«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

martedì 20 dicembre 2016

Il ruolo della donna oggi: emancipazione o uniformazione?



La paura delle differenze: ovvero l'uniformazione culturale


«Molte conseguenze sociali della differenza tra i sessi nel genere umano sono radicate nella biologia e non possono essere liquidate come illusione, ingegneria sociale o indottrinamento politico. Un errore fondamentale che ha permeato la civiltà occidentale, ma non ancora l’Asia: vale a dire la tesi, evidentemente falsa, che tutte le differenze tra uomo e donna sono “costrutti sociali”. La gente deve imparare che eguaglianza non implica identicità. Uno più quattro dà lo stesso risultato di due più tre, ma le due addizioni sono diverse. Mi piacciono allo stesso modo le arance e le mele, ma questi due frutti non sono uguali. Dovremmo amare i nostri figli allo stesso modo, ma loro non sono uguali. Yin e yang sono uguali nella loro complementarietà, ma ovviamente non sono la stessa cosa.

Analogamente, garantire alle donne pari diritti e opportunità non significa che le donne diventeranno la stessa cosa degli uomini. Né la maggior parte delle donne vorrebbero esserlo. Qualità quali l’empatia rendono le donne impareggiabili come facilitatrici di dialogo e mediatrici di pace. Gli uomini spesso adottano una posizione ostile, che inibisce la comunicazione e può intensificarsi fino a sfociare in un conflitto. Le donne adottano spesso una posizione empatica, che stimola la comunicazione e smorza il conflitto.

Mentre gli uomini sono spesso assorbiti da associazioni astratte di idee, le donne tendono a focalizzarsi su relazioni interpersonali concrete all’interno della famiglia, del luogo di lavoro e della comunità. Tessono e rammendano tessuti familiari e sociali, dai quali dipende buona parte del nostro benessere»

Lou Marinoff – Qualunque fiore tu sia sboccerai


Nella deriva culturale progressista e materialista le differenze di genere diventano un'ingiustizia sociale da abbattere, per cui il ruolo dell'uomo e della donna, la famiglia, la paternità e la maternità sono stravolti. 

Il femminismo, ovvero la lotta per affermare i diritti delle donne, si è trasformato nel conseguimento dell’uguaglianza in tutto e per tutto con l'uomo, o meglio dell’identità tra i generi. La paura delle differenze è sfociata in una cultura maniacale del "siamo tutti uguali", anzi "dobbiamo essere tutti uguali", ed è finita con una eliminazione ossessiva di tutte le differenze, fisiche e culturali, in nome del progresso e del politically correct, tutto avvolto da una coltre di ottimismo progressista e di melliflua ipocrisia.

Stiamo praticando una forma di uniformazione culturale, oramai da secoli, che adesso, negli ultimi decenni, ha visto raggiungere livelli preoccupanti. 

Nel caso delle differenze di genere, è sempre più evidente come la monocultura proponga una visione della donna che non si emancipa da una società fallocentrica, bensì, proprio per entrare in piena regola in una società maschilista, si fa essa stessa uomo, accogliendo in sé e facendo proprie tutta una serie di caratteristiche e aspetti che sono per lei distanti e innaturali. 

La donna per essere accettata socialmente si fa uomo, compiendo così una doppia ingiustizia: non solo non si emancipa pienamente, rimanendo oggetto di una cultura consumistica che fa della donna una merce, ma rinuncia anche alle sue peculiarità per assorbire quelle prettamente maschili: la donna aggressiva, la donna combattente, la donna superficiale, la donna egoista. 

Nessuno sta dicendo che le lotte per emancipare la donna siano da condannare. Tutt'altro. La donna ha vissuto, soprattutto in alcune culture, e mi spiace dirlo quella islamica non è l'unica perché quella occidentale non è stata e non è tutt'oggi da meno, una sottomissione culturale e una compressione del suo ruolo e delle sue caratteristiche. 

Un nuovo mondo e una nuova società potranno emergere solo nell'equilibrio e nell'armonia tra le differenze e non nel loro appiattimento. Il femminile, inteso come tutta una serie di aspetti peculiari delle donne ma presenti anche nell'uomo, dovrà trovare la sua emancipazione culturale mantenendo la sua originale e naturale identità, e non rinunciandovi e trasformandosi in ciò che non è. 

La società occidentale, quella che ha conquistato l'intero pianeta, è oramai da secoli e secoli dominata dalla prevalenza del maschile, sbilanciata fortemente verso tratti maschili, reprimendo quelli femminili: quali la cura, le relazioni, la solidarietà, la protezione, la sensibilità.

Solo rigettando questo fenomeno di uniformazione culturale, figlia dell'ideologia della crescita eterna, che crede di ottenere la parità e l'uguaglianza abbattendo ogni differenza sostanziale, e lasciando piena libertà di espressione e quindi equilibrio e armonia tra le differenze, di genere o di qualunque altro tipo, potremo costruire una società per la felicità di tutti. Nessuno escluso.


fonte foto: pixabay


lunedì 7 novembre 2016

Immigrazione: serve un altro punto di vista



È interessante notare che nell’opinione pubblica si trovino due visioni del fenomeno immigrazione, distinte e in netto contrasto tra di loro. Da una parte chi odia gli immigrati e li vorrebbe cacciare o ributtare in mare, dall’altra chi li accoglie a braccia aperte, quasi sempre metaforiche. Quelli della prima fazione, generalmente di destra, odiano i secondi, generalmente di sinistra, e viceversa. Ed è questa una delle poche distinzioni che ancora tiene in piedi l’altrimenti sterile e inconsistente differenziazione tra la destra e la sinistra: di fatto univocamente in accordo su altre tematiche, quali politiche del lavoro, sociali e economiche. 

Manca però un’analisi più profonda e sagace, una riflessione più ampia. Un punto di vista non naturale, tantomeno scontato. Certo è che i fenomeni migratori sono sempre esistiti nella storia e ne sono stati, in certe fasi, i protagonisti che hanno plasmato il corso degli eventi dei popoli e delle civiltà. Pensiamo alle popolazioni barbariche nordiche che invasero il continente europeo nell’epoca romana. Oggi queste popolazioni vengono da sud, ma il fenomeno è del tutto analogo. 

Prima di giudicare l’effetto che questi movimenti migratori stanno producendo in Europa, dovremmo pensare alle cause profonde, alle ragioni dell’altro, e, non per ultimo, alle nostre responsabilità, sia come società che come singoli individui parte di una società.

E le cause non sono che da cercare in una distorta e violenta colonizzazione planetaria che la cultura occidentale sta portando avanti da secoli, con la prepotenza di essere la migliore e l’unica in grado di dare un futuro all’umanità. Tutti noi lo pensiamo, perché in questa società ci siamo nati e cresciuti, e nessuno di noi, se non pochi, è pronto a mettere in discussione la propria visione del mondo e a mettersi in discussione per primo. 

Le nostri menti sono come intorpidite dal benessere e dalle comodità, dagli accattivanti tentacoli del progresso materiale, dall’abbondanza, solo apparente, dal superfluo che diventa indispensabile, dall’eccesso che non diventa mai abbastanza. Siamo come in un sonno profondo, inebetiti. I nostri occhi non vedono, i nostri orecchi non sentono. 

Occorre un ripensamento generale, un esame di coscienza. Occorre abbandonare le certezze su cui si basa la nostra cultura occidentale, e creare un approccio multiculturale, ovvero aperto a differenti alternative che non siano già preconfezionate. Occorre andare nel profondo delle nostre esistenze, tornare alla radice della nostra vita, e lì trovare lo spazio per una visione ampia, per un’apertura mentale che ci permetta di abbandonare i pregiudizi e le soluzioni facili e prendere con consapevolezza e serenità le nostre decisioni. 

Decisioni coraggiose e illuminate, che ci permettano di vivere una vita davvero nostra, felice e in armonia con gli altri e con l’ambiente. Decisioni che rivisitino il nostro stile di vita prima di tutto e il nostro modo di comportarci. Una rivoluzione, o meglio una evoluzione, culturale che non ci divida, tra chi è contro e chi è a favore, tra chi è di destra e chi è di sinistra, ma ci unisca come esseri umani che ricercano la felicità. E se di felicità si parla, questa non può che essere in accordo con quella degli altri e di tutto l’ambiente che ci circonda.


Fonte foto: Morguefile

lunedì 10 ottobre 2016

Conferenza Economia della Felicità a Firenze: un successo



«Da un lato, io vedo coloro che pensano di riuscire a superare la nostra triplice crisi con i metodi correnti, solo con una loro più massiccia applicazione; io chiamo costoro “quelli della corsa in avanti”. Dall’altro lato, ci sono quelli che cercano un nuovo stile di vita, che tentano di tornare a certe verità fondamentali sull’uomo e sul suo mondo; io chiamo costoro “quelli che tornano al focolare”»

E.F. Schumacher – Piccolo è bello


Lo scorso 2 ottobre si è tenuta a Firenze l'ottava Conferenza Internazionale per l'Economia della Felicità. Nel momento di culmine, in sala, oltre mille presenze: un vero successo.

