«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

mercoledì 2 novembre 2011

Lo spreco non crea valore



Uscire dalla crescita utilizzando consapevolmente.
Scienza della sobrietà (parte uno)

«I beni non rinnovabili devono essere usati solo se sono strettamente indispensabili e anche allora solo con la massima cura e la più meticolosa attenzione per la loro conservazione. Impiegarli in modo distratto e stravagante è un atto di violenza e, anche se la nonviolenza non è del tutto ottenibile su questa terra, l’uomo ha nondimeno il dovere imprescindibile di tendere all’ideale nonviolento in ogni suo atto» E.F. Schumacher da “Piccolo è bello”

Nel sistema economico odierno lo spreco ha un valore economico, esattamente quanto l’utile. L’economia non distingue tra perdita, utilizzato e spreco: tutto ciò che è consumato è di fatto stato prodotto e perciò comporta una crescita della produzione, creando una crescita economica positiva dovuta a un aumento delle risorse monetarie disponibili. La nostra economia e di conseguenza la nostra società trae ricchezza e sostentamento dalle perdite e dagli sprechi, ciò è un paradosso intrinseco nel nostro sistema attuale. Noi viviamo anche grazie alle nostre mancanze e alle nostre cattive abitudini.
Quando si sfrutta una risorsa, che sia primaria o secondaria, essa deve essere trasformata o comunque impiegata o distribuita in modo tale da poter divenire utile per un certo fine. In tale processo avviene una certa perdita, che va a diminuire la risorsa sfruttabile detta utile, la cui parte effettivamente utile, vale a dire della quale si beneficia in modo sostanziale, si può chiamare utilizzata mentre la restante parte si indica con il termine spreco. Questa semplice distinzione è riportata nel seguente diagramma semplificato.



La perdita che riguarda il processo di trasformazione e che è termodinamicamente inevitabile, si riduce mano a mano che la tecnologia permette dei miglioramenti nell’efficienza dei sistemi, definita come rapporto tra l’utile ricavato e la quantità di risorsa impiegata. Ridurre le perdite è sicuramente una delle priorità del momento, e il fatto che si parli tanto di efficienza energetica ed efficienza di processi è buona cosa, ma soffermarsi solo su tale aspetto è mera cecità o incoscienza.
Lo spreco di cui viviamo è la più grande offesa alla nostra vita, alle persone che ci stanno attorno e al mondo intero come nostro ecosistema. Lo spreco non può essere che scoraggiato e perseguitato, come fosse un demonio dal quale rifuggire.
Oltre allo spreco, la parte utilizzata potrebbe ancora essere ridotta a due sottoinsiemi complementari: parte utilizzata consapevolmente e parte utilizzata incoscientemente. La seconda parte è formata essenzialmente dai nostri modi di vivere oltre i limiti e senza regole di parsimonia che fanno della società dell’abbondanza una società divoratrice di risorse e materialista, nonché superficiale e infelice. La piena consapevolezza della propria impronta ambientale e della propria coscienza in quanto esseri umani che condividono un pianeta in armonia e pace, basandosi su criteri di sobrietà e convivialità non imposti, compone la prima parte, quella sulla quale dovremmo focalizzarci e costruire il nostro futuro come esseri viventi che interagiscono costantemente con la terra e le sue risorse, per farne sempre un uso accorto e saggio.



A differenza dell’efficienza tradizionale (ovvero dell’efficienza di primo principio) che considera soltanto la perdita nel processo di trasformazione, un’analisi ulteriore potrebbe prendere in analisi un nuovo indice di valutazione determinato dal rapporto tra la quantità utilizzata consapevolmente e la risorsa di partenza, tale indice potrebbe assumere il nome di efficienza di sobrietà del sistema. Questo permetterebbe di centrare gli sforzi tecnico-culturali nel minimizzare fortemente oltre che le perdite anche gli sprechi e gli utilizzi incoscienti, raggiungendo un uso realmente razionale e saggio delle risorse.

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