«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

giovedì 15 settembre 2011

La sfida per un mondo migliore

Prima parte dell'articolo uscito sulla rivista Buddismo e Società numero 148 (settembre-ottobre): http://www.sgi-italia.org/riviste/bs/

È oramai ben noto che i nostri ritmi di crescita attuali non sono sostenibili e perciò risultano indesiderabili. È stato calcolato che se volessimo garantire a tutta la popolazione mondiale uno stile di vita come quello degli statunitensi, che rappresentano ancora oggi l’avanguardia della ricchezza economica, occorrerebbero cinque pianeti con le caratteristiche della Terra [1]. Sebbene prendendo in considerazione stili di vita meno consumistici questa stima si abbassi, resta evidente il fatto che lo sviluppo economico e industriale di cui l’occidente si serve per costruire ed espandere il “progresso” della nostra civiltà è quanto meno da rivedere se non da mettere in discussione a partire dalle sue fondamenta.

Il tutto è aggravato da una continua crescita della popolazione e dalla distribuzione iniqua delle risorse: il 20% della popolazione mondiale consuma oltre l’80% delle risorse disponibili. «Il livello di vita attuale dei paesi del Nord è permesso dal regolare saccheggio dei paesi del Sud» [8] scrive Nicolas Ridoux, e finché soffocheremo ogni tentativo di autonomia nei paesi ingannevolmente e ingenuamente chiamati “in via di sviluppo”, parlare di solidarietà e di “aiuti umanitari” sarà solo uno squallido stratagemma per non affrontare il problema alla radice e poter lavare i nostri pesanti sensi di colpa. 

Il sistema economico mondiale è una macchina complessa il cui fine ultimo è la creazione di profitto monetario, sempre più a discapito dell’ambiente naturale e degli esseri viventi che lo abitano. L’impronta ecologica del nostro sviluppo sta assumendo dimensioni rilevanti che potranno presto mettere in pericolo la sopravvivenza stessa dell’umanità. Tanti oggi ne parlano, ma pochi sembrano veramente cogliere la problematica con serietà e disponibilità a reagire in modo efficace. 

Mentre l’inquinamento aumenta, le risorse disponibili (materiali ed energetiche) diminuiscono, la povertà dilaga e i disastri ambientali si fanno sempre più frequenti, la crisi economica che stiamo attraversando è un chiaro sintomo di un sistema che è prossimo al suo auto-annientamento. Fenomeni complessi come l’immigrazione, le guerre civili, la disoccupazione, la globalizzazione, la crescita della violenza e delle malattie possono apparire in prima analisi separati tra di loro, o comunque affrontabili con strategie dedicate e indipendenti. A un accorto esame in realtà ogni fenomeno di tale grandezza e complessità è strettamente legato e interconnesso agli altri, dai quali trae origine e/o viene influenzato a sua volta. Seppur ogni fenomeno nasca e si sviluppi in ambiti diversificati e distanti, si crea inevitabilmente una rete di cause ed effetti nella quale è difficile districarsi, ma davanti alla quale invece è così facile sentirsi inermi e rassegnarsi. 

La chiave per trasformare una tale situazione di impotenza di fronte ai terribili e oscuri meccanismi che manovrano il mondo risiede, a mio avviso, proprio in ciò che il movimento della Soka Gakkai chiama “rivoluzione umana”. Soltanto partendo dal singolo essere umano, dalla sua responsabilità in quanto elemento costituente la società, dal suo inter-essere con tutto l’ambiente circostante, è possibile ottenere un cambiamento reale che coinvolga tutti gli ambiti della nostra esistenza. Daisaku Ikeda scrive: «Attraverso una trasformazione spirituale interiore le persone possono risvegliarsi a un autentico senso di sacralità della vita, che contrasta l'indifferenza e la sfiducia nei confronti dell'esistenza che sono alla radice di tutti gli errori della società contemporanea. Questa trasformazione interiore è quindi la base per realizzare allo stesso tempo la felicità individuale e una società pacifica» [3].

Questo tipo di rivoluzione non è mai stata tentata dagli esseri umani in tutta la loro storia su questo pianeta. Oggi siamo davanti a una grande opportunità, spetterà a noi saperla cogliere. La storia ci insegna che davanti alle crisi il cambiamento è inevitabile, ma il tipo di cambiamento sarà determinato dallo stato vitale di base dell’umanità, perciò tocca a noi intervenire per cambiare la tendenza umana che ciclicamente ci conduce verso disastri dominati dalle guerre e dalle violenze. 

In un suo recente saggio sulla relazione vita-ambiente Ikeda scrive: «Rivoluzionando la propria esistenza e la società lungo la linea indicata dalla via del bodhisattva si può aprire una pagina di speranza per il futuro. Le persone con la mente disposta alla via del bodhisattva sono consapevoli del mondo che li circonda, perciò sentono profondamente la preoccupazione per qualunque cosa esista nella biosfera – anche per forme lontane nello spazio e nel tempo» [6].

La via del bodhisattva dovrà essere percorsa in coerenza con il nostro ambiente vitale e con le leggi che lo regolano, per questa ragione la trasformazione dello spirito umano dovrà essere seguita parallelamente da una rivoluzione del modo di concepire e condurre la nostra esistenza sulla Terra. Accanto a una sorta di risveglio interiore, quindi, occorre necessariamente un cambiamento coerente del nostro comportamento nella società. 

Ciò che non abbiamo ancora capito è che una crescita infinita non sarà mai possibile in un mondo finito, in cui le risorse sono limitate e il loro uso indiscriminato e sconsiderato ha forti ripercussioni a livello ambientale, sociale ed economico. La Terra ha limitate quantità di aria e di acqua pulita, lo stesso vale per il terreno fertile, per le piante, gli animali, i materiali estraibili dalle sue viscere. Tutto è finito, numerabile. Inoltre, come insegna la termodinamica, ogni nostra azione comporta un degrado energetico inevitabile (legge dell’aumento dell’entropia [4]). L’umanità dovrà risvegliarsi a queste verità, dovrà tornare a ripensare il suo ruolo nell’ecosistema, non come essere dominante ma come parte integrante di un unico universo vivente. 

Per tale motivo, una delle domande fondamentali da porsi individualmente per realizzare un futuro migliore sarà: sono disposto, e fino a che punto, a mettere in discussione il mio stile di vita e il mio modo di concepire la mia esistenza su questo pianeta?

Luca Madiai 

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Riferimenti bibliografici:

1] Armaroli Nicola , Vincenzo Balzani – Energy for sustainable world – Wiley and sons
2] Bartolini Stefano – Manifesto per la felicità – Donzelli Editore
3] Buddismo e Società n. 132
4] Georgescu-Roegen Nicholas – Bioeconomia. Verso un'altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile – Bollati Boringhieri
5] Gesualdi Francesco – Sobrietà, dallo spreco di pochi ai diritti per tutti – Feltrinelli Editore
6] Ikeda Daisaku – Vita e ambiente una prospettiva buddista – SGI Quarterly luglio 2010
7] Latouche Serge – La scomessa della decrescita – Feltrinelli Editore
8] Ridoux Nicolas – La decrescita per tutti – Jaca Book
9] Thich Nhat Hanh – L’unico mondo che abbiamo – Terra Nuova Edizioni 
10] Hamilton Robert – Come salvare il mondo in 200 piccole mosse – Leggere Editore
11] Einstein Albert – La crisi secondo Albert Einstein

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