«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

mercoledì 10 luglio 2013

Narciso e Boccadoro



"Una volta Narciso disse pensieroso: «Imparo molto da te, Boccadoro. Comincio a comprendere che cos’è l’arte. Prima mi pareva che, in confronto col pensiero e con la scienza, non fosse da prendere troppo sul serio. Pensavo press’a poco così: poiché l’uomo è una dubbia mescolanza di spirito e materia, poiché lo spirito gli schiude la conoscenza dell’eterno, mentre la materia lo trascina in basso e lo incatena a ciò ch’è transitorio, egli dovrebbe cercare di staccarsi dai sensi e di entrare nel mondo spirituale, per levare la sua vita e darle significato. Affermavo bensì di apprezzare altamente l’arte, per consuetudine, ma in realtà ero superbo e la guardavo dall’alto in basso. Ora soltanto vedo quante vie ci sono per giungere alla conoscenza, e quella dello spirito non è l’unica e forse neppure la migliore. È la mia vita, certo: e rimarrò in essa. Ma ti vedo per la via opposta, la via dei sensi, cogliere il mistero dell’essere altrettanto profondamente, ed esprimerlo con molta più vivezza di quel che possano la maggior parte dei pensatori».

«Capisci ora», disse Boccadoro, «che io non posso intendere che cosa significhi pensare senza rappresentazioni».

«L’ho capito da un pezzo. Il nostro pensare è un continuo astrarre, un prescindere dal mondo sensibile, un tentativo di costruzione d’un mondo puramente spirituale. Tu invece cogli nel cuore ciò che vi è di più instabile e mortale e riveli il senso del mondo proprio in quello ch’è transitorio. Tu non prescindi da questo, ti dai tutto ad esso, e per questa tua dedizione esso diventa ciò che vi è di più alto: il simbolo dell’eterno. Noi pensatori cerchiamo di avvicinarci a Dio staccando il mondo da lui. Tu ti avvicini a lui amando e ricreando la sua creazione. Sono entrambe opere umane e inadeguate, ma l’arte è più innocente.»

«Non so, Narciso. Voi pensatori e teologi però mi pare riusciate meglio a spuntarla con la vita, a difendervi dalla disperazione. Io non t’invidio più da un pezzo, amico mio, per la tua scienza, ma t’invidio per la tua tranquillità, per la tua equanimità, per la tua pace.»

«Non dovresti invidiarmi, Boccadoro. Non c’è una pace così come tu la intendi. C’è la pace, senza dubbio, ma non una pace che alberghi durevolmente in noi e non ci abbandoni più. C’è solo una pace che si conquista continuamente con lotte senza tregua, e tale conquista dev’essere rinnovata di giorno in giorno. Tu non mi vedi lottare, non conosci le mie battaglie nello studio e neppure quelle nella cella delle preghiere. È bene che tu non le conosca. Tu vedi solo che io sono soggetto meno di te agli umori variabili e credi che ciò sia pace. Ma è lotta, è lotta e sacrificio, come ogni vera vita, come anche la tua»"

Tratto da Narciso e Boccadoro, di Hermann Hesse

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