«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

mercoledì 20 luglio 2011

La paura del tempo libero

foto: Morguefile

Per una critica del lavoro e un elogio dell’ozio


«Ciò che l’uomo moderno teme di più è ciò che in passato lodava di più: il riposo, il distacco dalle passioni e dalle ambizioni» Giorgio Bocca

L’uomo moderno ha paura del tempo libero, ne è terrorizzato. Spesso addirittura gareggia con gli altri a chi lavora di più: 10, 12, 14 ore al giorno sono “normali”, anzi sono sintomo di benessere. Lavorare tanto fa bene: prima di tutto fa bene all’economia, che cresce con il Pil, poi fa bene alla nostra pancia che aumenta all’aumentare della ricchezza immagazzinata, la maggior parte della quale non ha alcuna utilità pratica.

Finché c’è lavoro dobbiamo lavorare. Che fine abbia il nostro lavoro? Non importa. Che qualità abbia il nostro lavoro? Tanto meno. Quante persone oggi vivono per lavorare, il lavoro è diventato l’idolo principale, ancora prima del denaro. Il lavoro non come espressione di sé, di genialità, non come creazione di valore, ma meramente come occupazione del tempo, come alternativa ideale per contrastare la minaccia dell’aumento di tempo libero dovuta al progresso tecnologico.

Dopo lavoro infatti, meglio riempirsi di altre cose da fare: palestre, corsi serali, aperitivi, telefonate inutili, finti impegni, espedienti per non permettere alla vita di rallentare di entrare nella sua naturale armonia con l’ambiente.

La gente di oggi ha paura del tempo libero, non lo vuol proprio vedere, non vuole avere a che fare con esso. Avere del tempo libero, del tempo per se stessi significherebbe ascoltarsi, relazionarsi con il proprio io profondo. E anche nelle sporadiche vacanze che facciamo, dobbiamo avere impegni su impegni: gite, escursioni, avventure, sport estremi, cavalcate, percorsi impervi, cene, distanze chilometriche da fare, discoteche, girare, girare a vuoto, tanto per girare.

Se ci fermassimo in una panchina di un giardinetto qualunque, magari quello sotto casa che non abbiamo mai notato prima, allora ci accorgeremo che gli uccellini stanno cantando per noi, il vento sta frusciando per noi, una formica ci sta carezzando il braccio camminandoci sopra, ci accorgeremo che gli alberi hanno delle chiome verdi di luce sopra le nostre teste e ci proteggono, ogni foglia è un riparo.

Questo dovrebbe essere un esercizio da fare ogni giorno prima di recarsi a lavoro, con calma, senza fretta. Ma correre ogni giorno e fermarsi per un solo istante per rendersi conto di essere totalmente vuoti, scontenti e ingrati è talmente spaventoso che l’uomo “lavorante” non può assolutamente rischiare di cadere in tale tranello.

Sì, perché oggi siamo abituati a dare un valore di mercato a tutto ciò che ci circonda, e ci sono folli, non ritenuti tali, che addirittura vorrebbero mercificare l’aria, il cielo, l’acqua. E allora il tempo libero che valore avrebbe? Nessuno, anzi avrebbe un valore negativo, dato che sottrae tempo (risorsa economica) al lavoro che invece crea ricchezza monetaria.

Il paradosso è evidente, perciò mi sento di gridare: viva l’ozio!! Viva la conquista di maggior tempo libero come atto di democrazia e libertà per ogni singolo individuo. Evviva la lentezza! Che ci libera dalla schiavitù della fretta e dello scadere del tempo concesso. Viva cinque ore di lavoro al giorno, viva le piccole distanze, viva le piccolezze, le banalità, viva l’ingenuità delle scoperte scontate. Viva il pensiero astratto, la fantasia, viva lo star a fissare per ore lo stesso paesaggio.

Viva una vita a dimensione umana!!!


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