La giornata ha visto partecipare, oltre ai cittadini e ai relatori da tutto il mondo, decine di associazioni che si muovono attorno ai temi di un'economia differente da quella a cui ci siamo abituati, soprattutto negli ultimi decenni, un’economia che si poggi su una società equilibrata, rispettosa dei limiti della natura, giusta, in una parola: felice.

La giornata è stata l'occasione per riaffermare con forza i principi alla base di un'economia della felicità: localizzazione piuttosto che globalizzazione, collaborazione e relazioni umane piuttosto che competizione e isolamento, armonia con la natura piuttosto che distruzione della natura, sobrietà e semplicità volontaria piuttosto che ostentazione e consumismo, piccole e utili opere piuttosto che grandi e impattanti opere: tutti elementi espressivi di una nuova cultura, di una nuova visione della vita e del mondo.

Come ha dichiarato uno dei relatori durante la conferenza: oggi nella società non si distingue più tra chi è “di destra” e chi è “di sinistra”, schieramenti oramai anacronistici e fuorvianti, al servizio dello stesso modello di pensiero, piuttosto si delinea sempre più una marcata distinzione tra chi crede ancora che questo sistema sia il migliore possibile, o comunque l’unico possibile, e perciò lo sostiene e lo incoraggia, e quelli invece che non credono più in un tale sistema economico-sociale e si battono quotidianamente per un’alternativa, o meglio per una varietà di alternative possibili.

Un cambiamento culturale che si fa, non solo urgentemente necessario, ma forse anche inevitabile. Un cambiamento che è già parte di noi, che è già in noi, e che aspetta solo di essere rivelato e attuato. 

Con questa splendida giornata abbiamo dato espressione al nostro desiderio di cambiamento e abbiamo fatto un altro, se pur piccolo, passo in avanti in tale direzione.


lunedì 4 luglio 2016

L'Economia della Felicità - Ottava Conferenza e Raduno Internazionale - 2 ottobre - Firenze



In questo momento storico, in cui un sistema economico-sociale, basato sul profitto e sulla crescita indiscriminati, sta dominando l’intero pianeta e sta minando le fondamenta della vita stessa, imponendo la propria influenza in ogni ambito e determinando i nostri destini, crediamo che sia necessaria una presa di coscienza collettiva per promuovere un vero cambiamento culturale. 

Domenica 2 Ottobre a Firenze si terrà l'Ottava Conferenza e Raduno Internazionale dell’Economia della Felicità, la prima volta in Italia. Saranno presenti pensatori d’eccezione e attivisti di livello mondiale, oltre che italiano, con il sostegno e la partecipazione di innumerevoli associazioni e movimenti del nostro territorio. 

Sarà questa un'occasione unica per riflettere assieme e rilanciare un forte messaggio di cambiamento verso una nuova visione della società e del mondo: per allontanarsi da un’economia della crescita guidata dalle multinazionali e muoversi verso economie locali al servizio delle persone e del pianeta. Allo stesso tempo sarà un’occasione per scoprire le iniziative che hanno luogo in tutto il mondo, fonti d’ispirazione per riappropriarsi delle nostre economie, comunità ed ambienti naturali.

Il programma include presentazioni, discorsi, discussioni, workshop il cui scopo è quello di essere di ispirazione e di favorire il pensiero critico. Le precedenti sette edizioni hanno avuto tutte un enorme successo. Sono state accolte come un antidoto contro la rabbia, la chiusura mentale e la disperazione che caratterizza questo periodo.

Il cambiamento partirà dal basso, dalla partecipazione e dal contributo di ognuno. Partecipa e sostieni anche tu l’evento.

Tutte le informazioni sull’iniziativa a questa pagina.


lunedì 27 giugno 2016

Destra e Sinistra: davvero ha ancora senso parlarne?



Destra e Sinistra. Davvero ha ancora senso parlarne? Oppure è una distinzione del tutto funzionale al Sistema, alla monocultura dominante?

Due secoli di industrializzazione pesante, quarant'anni di guerra fredda tra blocchi politici-economici contrapposti e quasi trent'anni di globalizzazione sfrenata dovrebbero averci insegnato qualcosa.

In un mondo post-industriale e post-moderno, dove l’operaio e l’ingegnere hanno la stessa paga e sono entrambi schiavi di un sistema ben più grande di loro, un sistema che non ha volto, non ha nazionalità e ancora peggio non ha appartenenza politica; in un mondo in cui il superfluo è diventato indispensabile e l’eccesso non è mai abbastanza, dove tutto cambia tranne ciò che davvero conta, dove la tecnologia fa passi da gigante e realizza l’impossibile ma peggiorano le condizioni di vita generali delle persone, dove la crescita economica è osannata come una divinità che appare solo quando vuole lei; in un mondo sempre più complesso, in cui si cerca di gestire la complessità sezionando, dividendo, separando, cercando di dominare su tutto e tutti, pretendendo la conoscenza e il controllo di tutto e di tutti: quali sono le vedute culturali, i progetti politici, o più semplicemente le idee?

Se ci pensiamo bene l’unica differenza sostanziale esistente oggi tra Destra e Sinistra è la differenza di sterile e banale retorica nei riguardi di temi come l’immigrazione e l’integrazione culturale, o quelle dell’omosessualità e delle discriminazioni di genere. A Destra si odiano immigrati e omosessuali, si inneggia alla famiglia e ai valori di un tempo, dall’altra si amano immigrati e omosessuali, si inneggia alla libertà assoluta di ogni individuo, alla parità (o identità) tra i sessi.

Si tratta comunque sempre di argomentazioni senza alcuna sostanza, si tratta da un lato di propaganda dura e pura, e pure cruda, e dall’altro di propaganda mielosa, buonista e ipocrita. Tutto allo scopo di mantenere una risibile differenza di facciata tra due correnti “culturali” e politiche che di fatto sono, oggi come mai, le due facce della stessa medaglia: la monocultura.

Che andasse a finire in questo modo era evidente. Doveva esserlo anche diversi decenni fa. C’è qualcuno che effettivamente lo aveva capito in tempi non sospetti (Tolstoj). Destra e Sinistra sono nate con l’industrializzazione, con l’era della crescita infinita, e finiranno con essa. Una dalla parte del capitale, l’altra del lavoratore, le due funzioni della produzione: poiché, fin dall’inizio, nessuno ha mai considerato gli ecosistemi degni di nota. Di fatto però sono sempre stati d’accordo sull’espansione incontrastata dell’economia industriale, della distruzione degli ecosistemi del pianeta, sul paradigma progressista, sull’assoluta cieca fede nella scienza e nella tecnologia, su una cultura ego-centrica, ancora prima che economico-centrica. È stato nell’equilibrio tra queste due forze che il mondo degli ultimi due secoli si è evoluto e si è trasformato a ferro e fuoco prima e a ferro e petrolio poi. Fino a giungere a una netta prevalenza dell’una sull’altra, sull’inglobamento e l’omologazione culturale che ha portato alla deriva economico-politica degli ultimi trent’anni.

Un'unica grande cultura del progresso sta dominando univocamente tutto il globo, senza regole, senza limiti, senza freni. Persino i singoli stati-nazione non hanno più alcuna rilevanza. Tutto è superiore, tutto è interconnesso in una rete fitta controllata da un pugno di multinazionali. Un mondo dominato da un’economia basata sul profitto, spesso un profitto a cui, nella realtà, non corrisponde niente. Un’economia di distruzione planetaria in cambio di sempre meno vantaggi tangibili e sempre più disagi, che se pur invisibili nella maggior parte dei casi, si faranno sempre più gravi.

In questo scenario, è ovvio che la Sinistra usi la retorica legata all’immigrazione e alle questioni di genere per emergere, per distinguersi, per giustificare la sua esistenza, e al contempo la Destra usi gli stessi temi con argomentazioni opposte per favorire questa dicotomia apparente e impelagare la gente con dibattiti inconcludenti e non sostanziali. Di fatto, il loro programma in termini di politiche economiche e sociali è per lo più identico, semplicemente si tratta di seguire l’evoluzione del Sistema.

In questo scenario, è ovvio che l’alternativa non è tra Destra o Sinistra, fazioni di un vecchio sistema oramai superate, ma tra chi ha ancora fede in questo Sistema, nel sistema basato sulla crescita economica, e chi invece ha perso questa fede o non ce l’ha mai avuta ed è in cerca di un modello culturale nuovo, aperto e non unidirezionale, in cui non esistono certezze, come quella del progresso eterno, ma infinite possibilità.

venerdì 24 giugno 2016

La commedia "ì posto fisso gl'è monotono" in scena a luglio!




La mia commedia fiorentina, scritta due anni fa, e liberamente scaricabile, libera da diritti d'autore, andrà in scena a luglio e agosto grazie al lavoro della Compagnia del Sorriso. Il ricavato degli spettacoli sarà devoluto interamente alla Fondazione Meyer.

La commedia mette in scena una tipica situazione odierna in cui un giovane plurilaureato è alle prese con la ricerca di un lavoro, quanto meno dignitoso. Non mancano risate e gag esilaranti. 

