«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

lunedì 20 luglio 2015

Il pianeta Terra ai tempi di Kosen Rufu - parte 10/13



Progetto Crono.

Giorno cinque. 

Nicholas mi è venuto a svegliare presto stamattina. 

Mi ha detto: «Svelto, vestiti che ho prenotato i biglietti del treno»

Andiamo alla stazione e partiamo con un treno, rapido e silenzioso. 

«Tutto a energia solare» mi dice con soddisfazione Nicholas. 

«E di notte come fate?»

«Di notte i consumi sono minimi, sono più che sufficienti le turbine posizionate nelle cascate dei fiumi e i motori a biogas che utilizzano tutti gli scarti organici della città»

Usciamo in breve dalla città. La campagna è totalmente immersa nel verde, ed anche qua le persone si spostano a piedi e in bicicletta o con mezzi a pedali. 

«Dove andiamo?» chiedo con trepidazione.

«È una sorpresa» e non aggiunge altro. 

Il viaggio dura poco più di un’ora. Il paesaggio adesso è totalmente cambiato. Ci sono pochi alberi e si respira un’aria pesante. Attraversiamo un piazzale lastricato e ci troviamo davanti a delle torri e delle mura fortificate. Un grosso portone sta al centro e sopra di esso una scritta rossa: “Parco regionale dell’era pre-transizione”. Rimango sbigottito. 

«Che cos’è?»

«Questo è uno dei pochi feudi rimasti in questa regione. Dopo il collasso ambientale ed economico degli anni venti, sono sorti in tutto il mondo dei veri e propri feudi moderni. Con l’indebolimento dei governi nazionali, le persone più ricche e influenti si sono dotate di armamenti ed eserciti e hanno costruito mura attorno alle loro proprietà. Agglomerati urbani e territori interi sono stati così preservati nel tempo. All’interno di questi feudi le persone lavoravano per il padrone, chi come contadino, chi con altri servigi, proprio come nel Medioevo. Questo feudo in particolare è stato lasciato intatto anche dopo la Grande Transizione perché racchiudeva un’intera città ben conservata, e adesso è adibito a parco protetto, una sorta di museo a cielo aperto. In questo posto potrai vedere come usavano vivere oltre cinquant’anni fa le persone. È molto interessante, tutti i ragazzi vengono portati qua in gita. E notando che sei così interessato alla storia, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere visitarlo»

«Sicuramente»

Varchiamo la soglia di ingresso al parco. Attorno a noi non ci sono molte persone, se non qualche gruppetto di giovani che segue le spiegazioni di quella che pare una guida. 

Su alcuni cartelli è scritto ben in evidenza: “Parco artificiale protetto”, “Entrata libera, si prega di mantenere un comportamento rispettoso e di non toccare niente”, e ancora “Per la vostra sicurezza seguite il tracciato colorato”. 

Mi ritrovo immediatamente nel bel mezzo di una città: strade asfaltate, macchine parcheggiate ovunque, semafori, lampioni, cartelloni pubblicitari, spazzatura ovunque, scritte sui muri di enormi palazzi, poi infondo alla strada principale, a qualche isolato di distanza, si scorgono grattacieli e negozi con grosse insegne al neon. Tutto inerte, tutto spento, tutto silenzioso. 

Ci inoltriamo nella giungla urbana, seguendo una striscia colorata sull’asfalto. 

Nicholas mi spiega che le città non erano pensate per gli esseri umani. 

«Le città erano pensate e progettate per le automobili. Ogni parte della città era ricoperta di materiale grigio impermeabile per permettere il transito delle automobili. Ogni persona ne possedeva una: una macchina ingombrante, inquinante e molto pericolosa, che arrivava a pesare anche oltre dieci volte il peso di una singola persona»

Mi fa vedere un incrocio, dove è simulato un ingorgo di traffico.

«Le automobili erano così tante che occupavano tutto lo spazio e si bloccavano sempre creando dei blocchi. Le persone stavano dentro le auto, ben chiuse. Pochissime erano le persone che andavano a piedi, spesso le persone più povere che non avevano i soldi per comprarsi un auto, che comunque desideravano ardentemente possedere»

Mi spiega il funzionamento dei segnali stradali, dei semafori. Poi entriamo in un enorme piazzale stracolmo di automobili. 

«Venivano chiamati “parcheggi” erano ampie zone piene di macchine ferme. Spesso le persone dovevano pagare per tenere la propria auto ferma in un parcheggio e ci voleva tanto tempo per trovare un posto»

Visitiamo anche l’interno di un’abitazione. Qui, dice Nicholas, la macchina che faceva da padrona era la televisione, poi sostituita in parte dai computer e da apparecchi mobili sempre più avanzati.

«Le persone vivevano in grandi edifici suddivisi in piccole stanze. Si chiamavano “appartamenti”. Tutto era studiato per isolare le persone e metterle in competizione. Era molto difficile entrare in relazione con gli altri e persino nelle mura di casa le conversazioni erano rarissime, dato che ognuno aveva il suo televisore o apparecchio elettronico con il quale interferire»

In alcune stanze sono ricreate le situazioni familiari tipiche di quell’era: ci sono fantocci davanti alla televisione, altri davanti a un computer, altri ancora che giocano con videogiochi di realtà virtuale. 

Il tour del parco prosegue nell’area industriale, dove si possono visitare fabbriche e grandi capannoni. 

«Il mondo pre-transizione era basato sullo sfruttamento indiscriminato di tutte le risorse della Terra. Si era arrivati a produrre sempre più velocemente e si doveva perciò consumare sempre più velocemente, fino a che il sistema è crollato su sé stesso» mi spiega ancora Nicholas.

In conclusione, arriviamo alla ricostruzione di una discarica: una montagna di rifiuti reali si alza per metri e metri sopra di noi. Accanto un edificio con tante ciminiere. Nicholas lo indica e mi dice: «Quello là è un inceneritore, una delle follie più grandi dell’uomo. Dato che produrre e consumare sempre più aveva fatto sì di accumulare grandi quantità di rifiuti, pensarono bene di bruciarli, andando a peggiorare pesantemente la situazione dell’inquinamento già molto grave»

Mentre torniamo verso casa, sul treno Nicholas si accorge che mi sono fatto più cupo e pensieroso e mi dice: «So che vedere tutto questo non è stato bello, perciò per stasera ho pensato a qualcosa per tirarti un po’ su il morale» e sorride.

Nessun commento:

Posta un commento