«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

giovedì 22 settembre 2011

Il viaggio che ti porta più lontano è quello dentro di te

[Per una critica del viaggio (… d’evasione)]




Pensiamo a tutti i voli che partono e atterrano ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. In tutto il mondo merci e persone si spostano a velocità elevatissime, spesso fanno giri incredibili per tornare poi al punto di partenza, spesso inutilmente. Le offerte last minute si spingono in ogni parte del globo, nei “paradisi terrestri” (ancora per poco), confinanti con le realtà locali spesso sfruttate e deturpate delle loro preziose risorse, con prezzi sempre più “convenienti” per godersi le vacanze artificiali lontani dal traffico e dallo stress cittadino al quale oramai ci siamo abituati. 

Pensiamo a quanti gas sono emessi da ogni volo direttamente nell’atmosfera, pensiamo a quanti litri di combustibile pregiato vengono divorati, moltiplichiamo il tutto per il numero dei viaggi di un giorno e per tutti i giorni che passano. 

Semplicemente un delirio. 

Sono ogni giorno più convinto che la nostra società “moderna” sta correndo sempre più veloce e sempre più inutilmente, smarrita nella propria voracità e nella propria auto-flagellazione, verso nessuna meta, poiché non ne esiste una. Le uniche cose a cui correremo incontro sono senza ombra di dubbio i limiti fisici del nostro pianeta e i disagi derivanti dagli squilibri che stiamo generando incoscientemente. 

Il viaggio che ci conduce più lontano, e che in definitiva a un vero senso proprio, è il viaggio dentro se stessi. Non c’è bisogno di toccare ogni angolo della terra per comprendere la complessità e la profondità della vita che permea ogni fenomeno in qualsiasi luogo. Inoltre per entrare a contatto con culture e civiltà differenti e molto lontane dalla nostra non è strettamente necessario spostarsi in altri continenti in quanto tantissime città oggi sono multietniche: è molto più facile entrare in contatto umano e scambiare pensieri e opinioni con un filippino restando nella propria città piuttosto che farsi un viaggio attorno al mondo. 

L’uomo “moderno” ha fatto grandi passi verso la conoscenza scientifica e le sue applicazioni (per il suo benessere ma anche per la sua distruzione), tanti sono stati gli sforzi e le conquiste in tale campo nell’ultimo secolo. Ancora poco o pochissimo è stato invece percorso lungo il sentiero della spiritualità e dei rapporti umani basati sulla solidarietà e sulla compassione: in poche parole l’uomo ha perseguito un forte sviluppo scientifico e tecnologico ma ha assolutamente tralasciato, se non in certi casi abbandonato, il proprio sviluppo umano. 

Ridimensionare i nostri viaggi all’estero, specie nei paesi più sfruttati del mondo, e ridurre drasticamente i trasporti di merci, specie se inutili o meramente speculativi, tornando invece all’importanza degli aspetti spirituali e relazionali sarà un tassello decisivo per la costruzione di una nuova era di “sviluppo” per il genere umano. 

Concludo aggiungendo alcuni brani scelti estratti da “Il libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa, riguardanti la tematica del viaggio. 


«L’idea di viaggiare mi nausea. Ormai ho visto tutto ciò che non avevo mai visto. Ormai ho visto tutto ciò che non ho ancora visto. Il tedio del costantemente nuovo, il tedio di scoprire, sotto la falsa differenza delle cose e delle idee, la perpetua identità del tutto, la somiglianza assoluta fra la moschea, il tempio e la chiesa, l’uguaglianza della capanna al castello, lo stesso corpo strutturale nell’essere un re vestito e un selvaggio nudo, l’eterna concordanza della vita con se stessa, la stagnazione di tutto quello che vivo si sta verificando, solo per il fatto di muoversi» 

«La rinuncia è liberazione. Non volere è potere. Cosa altro mi può dare la Cina che la mia anima non mi abbia già dato? E, se la mia anima non me lo può offrire, come potrà offrirmelo la Cina, se è con la mia anima che vedrò la Cina, se la vedrò? Potrei andare a cercare ricchezza in Oriente, ma non la ricchezza dell’anima, perché la ricchezza della mia anima sono io, ed io sto dove sto, con o senza Oriente» 

«Eterni viandanti di noi stessi, non esiste altro paesaggio se non quello che siamo. Non possediamo nulla, perché non possediamo neppure noi stessi. Non abbiamo niente perché non siamo niente. Verso quale universo potrei mai tendere la mano? L’universo non è mio: sono io» 

«Che cos’è viaggiare e a che cosa serve viaggiare? Qualsiasi tramonto è il tramonto; non è necessario andarlo a vedere a Costantinopoli. La sensazione di liberazione, nasce forse dai viaggi?Posso averla andando da Lisbona a Benefica e provarla in modo più intenso di colui che va da Lisbona fino alla Cina, perché se la liberazione non è dentro di me, secondo me, non è da nessuna parte. “Qualsiasi strada”, ha detto Carlyle , “persino questa strada di Entepfuhl, ti porta fino alla fine del mondo”. Ma la strada di Entepfuhl, se venisse percorsa tutta e fino alla fine, tornerebbe a Entepfuhl; di conseguenza Entepfuhl, dove già ci troviamo, è quella stessa fine del mondo che cercavamo. Condillac inizia così il suo celebre libro: “per quanto più in alto possiamo salire e per quanto più in basso possiamo scendere, non usciamo mai dalle nostre sensazioni”. Non sbarchiamo mai da noi stessi. Non arriviamo mai all’altro, se non facendoci altri con l’immaginazione sensibile di noi stessi. I veri paesaggi sono quelli che noi stessi creiamo, perché così, quali loro dèi, li vediamo come veramente sono, cioè come sono stati creati. Non è nessuna delle sette parti del mondo che mi interessa e che posso davvero vedere: l’ottava parte è quella che percorro e che è mia. Chi ha solcato tutti i mari ha solcato solo monotonia di se stesso. Io ho già solcato più mari di chiunque altro. Ho già visto più montagne di quante ne esistano sulla terra. Ho attraversato più città di quelle esistenti e i grandi fiumi di mondi inesistenti sono scorsi, assoluti, sotto i miei occhi contemplativi. Se viaggiassi, incontrerei la copia sbiadita di quanto ho già visto senza viaggiare» 

«Un uomo, se possiede la vera sapienza, sa godere dell’intero spettacolo del mondo da una sedia, senza saper leggere, senza parlare con nessuno, solo con l’uso dei sensi e con l’anima che non sappia essere triste»

Nessun commento:

Posta un commento