Ecco le date previste:

sabato 2 luglio ore 21:30 Festa del Volontariato - Montale (PT)
mercoledì 13 luglio ore 21:30 Circolo ricreativo Fontanelle (PO)
giovedì 21 luglio ore 21:30 Circolo Arci Paperino (PO)
domenica 24 luglio ore 21:30 Circolo 29 Martiri - Figline (PO)
sabato 6 agosto Piazza Europa - Abetone (PT)


Commedia: I' posto fisso gl'è monotono
Enrico è un ragazzo con laurea e master che non riesce a trovare lavoro ai tempi della crisi. Tuttavia tra peripezie e disavventure riuscirà a trovare la sua strada. 
Commedia fiorentina in quattro atti.

lunedì 23 maggio 2016

Ha senso essere animalisti?



Le ultime affermazione del Papa sul rapporto con gli animali e le reazioni che sono seguite mi hanno fatto riflettere su alcuni aspetti che riguardano la nostra società dell’abbondanza.

Cosa significa essere un vero animalista? E chi è il vero animalista?

Spesso si sentono affermazioni e si vedono comportamenti definiti “animalisti” ma che a mio avviso di animalista non hanno nulla. Persone che mettono gli animali (alcuni animali, mica tutti) davanti agli esseri umani, che trattano i propri animali come fossero esseri umani, che ritengono gli animali perfetti esseri viventi a confronto degli uomini che invece sono corrotti e cattivi.

A mio modo di vedere, parlare di animalismo e animalisti, come di ambientalismo e ambientalisti ha poco senso, in quanto non si può catalogare la vita in delle scatole e considerare solo alcune componenti della vita come privilegiate: l’ecosistema terrestre, e se vogliamo, l’intero cosmo, è un’unica entità in continua evoluzione dinamica. Chi riconosce questa entità in sé stesso, e la sente pulsare di vita, la riconosce in ogni altra cosa, dentro e fuori di sé: la vede in un fiore di campo, la vede in un insetto, in un verme, in una goccia d’acqua, nello sguardo di un cane. Chi riconosce questa entità e ne percepisce la profondità la venera, la protegge, la rispetta, la considera sacra. Tutto è interconnesso: sarà una banalità dirlo, e forse anche pensarlo, ma altrettanto banale non è sentirlo, percepirlo, e ancora meno sperimentarlo.

Essere animalista perché si amano i cani, o un cane, o i gatti, o un gatto, o perché ci fanno tenerezza i cuccioli ha poco senso se poi nella nostra vita quotidiana, in ogni nostro gesto, in ogni nostra scelta è insita una minaccia diretta o indiretta al nostro ecosistema terrestre. Diciamo di amare i cani e i gatti, perché ci piacciono, ci fanno compagnia , ci danno affetto, ma poi usiamo l’automobile per fare cento metri, beviamo l’acqua in bottiglie di plastica che proviene da migliaia di chilometri di distanza, utilizziamo oggetti usa e getta con non curanza, usiamo prodotti chimici altamente tossici e nocivi e li disperdiamo nell’ambiente come se fossero acqua fresca: siamo complici direttamente e indirettamente, più o meno consapevolmente di un sistema economico-sociale che sta letteralmente devastando ogni forma di vita su questo pianeta, a cominciare da quelle invisibili. Molti si preoccupano della salute e del trattamento degli animali da compagnia, o degli animali negli zoo e nei circhi, ma delle innumerevoli varietà di animali selvaggi estinti o in pericolo di estinzione, o ancora dell’infinità di esseri viventi microscopici che stiamo sterminando chi si preoccupa? Chi si è mai posto il problema?

Nelle nostre vite sregolate e nelle nostre scelte quotidiane che comportano livelli di impatto ambientale devastanti, chi si sente un vero animalista?

Quello che oggi molto spesso si definisce come comportamento animalista è spesso il frutto di una deriva culturale nella quale il contatto umano e le relazioni umane autentiche sono ostacolate perché in un’economia di mercato tutto può essere messo in vendita, a tutto si può dare un valore, e più c’è scarsità di tale bene e più il suo valore cresce. Perciò è economicamente conveniente sviluppare una società in cui le relazioni umane siano sempre più impossibilitate, per fare in modo che le relazioni stesse diventino una merce venduta a caro prezzo. Conviene limitare gli spazi di socializzazione spontanea e gratuita; conviene non costruire più piazze nelle città ed erigere centri commerciali progettati ad hoc dove il numero delle panchine è rigidamente studiato; conviene stimolare un uso massiccio e personalizzato della tecnologia per dare l’illusione della facilità di comunicazione, anche a distanza, allontanando di fatto le persone tra di loro; conviene che la gente passi le sue sere davanti alla tv senza conversare, senza uscire ad incontrare i propri simili; conviene che ognuno abbia un proprio veicolo per gli spostamenti, bello comodo e pieno di tecnologia “utilissima” che rende più piacevole e privo di contatti umani il proprio viaggio, sempre più lungo a causa del traffico; conviene usare l’aria climatizzata in auto, in ufficio e in casa, anche quando fuori c’è una bella giornata, perché così siamo costretti a sigillare bene porte e finestre; conviene prendere l’ascensore piuttosto che fare le scale rischiando di incrociare qualcuno; conviene persino sostituire i commessi del supermercato con macchine automatiche che non sbagliano mai il resto; conviene poi fare la spesa online in modo da non dover uscire proprio da casa; conviene aprire locali notturni con musica assordante e con scarsa luminosità in modo che neanche a gesti sia possibile comunicare con gli altri; conviene anche che per appagare il proprio bisogno d’affetto, che storicamente è sempre stata una forma gratuita di scambio tra esseri umani, sempre più persone preferiscano dotarsi di animali e animaletti con cui non litigano mai, non hanno mai discussioni accese, e a cui dedicano cure straordinarie e dispendiose.  
È ben noto tra l’altro che la persona infelice e sola tende a consumare di più e ad essere d’aiuto perciò all’economia di mercato. Perché la persona sola e infelice deve acquistare la sua felicità e la sua compagnia: o meglio deve acquistare dei surrogati appositamente creati. Deve acquistare la felicità sottoforma di superfluo, di eccesso, di abbondanza. Deve acquistare la compagnia sottoforma di rinunce della propria spontaneità per aderire a convenzioni sociali affermate, a codici comportamentali riconosciuti.

Occorre perciò fare un passo oltre l’ambientalismo e l’animalismo, concepire e sviluppare una nuova visione del mondo, fondata sulla sacralità di tutto ciò che esiste e sullo stabilire un equilibrio dinamico e armonioso tra tutte le componenti che si riesce a distinguere: che non sono altro che piccole onde dello stesso immenso oceano di vita. 


venerdì 20 maggio 2016

Le voci dei giovani - parte tre



Commenti dei ragazzi delle medie al racconto "Sulle civiltà, una storiella"

"Questa “storiella”, come la chiama Luca Madiai, l’autore, è talmente potente e significativa che anche un marziano venuto dalla Terra, leggendo questo documento, sarebbe in grado di capire l’andazzo politico ed economico del Pianeta. Un'aspetto che mi ha colpito particolarmente è stato la similitudine del petrolio, che in questo periodo, fra l’altro è oggetto di dibattito nella nostra società; è stato infatti promosso un referendum sulla durata delle trivellazioni per la sua estrazione. Nel racconto di Madiai il petrolio viene paragonato a delle pasticche per ottenere le quali siamo capaci di ogni azione, così come nel racconto Scienza e Tecnologia derubano di notte la cucina di Natura. 
Spero che Luca Madiai abbia il tempo di scrivere una storiella come questa, ma con personaggi e temi diversi, perché sono convinto che lui con le sue lettere possa rieducare la popolazione e molti di noi, compreso me, che ne hanno bisogno!!!!

Alessandro


Questa breve storia rappresenta benissimo quello che sta accadendo nel mondo. L’Occidente rappresenta un po’ l’egoismo, lo sviluppo, in questo caso grazie al petrolio, ma anche la distruzione del “Ristorante Madre Terra”, che rappresenta il mondo. Nella storia pian piano muoiono di fame il signor Oriente e tanti altri. La storia finisce con la distruzione del ristorante e così la Scienza e la Tecnologia aiutano la signora Natura a risistemare il locale. Ciò significa che Scienza e Tecnologia sono molto utili, perché aiutano e servono il signor Occidente, ma in altri casi possono distruggere il mondo, come succede quando rubano alla signora Natura le pillole di petrolio.

Sofia


Questo testo mi ha fatto capire che non dobbiamo essere tirchi ed egoisti come il signore Occidente che oltre a mangiare il suo piatto mangiava anche quello della signora Africa. Mi ha colpito il fatto che il signor Occidente e il signor Oriente si siano messi a litigare ed abbiano buttato all’aria il ristorante che è stato poi riordinato dalla signora Africa e Madre Natura.

Asia


Penso che questa storia sia tutto oggi molto vera perché non ci dovrebbero essere guerre per prendere le cose agli altri e non bisogna fregare gli altri perché non è corretto e prima o poi gli altri stati se ne accorgeranno e non bisogna neanche dominare gli altri e sottomettere i popoli e fare morire le persone di fame. Non bisogna neanche fare guerre per il petrolio perché non servono a niente e non dobbiamo inquinare l’ambiente perché l’ambiente siamo anche noi e se lo inquiniamo dopo l’ambiente saremo noi a morire.

