«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

lunedì 28 febbraio 2011

DFRU: E' tutto un mangia mangia, parte 9/30



Il sistema produttivo pervertito crea ingenti quantità di cibo, tonnellate di cibo, principalmente prodotto nei paesi del Sud del mondo e completamente consumato e sprecato nei paesi del Nord del mondo. Guardiamoci attorno, guardiamo il frigorifero di casa nostra, entriamo nei supermercati, osserviamo ciò che abbiamo a disposizione di carrello, ciò che compriamo e ciò che mangiamo. Mai come adesso la nostra società sta producendo e consumando quantità enormi di carne, di frutta, di cereali senza tener conto dei limiti del nostro pianeta, senza tener conto degli sprechi, senza tener conto della distribuzione iniqua del cibo, la fonte di sussistenza della nostra vita come esseri viventi (e non come esseri consumanti).
Le nostre pance sono sempre rotonde, sempre piene, i sovrappeso sono in aumento, siamo tutti più che sovralimentati. E ogni prodotto che troviamo al supermercato ha decine e decine di differenti marche, differenti sapori, differenti colori, differenti provenienze e differenti confezioni. Tutto assortito, tutto colorato, tutto luccicante, grasso, abbondante, invitante, conveniente. Tutto questo alla faccia dei popoli che soffrono la malnutrizione e bevono acque luride.
Mia nonna mi diceva da piccolo: «Finisci il piatto che ci sono bambini che muoiono di fame». Io ho sempre pensato che gli avrei lasciato volentieri qualche minuzzolo di pane, e non capivo mai il motivo per cui se c’era chi moriva di fame io dovessi mangiare anche per lui. Dietro la mia ingenuità era celata una grande verità e una grande ingiustizia.
I nostri cani e i nostri gatti sono grassi pure loro, invece di consumare i nostri avanzi che sono tanti e che finiscono nei rifiuti, vengono nutriti con carne in scatola spesso prodotta e sottratta alle popolazioni del Sud del mondo, costrette in condizioni alimentari pessime, anche a causa nostra. Latouche scrive: «Finché l’Etiopia e la Somalia saranno costrette, mentre infuria la carestia, a esportare alimenti per i nostri animali domestici, finché noi ingrasseremo il nostro bestiame con la pasta di soia prodotta sulle ceneri delle foreste amazzoniche, noi soffocheremo qualsiasi tentativo di reale autonomia nel Sud» [19].
Il grasso che accumuliamo è simbolo della nostra arroganza, della nostra avidità, non possiamo nasconderci dietro ai ma e ai però ancora a lungo. Dobbiamo cambiare, cambiare stile di vita innanzitutto. Mangiare più salutare, mangiare meno, mangiare più frutta e verdura di provenienza locale, mangiare carne solo due volte a settimana, non dobbiamo più comprare acqua in bottiglia, dobbiamo alzarci da tavola sentendoci sazi anche se il nostro stomaco reclama ancora cibo. Dobbiamo poi cambiare modo di produrre il cibo, dobbiamo tornare a insegnare e imparare l’arte di coltivare la terra, di far crescere le piante e le verdure di cui abbiamo bisogno, di auto-produrre il maggior numero di alimenti e oggetti che possiamo. Questo significherà anche maggior cura del paesaggio, maggior genuinità dei nostri alimenti, maggior soddisfazione nel mangiare, nonché riacquistare capacità e conoscenze andate perse con le ultime generazioni e ritornare a ripopolare le campagne abbandonando il caos delle grandi città.
Ma la conseguenza più importante dell’autoproduzione sarà quella di aumentare la nostra indipendenza dal denaro.

Nessun commento:

Posta un commento