da grande?” i ragazzetti di ogni generazione hanno sempre risposto tipicamente “l’astronauta, il calciatore, la ballerina, il dottore, il cantante rock” e quant’altro. Ma da grandi le risposte potrebbero essere più o meno le stesse alla domanda “cosa vorresti più di ogni altra cosa?”, gli adulti potrebbero dire “tanti soldi, il successo, la realizzazione personale, la fama, tante donne, tante esperienze profonde” e via discorrendo.
Ognuno di noi nasconde dentro di sé dei piccoli e grandi sogni personali, ognuno se li porta avanti come meglio credo con la tenue speranza che forse un giorno arriverà, o comunque potrebbe arrivare. Altri lottano strenuamente per realizzare le proprie aspirazioni, ne fanno il loro motivo di vita, si dedicano con tutto se stesso, a volte anche con scopi filantropici, e solo alcuni ci riescono.
Chi vorrebbe essere un cantante di fama, chi uno scrittore, chi un attore, chi un artista, chi vorrebbe essere una stella di Hollywood, chi un personaggio dello sport, della tv, della politica, chi vorrebbe raggiungere i gradini più alti della popolarità e del successo, chi vorrebbe fare delle scoperte eccezionale, inventare o progettare qualcosa che risolva tutti i problemi dell’umanità.
A un certo punto mi sono chiesto, ma c’è davvero spazio per i sogni di tutti? Potremmo tutti realisticamente realizzare i nostri desideri? Costruire cioè un mondo pieno di cantanti di successo, astronauti, poeti, scrittori, calciatori, veline, tutte persone affermate e realizzate? Riuscite a immaginarvelo voi ? Io no, proprio non ci riesco, almeno in questo condizioni.
Poi mi è venuta in mente la celebre canzone “Uno su mille ce la fa” ed ho pensato a quanto la nostra società e quindi il nostro entroterra culturale sia dominato dal mito della competizione come miglior mezzo per lo sviluppo e l’evoluzione umana. Ovvero il successo di uno è possibile solo a discapito di altri novecentonovantanove. Perciò ho capito che un tale sistema sociale e culturale è stato pensato proprio per non permettere a tutti di realizzare i propri sogni e quindi favorire la competizione in modo da sfruttarla a favore di pochi, e di dare ai più l’illusione della ricerca di qualcosa che non hanno come stimolo per continuare a sopportare un sistema degenere che in realtà non fa altro che schiavizzare le loro menti.
Credo, quindi, che solo uscendo dall’attuale modello di pensiero, che vede la competizione come strumento indispensabile all’evoluzione, possiamo naturalmente e liberamente ricercare i nostri veri desideri e realizzarli a pieno senza nessuna forma di compromesso o di contrasto con i desideri altrui. Questo tipo di cambiamento condurrà l’umanità verso una nuova epoca evolutiva. Ne sono certo.
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