Matteo


Una storia a dir poco intrigante, che definisce l’attualità con un semplice racconto personificato dove ogni oggetto, ogni personaggio, ogni idea e metafora vengono messi in rilievo attraverso la delicatezza per non infierire nei sentimenti di qualunque lettore che potrebbe essere etnicamente diverso. Alla fine però noi siamo tutti esseri uguali tra noi. Non esiste il nobile e lo schiavo, il ricco e il povero, il bello e il brutto. Nella favola del prof. Luca Madiai, al contrario, prende vantaggio il signor Occidente, che dà inizio ad una tremenda lotta ritenendosi superiore a tutte le altre persone nel ristorante e togliendo loro spazio per proseguire i loro pasti e stare in pace, e che ne vuole sempre uscire vittorioso. Ed è esattamente quello che sta accadendo nel mondo, iniziato nel XX secolo e prolungatosi fino ad oggi: una lotta all’ultima risorsa disponibile, all’ultimo sopravvissuto … una lotta all’ultimo di tutto. Ogni singola persona deve essere rispettosa e rispettata, niente eccezioni per nessun motivo. La battaglia si è aggravata nel tempo con la disponibilità in quantità minori di petrolio (risorsa per noi inevitabile) e l’approfondimento intensivo nella scienza e nella tecnologia, che ci ha portato alla tracotanza e a superare i nostri limiti. Ma il petrolio, come la maggior parte delle risorse di cui noi facciamo uso in modo sproporzionato, è una materia prima non rinnovabile, o almeno, si rinnoverebbe se si aspettasse migliaia se non milioni di anni. L’uomo è un organismo viziato che vuole tutto e subito. Senza il petrolio saremmo ormai incapaci di sopravvivere e di proseguire le nostre routine come se non fosse successo niente. Ne è rimasto poco a disposizione e come al solito, l’unica soluzione è decidere chi se lo tiene, altrimenti si usufruisce di maniere forti. L’intervento della cuoca e proprietaria del ristorante sig.ra Natura, caccia via i litiganti, tuttavia il ristorante è completamente distrutto. L’unica povera spettatrice era la sig.ra Africa che aveva appena finito di pranzare e aiuta Natura a rimettere a posto i danni commessi dentro al locale. Il tutto si conclude con una seconda apertura del ristorante. “Non fate ciò che non volete sia fatto a voi” 

Federico


Il racconto letto in classe è ben adattato al tema “Curare Madre Terra”: offre un' immagine del nostro presente accompagnata da accattivanti similitudini.
Il ristorante è la nostra Terra, dove il cibo è gratuito ed ognuno lo può prendere, in piccole porzioni in modo che ogni cliente possa beneficiarne. Personaggi interessanti, sono, secondo me, le cameriere, Scienza e Tecnologia: sono personaggi neutrali, come le “nostre” scienze e tecnologie, che noi usiamo nel bene e nel male; usarle bene è una delle ammonizioni dell'autore. 
Tra le ultime di queste c'è quella della guerra, quando Oriente ed Occidente litigano distruggendo il locale. Cercando di vivere seguendo le ammonizioni, avremo la possibilità di migliorare la parte di mondo della quale siamo “clienti”.

Sara"

lunedì 16 maggio 2016

Le voci dei giovani - parte due



Commenti dei ragazzi delle medie al racconto "Sulle civiltà, una storiella"


"Questa storiella mi fa riflettere molto sulla realtà, di ciò che sta succedendo, che scritta in modo più semplice è comunque molto chiara. La natura, come dice la storiella viene sfruttata, perché abituati a sapere che lei ci dà tutto ciò che si vuole, finiamo per distruggerla utilizzando il petrolio, che si pensa sia la soluzione a tutti i nostri problemi. Un altro paragone che molto mi piace della storiella è la gentilezza della signora Africa, secondo me è vero che le persone che hanno di meno sono quelle che possono dare di più, quelle più altruiste e gentili; mentre il signor Occidente, voleva avere sempre di più e si approfittava delle ricchezze dell’Africa per ingrandirsi. Ciò che mi piace molto di questa storia è il modo in cui è scritta, semplice e facile da capire, ma se non ci pensi attentamente e non lo paragoni alla realtà non ti trasferisce in modo chiaro tutto ciò che sta succedendo in questo periodo. Ma quando lo ho letto io ci ho riflettuto molto, leggendolo mi sono arrivate delle emozioni di tristezza, ed egoismo verso la natura pensando a ciò che stiamo facendo. Stiamo sempre di più distruggendo la natura che è fonte della nostra vita, che ci permette di sopravvivere. 

Luna 

Questo testo è molto bello e semplice. Mi ha fatto capire tutti i nostri problemi, il contrasto fra Occidente e Oriente era molto evidente. Il signor Oriente cercava di aiutare un po’ tutti mentre il signor Occidente pensava solo a se stesso perciò ad ingrandirsi sempre di più. La signora Africa invece ha aiutato la signora Natura a sistemare tutto quindi è stata molto brava. Per aggiustare il mondo servirebbe un po’ di aiuto dello stato e tutti sarebbero felici. 

Daria 

 Mi è piaciuto molto e faccio i complimenti all’autore. È un testo leggero, ma che racchiude in sé verità storiche e traumatiche. Ad esempio il fatto che il signor Occidente, oltre a mangiare la propria porzione regolare di cibo, ne rubi una buona parte anche alla timida signora Africa. Mostra anche come certe popolazioni vadano a morire, a causa della conquista occidentale. Bellissimo il fatto che Madre Natura metta a disposizione di tutti le sue risorse e ben descritto lo sfruttamento eccessivo da parte di certi stati e quindi la conseguente imparità di materiali tra un certo luogo del mondo e un altro, in questo l’Occidente che fa leva sull’Africa e sull’Oriente. Si nota anche come l’Oriente ad un certo punto si ribelli all’Occidente e il disastro che accade nel locale. Un’ottima metafora è il fatto che la signora Madre Natura tenga il petrolio nel cassetto. Infine mi ha colpito la descrizione di scienze e tecnologia, serve dell’Occidente (lì infatti si sono sviluppate maggiormente) e la loro dipendenza dal petrolio. 

 Diego 

Questa riflessione è stata bellissima e mi ha colpito molto quando ha detto la signora Natura che tutti i cibi sono gratuiti per tutti, non bisogna pagare niente. Il signor Occidente dice io non lo sapevo, e l’aveva detto alla signora Natura che ho un brutto dolore alla gamba non le dispiacerebbe andare a prendermi qualcosa lei? La signora Natura sorride e va a prendere. Mi è piaciuto anche quando era finito il cibo e Scienza e Tecnologia che erano le due cameriere andavano a dire alla Natura che Occidente e Oriente si stavano litigando e Occidente dice a Oriente che devi pagare te tutti questi giorni che hai usufruito del servizio. Nella stanza avevano cominciato a picchiarsi, la signora Natura sentì le grida e il rumore e andò in sala gridando dalla disperazione. Scienza e Tecnologia rimasero in un triangolo a guardare. Il ristorante era tutto in disordine e la Natura disse lo sistemo io anche con aiuto della Scienza e Tecnologia. 

Alma


Secondo me questo è un racconto molto significativo, ti fa capire come tutti noi gestiamo il mondo; come lo roviniamo, la Natura è l'elemento più importante della nostra vita e noi ne approfittiamo e la sprechiamo quando l'Africa cerca di aiutarci! Spero che noi tutti cambieremo e capiremo che non possiamo continuare così. 

 Marina 


A scuola abbiamo letto un testo che in modo simbolico parlava di come nel mondo è nata la discordia fra i paesi e di come lentamente sia stata rovinata la natura. I continenti (Oriente, Occidente, Africa ecc..) in questa storia vengono rappresentati come persone che sono costrette a dividere il cibo di un piccolo ristorante di cui la cuoca è Madre Natura. Dopo un certo tempo però le persone iniziano a litigare a causa della divisione del cibo e alcune di esse iniziano a prenderne troppo privandone gli altri; così molte persone muoiono (queste rappresentano le civiltà estinte) ed il ristorante viene distrutto. Questa storia rappresenta in modo semplice ma anche molto incisivo l'egoismo umano e l'irreparabile tendenza a volere sempre di più a discapito degli altri. 

 Chiara"

giovedì 12 maggio 2016

365 giorni per il pianeta Terra - una raccolta di riflessioni

Vai al libro


Pensando alla sostenibilità oggi pensiamo subito al rispetto dell’ambiente, alle automobili elettriche, al riciclaggio, alle energie rinnovabili, ad ogni sorta di prodotto o servizio che si tinge di “green” o in cui si usa il prefisso “eco”.

Ma, al di là della strumentalizzazione della cosiddetta green economy, la sostenibilità è molto di più della protezione dell’ambiente. La sostenibilità non è dissociabile dagli aspetti economici e sociali, dalla cultura del tempo, dal benessere e dalla felicità umana. E soprattutto, la sostenibilità è qualcosa da cui non si può prescindere. Se c’è sostenibilità, c’è in tutti gli ambiti – ambientale, economico, sociale – altrimenti non c’è. E se c’è sostenibilità c’è un futuro, altrimenti non c’è.

Il mio personale percorso verso la sostenibilità, percorso che non ha una particolare meta di arrivo, è iniziato diversi anni fa. Dapprima considerando aspetti puramente tecnici: la possibilità di trovare una soluzione tecnica alle questioni della sostenibilità ambientale. Nel corso degli anni, però, ho capito che la sostenibilità riguarda ogni aspetto della vita umana su questo pianeta, e non è possibile affrontarla esclusivamente con degli approcci di settore, specializzati. Per questo dall’ambiente e l’ecologia sono passato all’economia, spostandomi poi alla cultura, alla psicologia fino ad arrivare alla filosofia e alla spiritualità. Non c’è ambito che non sia fondamentale quando si parla di sostenibilità e di futuro dell’umanità. Una visione d’insieme, una visione olistica, che tenga in considerazione le interrelazioni e gli stretti legami tra tutti i fenomeni, è assolutamente necessaria.

Il mio percorso è iniziato come una ricerca personale, prendendo spunto da riflessioni, letture, confronti, approfondimenti. Sono convinto che ognuno abbia il suo percorso e che non c’è un’esperienza personale che possa essere esattamente replicabile e adattabile. Ma nel desiderio di fare la mia piccola parte, ho deciso di raccogliere in questo testo molti degli estratti di libri e articoli che mi hanno dato la possibilità di mettermi in discussione, di riflettere, di cambiare prospettiva.

Ho raccolto 365 citazioni, una per ogni giorno dell’anno, degli autori più svariati, spaziando dalla scienza alla spiritualità. Spero possano essere utili a ispirare il vostro personale percorso di cambiamento verso la sostenibilità.

venerdì 6 maggio 2016

Le voci dei giovani - parte uno



Commenti dei ragazzi delle medie al racconto "Sulle civiltà, una storiella"


"Dopo aver letto la storiella sulle civiltà di Luca Madiai molti pensieri si sono affollati nella mia mente. Il racconto era di un attualità e verità impressionante, ciò ci dovrebbe far riflettere sul presente, cosa che io ho fatto. La figura della signora Africa è stata quella che mi ha colpito di più, la sua umiltà e gentilezza nei confronti degli altri paesi mi hanno intenerita pensando al ruolo che ha nella nostra società e di come il personaggio rispecchia perfettamente il paese, sfruttato e mai veramente rispettato. Trovo altrettanto veritiera la figura del signor Occidente, ingordo, prepotente e sfruttatore che tutto vuole anche a costo di far morire altri paesi. Considero davvero ipocrita il fatto che in una società opulenta come la nostra, ancora ci si lamenti di non avere sufficienti risorse da condividere con gli altri paesi. Basterebbe un po’ più di buona volontà da parte dei capi di stato per ridistribuire in maniera equa la ricchezza nel mondo. In un futuro spero non troppo lontano gli uomini ci riusciranno.

Marta


Questo testo mi è piaciuto molto perché si capiva che lo scrittore voleva evidenziare i problemi di noi uomini. Scienza e tecnologia avevano un aspetto importante perché potevano assumere sia un ruolo bello che cattivo, alla fine hanno rimediato aiutando la signora “NATURA”. Non mi è piaciuto per niente il signore Occidente, perché voleva tenersi tutto per se ma non posso dire nulla perché faccio parte dell’Occidente, a differenza la signora Africa è stata molto gentile nei confronti della signora Natura. In conclusione un testo pieno di senso e molto bello!

Olivia


Secondo me questo racconto di Luca Madiai non è come tutti gli altri perché tratta, anche se sotto forma di favola per bambini, un problema molto serio che la nostra società sta affrontando da molti anni: lo sfruttamento senza misura delle risorse naturali.
La parte del racconto che mi ha colpito di più è quella finale, quando la signora Natura viene aiutata a ricostruire il suo ristorante, distrutto da Oriente e Occidente, dalla signora Africa e anche da Scienza e Tecnologia che hanno capito, a loro spese, che si vive meglio senza l'uso di sostanze inquinanti, presentate nella storia dalle pillole di Petrolio.

Lucrezia 


Il racconto che abbiamo letto in classe sulle civiltà per me rappresenta molto la realtà, soprattutto perché il petrolio non è una risorsa rinnovabile e quindi non bisognerebbe abusarne troppo, e mi ha colpito molto quando alla fine la signora Africa ha aiutato la signora Natura a riordinare il negozio che ormai era tutto distrutto per colpa dei litigi del signor Occidente e del signor Oriente.

Noemi


Questo bellissimo testo rappresenta con semplicità la vera realtà, Luca Madiai è riuscito a spiegare in poche parole un contesto così complesso. Il signor Occidente è gozzo ed ha sempre più fame così inizia a rubare del cibo alla signora Africa e così i due signori seduti ai tavoli accanto muoiono di fame. Un personaggio molto importante è Madre Natura che fornisce il cibo a grandi quantità senza dover essere pagata. Ma alla fine il cibo inizia a scarseggiare e il ristorante va in frantumi ma dopo pochissimo con l’aiuto della signora Africa e delle due cameriere, tutto torna a posto come prima.

Aurora 


La storia del prof. Madiai che abbiamo letto in classe mi è piaciuta molto perché è facile da capire e rispecchia perfettamente ciò che sta succedendo attualmente. Il ristorante, “Madre Terra”, è la Terra, con tutti i clienti: i paesi e le nazioni. La cuoca, la natura, offre tutto il cibo gratuitamente. Un cliente chiede più cibo e vengono assunte la scienza e la tecnologia, che per lavorare di più hanno bisogno di petrolio, anche se la natura le avverte che prima o poi finirà. Dopo un po’ il cliente ingordo, l’occidente, ha una lite con un altro cliente, l’oriente, che ha voluto usufruire anche lui del servizio della scienza e della tecnologia. Durante una rissa tra i due clienti il ristorante viene distrutto. La natura, disperata, è costretta a rimediare da sola, ma l’Africa, sempre umile e gentile, decide di aiutarla e nonostante tutto, il ristorante Madre Terra torna bello come una volta

Simona


La storia-metafora del professore Madiai ti fa rendere conto della situazione che madre terra ha passato e sta passando in questo periodo: l'occidente (Usa, Germania, Francia, Italia, Inghilterra) e l'oriente (Cina e Russia) insomma le più grandi potenze mondiali che si sono impossessate piano piano di questo mondo, volendo sempre di più da madre terra per soddisfare il proprio e non guardando gli altri, appropriandosi con ingordigia e in modo sconsiderato delle fonti di energia che il pianeta metteva a disposizione per TUTTI. Io penso che questo testo sia una grandissima metafora attuale, che ci fa riflettere su quanto noi esseri umani molto spesso guardiamo solo al proprio e non consideriamo minimamente gli altri.

Andrea"


lunedì 25 aprile 2016

Restyling di Decrescita Felice e Rivoluzione Umana



Da oggi è online una nuova versione grafica del blog. Gustatevela! 

Torniamo al blu come colore di fondo. In più il blog cambia indirizzo, e il nuovo indirizzo è www.lucamadiai.it 

A oltre 5 anni dall'apertura, il blog cambia faccia e nome ma il suo intento e il contenuto è e resterà quello di sempre: ricco di approfondimenti e rilessioni stimolanti. 

Buona  lettura e continuate a seguirci e a ... sognare!!


mercoledì 17 febbraio 2016

Ikeda per la decrescita (parte tre)



Di seguito alcuni brani estratti da "La saggezza del Sutra del Loto" di Daisaku Ikeda

«Finora, lo sviluppo economico è stato posto al di sopra di ogni altro obiettivo, ma ora avvertiamo la necessità di rivolgere la nostra attenzione a una meta più alta, a qualcosa di più fondamentale, ovvero alla crescita e all'evoluzione dell’essere umano.

Viviamo in una società che ha compiuto incredibili passi avanti nella comunicazione e nella tecnologia. Abbiamo iniziato a comprendere che per poter gestire e utilizzare in modo appropriato questo flusso di conoscenze, abbiamo bisogno di una crescita altrettanto rivoluzionaria in saggezza e profondità di giudizio. C’è qualcosa che non va in questo stato di cose, percepiamo una mancanza: la scienza non può portarci la felicità, tanto meno possono farlo i sistemi socialisti o capitalisti. Non importa quante conferenze si organizzino, quanto rilievo si dia ai principi morali o quanto si disserti sui fattori psicologici o si ingaggino dibattiti filosofici: manca qualcosa di essenziale»

Daisaku Ikeda – La saggezza del Sutra del Loto, pag. 3


«La scienza classica, e in particolare la meccanica newtoniana, è basata su una visione materialistica dell’esistenza. Prendiamo come esempio la forza di gravità che opera su due oggetti solidi. Questo sistema è riuscito a spiegare molto bene parecchi fenomeni fisici, tanto da sancire il predominio della visione meccanicistica della vita: niente più che materia, nient’altro che una macchina. Questa tendenza di fissare un aspetto della realtà, applicandolo poi a tutto il resto, è stata definita “riduzionismo”. L’errore del pensiero riduzionista consiste nel voler ridurre l’intero a una delle sue parti per poi estendere il punto di vista parziale al tutto. Questo modo di vedere puramente riduzionista ha gettato un’ombra sulla vita delle persone e ha contribuito a privarle della speranza e ad aumentare il loro senso di impotenza.

Per evitare di cadere nell'errore di venerare la scienza come se fosse una religione, è necessaria una vera filosofia che esprima una visione olistica della vita. Un vero metodo scientifico riconosce una visione parziale per quello che è: una visione parziale. E poiché la ricerca della verità sta alla radice della scienza, quando una visione parziale che un tempo godeva di autorevolezza, raggiunge un punto morto, la scienza cerca di spezzare l’impasse e di scoprire nuove teorie più creative che si avvicinino maggiormente alla realtà. Questo è il modo in cui avvengono le rivoluzioni scientifiche»

Daisaku Ikeda – La saggezza del Sutra del Loto, pag. 115


«La scienza tende a considerare la vita come una specie di macchina composta da diverse parti. Essa ha cercato di scavare a fondo nella vita e negli esseri umani, scomponendo sempre ogni cosa in elementi in opposizione tra loro, come corpo e spirito, oggetto e soggetto. E ha cercato di capirne il funzionamento riducendo il tutto a un fatto meccanico, materiale. La scienza ha in definitiva incoraggiato una visione materialistica della vita, una prospettiva in cui le relazioni antagoniste dominano non solo tra gli esseri viventi, ma anche tra questi e l’ambiente circostante. 

Più recentemente, tuttavia, abbiamo visto sorgere un nuovo approccio scientifico e una maggiore coscienza ecologica. Questo nuovo approccio incita a trascendere il dualismo, a fondere il pensiero scientifico e quello spirituale. 

Valori dimenticati quali l’armonia con la natura, il senso di unità con gli altri, l’uguaglianza e le diversità vengono gradualmente riscoperti. Si sta riscoprendo quella visione unitaria della natura e dei fenomeni legati alla vita, già immaginata da Goethe: “Verrà inevitabilmente il tempo in cui il pensiero meccanicistico e atomistico sarà accantonato da tutte le persone sagge, e i fenomeni appariranno come determinati dinamicamente e chimicamente; la vita divina della natura si dispiegherà così in modo sempre più ampio”.

Anche in noi c’è un desiderio evidente di cambiare il modo di vedere il mondo e di riuscire finalmente a vederlo come un’entità vivente. Si tratta di un cambiamento di prospettiva epocale»

Daisaku Ikeda – La saggezza del Sutra del Loto, pag 19-20

lunedì 25 gennaio 2016

La forza della verità nella profezia di Tiziano Terzani



L’alternativa all’odio di Oriana Fallaci

“Il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali”

Tiziano Terzani


Il libro di Gloria Germani, Tiziano Terzani: la forza della verità mette in luce la pozione totalmente originale di Terzani rispetto al pensiero unico. La sua capacità di smascherare i limiti e le contraddizioni dell’Occidente è oggi ( a 13 anni di distanza) più attuale che mai ed anticipa l’acuminata critica di Chomskhy alla fabbrica del consenso occidentale.

“Dopo gli attentati di Parigi, tutti dicono che aveva ragione Oriana Fallaci, ma io credo che mai come adesso, ad avere ragione era invece Tiziano Terzani – afferma Germani - Terzani aveva previsto l’acuirsi del terrorismo, credeva che l’11 settembre 2001 costituisse una buona occasione per un profondo esame di coscienza e per un grande ripensamento della nostra civiltà occidentale”.(Corriere della Sera).

Il nocciolo della posizione di Terzani, è forse riconducibile alla domanda: “E’ possibile rimanere fuori da un sistema che cerca di fare di tutto il mondo un mercato, di tutti gli uomini dei consumatori, a cui vendere prima gli stessi desideri e poi gli stessi prodotti”? La voce di Terzani si leva più potente che mai contro le logiche economichee di dominio che ci stanno portando sul Baratro della III Guerra Mondiale.

1. 14 anni fa Oriana Fallaci lanciò la sua campagna di odio contro i mussulmani che invadono l’Occidente. In questi lunghi anni, l’Occidente non ha fatto che seguire la sua guerra di vendetta bombardando Afganistan, Iraq, Libano, Libia, Siria e il problema del terrorismo non è affatto risolto, ma esponenzialmente ingigantito.

2. All’ opposto, Terzani vide nell’ 11 settembre 2001 l’ occasione per “ fare un esame di coscienza, accettare le nostre responsabilità di uomini occidentali e fare finalmente un salto di qualità nella nostra concezione della vita”. Era una buona occasione per “ ripensare tutto: i rapporti tra Stati, tra religioni, i rapporti con la natura, i rapporti stessi tra uomo e uomo .”

3. Non possiamo capire il mondo guardandolo solo dalla nostra parte – questa è la legge fondamentale che oggi continuamente dimentichiamo. Come dimentichiamo che dalla II guerra Mondiale, la guerra non è più quella cavalleresca combattuta ad armi pari. Non potendo colpire i piloti che sganciano bombe da altezze irraggiungibili, la reazione diventa spesso quella di colpire i civili.

4. Se non fosse stata accecata dalla rabbia, La Fallaci e insieme il giornalismo occidentale – avrebbero visto negli attentati del 2001 contro l’Organizzazione del Commercio Mondiale, come reazione alla lunghissima serie di azioni e di bombardamenti occulti operati principalmente dalla Cia , tesi a mettere sotto il controllo americano i paesi ricchi di petrolio. Di più: il WTO, inventato nel 1994, aveva tolto ogni barriera al commercio transcontinentale a scapito della economie locali- ecologicamente e umanamente sostenibili.

5. Terzani indica una verità ancora più profonda: «Anni di sfrenato materialismo hanno ridotto e marginalizzato il ruolo della morale nel vita della gente, facendo di valori come il denaro, il successo e il tornaconto personale il solo metro di giudizio”. Similmente, Papa Francesco ha indicato il pensiero economico- tecnocratico dominante come responsabile della enorme crisi climatica ma anche dell’atteggiamento predatorio dell’uomo moderno, sia nei confronti della natura, che dei suoi simili (Laudato Sii) .

6. Terzani è stato un precursore. La sua critica radicale della nostra maniera di pensare (e quindi di agire ) è stata seguita e confermata da : 1. l’ enorme crisi ambientale e il riscaldamento globale 2. La crisi economico –finanziaria scoppiata nel 2008 3. Una grande crisi esistenziale dell’occidente e la perdita di ogni valore .

7. Oggi studi inconfutabili confermano che il riscaldamento climatico è causato dal 50 anni di industrializzazione estesa, prodotta dai combustibili fossili. Inoltre se tutto il globo avesse gli stessi livelli di consumo degli americani, ci sarebbe bisogno di 6 pianeti e non di 1 solo come di fatto abbiamo ( Ecological foot Print, IPCC). Pertanto - come Terzani ci ammonica - il nostro sistema di vita - consumista, democratico e capitalista -, contrariamente a quanto ci viene sbandierato, non è esportabile.

8. Oggi si comincia ad afferrare che quello della Crescita è un mito. “ Una crescita infinta – dei profitti, dei consumi e dei rifiuti- è impossibile in un pianeta finito”; Come ribatte Serge Latouche:“ il libero mercato altro non è altro che la libera volpe nel libero pollaio!”

9. Così pure l’Idea di Progresso e di Evoluzione. Certo, ripete Terzani, veniamo dalle scimmie, però non c’è nessun tempo lineare che punta dritto verso la perfezione .

10. la Globalizzazione non è il risultato dell’Evoluzione. Piuttosto è il frutto della tecnologia e dell’industria che - per poter vendere gli stessi prodotti –deve vendere prima gli stessi desideri. Cos’altro sono I mass media se non la fabbrica dei desiderii artificiali?

11. La Fallaci si è chiusa nell’orgoglio di una civiltà che sta disattendendo sempre di più tutte le promesse, in particolar modo quelle di benessere sociale. Al contrario Terzani si domandava con preveggenza nel 2003« Perché, c’è da riflettere: cos’è questa civiltà moderna? e rispondeva: ”È la ragione diventa matta, che è diventata matta per colpa dell’economia. L’economia è diventata il criterio principale di tutto; non ci sono altri valori.” E ci incitava: dobbiamo rimettere l’economia dietro all’etica!

12. Un unico filo lega la guida spirituale, il saggio che ha incarnato il meglio di Oriente e Occidente, al Terzani che ha esplorato tutte le filosofie di vita del nostro tempo: dal Comunismo al Capitalismo. Il suo punto di arrivo – Gandhi, il ritorno alla semplicità, alle economie locali e biologiche – è un alternativa potente alle Guerre attuali e al pensiero unico dominante.

13. La posizione di Terzani -così fuori dal coro - contiene una visione ricca di frutti per il futuro. La nostra maniera moderna di vedere le cose separate l’una dall’altra: l’economia dall’ecologia, la chimica, la sociologia, la medicina, l’agricoltura industriale, la geologia, la psicologia e il consumismo, ha le sue radici nel pensiero settecentesco newtoniano-cartesiano. Un pensiero materialista, meccanicista, che misura la realtà solo in termini di numeri. Ha portato grandi novità tecnologiche ma anche conseguenze devastanti!

14. Ma la vita non è matematica! Questa scienza non è neutrale e la tecnologia è il cavallo di Troia per l’occidentalizzazione del Mondo! (Pannikar e Terzani) Da Einstein in poi, abbiamo iniziato a capire che non esiste la materia, che tempo e spazio non sono contenitori vuoti, che non esiste nessun oggetto in sé, e neppure un individuo indipendente e separato. Tutto è energia e interconnessione così come da tempo immemore ci hanno insegnato buddismo, taoismo,’induismo e le tradizioni mistiche occidentali. Fisica quantistica, fisica subatomica, Entaglement confutano il paradigma della scienza settecentesca sui cui sono fondate le nostre società oggi in crisi, sotto innumerevoli aspetti.

15. Per questo Terzani – il giornalista – saggio ci esortava nel 2002: Fermiamoci!! Si tratta di non continuare inconsciamente nella direzione in cui siamo. Perché questa direzione è folle! Dobbiamo abbracciare il pensiero che tutto è Uno e trovare una dimensione collettiva e sociale più in sintonia con la natura. E dunque Buon viaggio! Perché l’universo è meraviglioso ed l’uomo ha un grande avvenire a cui lavorare.

lunedì 18 gennaio 2016

La cicala e la formica: una versione del terzo millennio




Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l'avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende, regala.

Gianni Rodari


Una piccola cicala aveva appena fatto la sua muta, non con poche difficoltà, e già stava volteggiando per aria. Aveva tanto atteso quel momento ed era felice di esservi finalmente giunta. 
Adesso si esibiva in piroette e volteggi, libera, felice, eccitata. Era una calda estate e il sole brillava alto in un cielo azzurro e limpido. La cicala allegra e un po’ stanca si posò su di un ramo e iniziò a cantare, liberando tutta la sua energia in un fragoroso suono. 
Sotto di lei una lunga fila di formiche lavorava senza sosta, trasportando per metri e metri una gran quantità di semi e chicchi di grano. 
“La smetti di gracchiare in quel modo!!” protestò una formica gridando “ci stai disturbando, noi stiamo lavorando!” 
“Scusate, non credevo di dare fastidio” disse con sorpresa la cicala “ perché non venite anche voi qua al sole e vi riposate un po’? possiamo cantare insieme” 
“Cantare??” disse la formica che intanto si era staccata dalla fila “non abbiamo tempo per cantare noi, dobbiamo lavorare, altrimenti non sopravvivremo all’inverno” 
“Ma avete tempo per lavorare, non potete fare neanche una breve sosta?” 
“Sei matto? Se cominciamo a fermarci, nessuno vorrà più riprendere a lavorare e sarà la fine per noi tutte. Te piuttosto, perché non lavori mai e sei sempre a cantare al sole?” 
“Non ho bisogno di lavorare, almeno non più di qualche ora al giorno. Riesco a trovare cibo a sufficienza senza dover lavorare troppo. E poi si sta così bene al sole adesso” 
“Bello sì, ma come farai a sopravvivere all’inverno? In inverno non troverai cibo tanto facilmente” 
“Sì, è vero, ma morirò prima dell’inverno” disse la cicala mantenendo la sua allegrezza. 
“Morirai?! Come fai a saperlo con certezza? E perché lo dici con tanta allegria?” fece la formica assolutamente scossa. 
“Noi cicale viviamo la maggior parte della nostra vita sotto terra, al caldo e al sicuro. Ma dopo anni e anni emergiamo dalla terra e cambiamo muta” 
“Muta? Cioè?” 
“Ci trasformiamo, cambiamo la nostra corazza, mutiamo d’aspetto. Ci evolviamo in vere e proprie cicale, come tu mi vedi adesso, con le ali per volare e cantare” 
“Ah, sì? Non lo sapevo” disse la formica con vivo interesse. 
Nel frattempo la formichina non si era accorta di aver trascurato così a lungo il suo lavoro, e che le altre formiche, che sgobbavano con fatica portando grossi pesi, si stavano insospettendo della sua pausa non prevista e cominciavano a guardarla con rabbia e rancore. 
“Ehi tu! Che ne dici di riprendere a lavorare, eh! Noi non fatichiamo per te!” protestò qualcuno dalla fila. Ma la formichina era adesso completamente assorta nell’ascoltare la cicala. 
“Quando stiamo sotto terra non siamo così belle ed eleganti, perciò aspettiamo tanto, per poi cantare al sole e innamorarci alla follia” 
“Innamorarci?” 
“Sì, certo!” disse la cicala “noi cantiamo per il piacere di cantare, ma anche perché ci innamoriamo e così celebriamo il nostro amore con un’altra cicala” 
“Davvero?” si sorprese la formica “io avevo sempre pensato che voi cantavate solo per disturbare gli altri, solo per un vostro dispetto impertinente” 
“No no, ci mancherebbe altro. Ma voi formiche non cantate quando siete innamorate?” 
“Eh, non proprio direi. Nessuno di noi ha il tempo né la testa per mettersi a cantare o a pensare a cose tanto frivole come il cantare” 
“E come fate ad innamorarvi senza cantare?” 
“Bé, noi ci innamoriamo … non so, direi che dipende dalla riserva di cibo che abbiamo accantonato. Se è sufficientemente grande allora faremo una famiglia, altrimenti nessuno ci vorrà e resteremo sole per tutta la vita” 
“Davvero? Per tutta la vita? Per questo dovete lavorare tanto?” 
“Eh sì. Per questo … ma non solo per questo” 
“E per cosa?” 
“Per avere tempo libero quando saremo vecchie e dovremo riposarci, perché noi non moriamo come te prima che arrivi l’inverno, possiamo sopravvivere anche fino all’inverno successivo. Soprattutto quelli che hanno accumulato grandi scorte possono sopravvivere di più” 
“Capisco. Perciò chi non ha grosse scorte non si potrà innamorare e non potrà neanche sopravvivere all’inverno” 
“Esatto. Per questo siamo così indaffarate, capisci?” 
“Capisco, sì. Soltanto non mi è chiaro come sia possibile che dobbiate lavorare così tanto, perché abbiate bisogno di così tante scorte. Non è sufficiente lavorare qualche ora al giorno ed avere scorte soddisfacenti per il resto dell’anno, per fare famiglia e per la vecchiaia?” 
“Mmh, no. Non credo proprio. Almeno, in linea teorica forse sì, ma …” 
“Che significa in linea teorica??” 
“Perché quello della raccolta dei semi non è l’unico lavoro che facciamo. In più dobbiamo lavorare sodo per espandere il formicaio. Siamo in continua crescita, e poi le formiche che hanno più semi hanno bisogno di sempre più spazio per immagazzinarlo” 
“Continua crescita? Vuoi dire che la vostra crescita non finisce mai?” 
“No, non finisce mai. Perché siamo sempre di più e molte formiche hanno la mania di costruire magazzini per semi sempre più grandi, per accumulare sempre più semi” 
“Ma a cosa servono questi semi? Pensavo che servissero per mangiare” 
“Sì, ma non solo. Tutto nel formicaio è deciso in base ai semi che uno ha e che riesce ad accumulare: chi ha più semi ha diritto a prendere le decisioni importanti e a utilizzare gli altri per i propri scopi”
 “Utilizzare gli altri?” 
“Sì, vedi le formiche con più semi pagano altre formiche più sfortunate perché lavorino per loro, così accumulano ancora più semi, capisci?” disse infine la formica vedendo la cicala perplessa. 
“Capisco, sì. Ma non ne vedo il senso. In questo modo alcune formiche avranno sempre più semi mentre altre sempre meno” 
“Ma da voi cicale non è così che funziona?” 
“Non direi. Noi non accumuliamo niente se non lo stretto indispensabile per pochi giorni. Viviamo di quello che ci offre la terra e gli alberi. E se qualcuno è in difficoltà lo aiutiamo come possiamo. Nessuno è costretto a lavorare tutti i giorni per tutta la sua vita” 
“Davvero?” disse la formica sempre più curiosa delle parole della cicala “e funziona?” 
“Sì, direi di sì. Ha sempre funzionato così da noi, e nessuno ha mai pensato di cambiare” 
“E cosa fate invece di lavorare?” 
“Cosa facciamo?” si chiese la cicala stupita della domanda 
“Tante cose, viviamo. Camminiamo, esploriamo, parliamo con altri animali, voliamo, mangiamo, cantiamo e ci innamoriamo perdutamente” 
“Sembra davvero una bellissima vita la vostra” fece la formica, pensierosa 
“Direi di sì” 
“Ma dicevi che morirai prima dell’inverno, perché mai dovresti?” 
“Perché è nella nostra natura. Viviamo nel sottosuolo, cresciamo, ci facciamo forti e robuste, poi emergiamo dalla terra e ci trasformiamo in bellissime cicale dalle lunghe ali. Cantiamo e ci innamoriamo alla luce del sole estivo. Cantiamo e facciamo l’amore per tutta l’estate e poi subito prima che giunga l’inverno, lasciamo al mondo i nostri piccoli e moriamo in pace, felici” 
La formichina era completamente assorta e assorbita da ogni parola della cicala. D’un tratto un gruppetto di formiche si avvicinò ai due con fare minaccioso. Una delle formiche più grandi, che pareva essere il capo, disse con tono severo e rigido: 
“Ehi tu! Cosa credi di fare? Pensi poter riposare quando vuoi?” 
“No signore. Stavo solo parlando … “ 
“Lo vedo” lo interruppe perentorio il capo formica “simpatizzi con quelle scansafatiche, inette, lavative delle cicale. Forse sei come loro anche tu?” 
“Bé, veramente loro non sono esattamente come dice lei …” 
“Cosa?” tuonò il capo formica “Osi contraddirmi? Vuoi dire che le cicale non sono pigre, scansafatiche, delle buone a nulla?” 
“Io … “ la povera formica si guardò attorno titubante, si soffermò sugli occhi della cicala, che sorrideva, di un sorriso sottile ma radioso. 
“Ebbene” disse il capo formica con ancora più vigore nella sua voce “vorresti dirmi?” 
“Niente” disse la formichina abbassando la testa. 
“Bene, allora torna subito in fila a lavorare con le altre, e niente più soste o scambi di opinione con questi esseri sottosviluppati” 
La formichina stava riprendendo il suo carico di semi per riunirsi alla fila, quando un bagliore attraversò i suoi occhi e la sua bocca si allargò in un bellissimo sorriso. Aveva deciso. Lasciò andare il suo carico di semi, si arrampicò svelta lungo il tronco dell’albero e raggiunse la cicala sul ramo. Subito il capo formica gridò: 
“Fai un altro passo e sarai esiliata per sempre dal formicaio, morirai di fame e di stenti in men che non si dica” 
Intanto tutte le altre formiche, che lì vicino stavano lavorando in fila, si voltarono ad osservare quella scena bizzarra. La formica si avvicinò alla cicala e l’abbracciò con calore. 
“Grazie cicala” 
“E di cosa?” 
“Grazie per avermi aperto gli occhi sulla nostra situazione, da oggi cambierò il mio modo di vivere. Penserò a vivere e non ad accumulare cose che non mi serviranno” 
“Ma ti cacceranno dal formicaio, non potrai più tornarci, come farai?” 
“Non so. Troverò la mia strada e le cose forse un giorno saranno diverse per tutte le formiche” 
E si abbracciarono nel caos generale. Il capo formica quel giorno dovette urlare e usare minacce per far tornare a lavorare tutte le altre formiche. 
Da quel giorno formica e cicale divennero vere amiche. E quella amicizia fu l’alba di una nuova vita per tutte le formiche del formicaio. Col tempo abbandonarono una vita dedicata al lavoro e all’accumulo di oggetti, per vivere pienamente le loro vite in serenità e leggerezza. 


fonte foto: pixarbay

lunedì 4 gennaio 2016

Tolstoj per la decrescita



«Il progresso è complessivamente, per tutta l'umanità, un fatto non dimostrato e per tutti i popoli orientali inesistente; il dire perciò che il progresso è una legge dell'umanità è privo di fondamento quanto dire che tutti sono biondi ad eccezione di quelli con i capelli neri»

Lev Tolstoj

Tra i più eccelsi precursori della decrescita come non ricordare il grande romanziere russo Lev Tolstoj. Molto conosciuti i suoi romanzi, molto meno i suoi saggi, anche se, nella sua produzione letteraria, per quantità sono prevalenti. La critica di Tolstoj alla modernità, che in quegli anni sopravviene come un miraggio inevitabile, è netta e lungimirante. Tolstoj già vede nell'avanzare incontrastato del progresso tecnologico una minaccia nascosta, che pochissimi, soprattutto in quell'epoca, hanno saputo cogliere con la sua perspicacia. Non a caso un altro dei grandi precursori della decrescita, Gandhi, era stato suo estimatore.
Nelle sue riflessioni Tolstoj evince che il progresso non è altro che un mito destinato a crollare illusoriamente, ma non senza aver fatto le sue vittime. Il progresso è secondo Tolstoj un ingegnoso espediente utilizzato a vantaggio di una piccola cerchia di potenti: proprio come la religione era stata usata per tenere la popolazione sotto il loro giogo, adesso il progresso viene ad essere uno strumento di sottomissione innovativo.

«Nella questione del progresso la mia posizione si conferma e ne derivo che il progresso più è vantaggioso per la "buona società", meno lo è per il popolo. A conferma del mio pensiero, involontariamente mi si presenta alla mente il parallelo tra credenti nel progresso e credenti cattolici. Il clero credeva sinceramente e con particolare sincerità, perché questa fede gli era di vantaggio; per lo stesso motivo la inculcava con tutti i mezzi nel popolo che ci credeva di meno perché gli era meno vantaggiosa. Lo stesso accade con i credenti nel progresso.
I credenti nel progresso credono sinceramente perché tal fede gli è conveniente e per questo la diffondono in maniera esasperata e con accanimento. Mi viene istintivamente in mente la guerra in Cina, con la quale tre grandi potenze del tutto sinceramente e ingenuamente hanno portato in quel paese la fede nel progresso, servendosi di polvere da sparo e pallottole. Forse mi sbaglio?»

Tolstoj riconosce che soltanto la cultura occidentale ha adottato la fede nel progresso come sua nuova religione, nessun altra cultura l'ha mai fatto, e probabilmente l'avrebbe mai fatto se non fosse stata obbligata con le armi e i cannoni.
«Il progresso è probabilmente una legge svelata solo ai popoli europei, ma così importante da dover assoggettare ad essa tutta l'umanità».
È proprio in quegli anni, negli anni sessanta dell'Ottocento, che Cina e Giappone vengono costretti con la forza delle armi occidentali ad aprire i loro confini al commercio internazionale, al mito del progresso e della crescita eterna. Dopo che gli altri continenti, tutto il continente americano e quello australiano, erano già stati colonizzati e occidentalizzati, sterminando letteralmente le popolazioni indigene. Su questa prepotenza e ingiustizia Tolstoj ritorna più volte nei suoi scritti: «Sappiamo anche che la Cina, con i suoi duecento milioni di abitanti, smentisce tutta la nostra teoria del progresso e noi, neanche per un attimo, dubitiamo che il progresso sia legge comune a tutta l'umanità e che noi, fedeli del progresso, siamo nel giusto e che i non credenti in esso siano colpevoli, e per questo andiamo dai cinesi con cannoni e fucili ad inculcargli l'idea di progresso».
Certo a pensare alla Cina di oggi non si direbbe che possa smentire la "fede nel progresso", tutt'altro: la Cina oggi rappresenta il nuovo e più avanzato altare al progresso e alla crescita eterna. Questo ovviamente è potuto avvenire soltanto dopo un minuzioso lavoro di estirpamento culturale effettuato da Mao e dalla sua rivoluzione, per accelerare i tempi di occidentalizzazione di una delle culture più antiche e perciò più distanti, o meglio più "arretrate", rispetto alla civiltà moderna occidentale.
La critica di Tolstoj infatti, da buon precursore della decrescita e pensatore ben oltre il suo tempo, non risparmia neanche il socialismo emergente in Europa. Tolstoj intuisce già allora, agli albori dell’industrializzazione del pianeta e delle lotte di classe, che il socialismo altro non è che una visione alternativa della stessa cultura del progresso e della crescita eterna, semplicemente un modo per vedere la questione da un diverso punto di vista, ma che è incapace, proprio per come si pone rispetto al tema cruciale del progresso tecnico ed economico, di risolvere alla radice le falle che il sistema stava già creando e che non potrà mai rappresentare una reale alternativa.
Oggi dopo tutto il Novecento, dopo due guerre mondiali, una guerra fredda, la caduta del sistema sovietico, la globalizzazione imperante, e la trasformazione capitalistica della rossa Cina, possiamo affermare con discreta certezza che Tolstoj ci aveva visto lontano, lontano più di un secolo.
I riferimenti di Tolstoj sono relativi principalmente alle questioni sociali, meno a quelle ecologiche per ovvie ragioni storiche, tuttavia i suoi valori della nonviolenza, che lo condurranno al vegetarianismo, e della sobrietà nello stile di vita che adotterà fanno dello scrittore un emblema della nuova ecologia, un'ecologia profonda.
«Voglio solamente dimostrare che, per arrivare a condurre una vita morale, è indispensabile acquistare progressivamente le qualità necessarie, e che tra tutte le virtù, quella che bisogna possedere prima delle altre è la sobrietà, la volontà di dominare le proprie passioni».
Sul tema della tecnologia e dei suoi effetti sulla vita umana, tema mai come oggi attuale e rilevante, Tolstoj si esprime ancora in modo lucido e preciso: «Solo se si comprenderà che non dobbiamo sacrificare la vita dei nostri fratelli per il nostro tornaconto sarà possibile applicare i miglioramenti tecnici senza distruggere vite umane» e l’ecosistema terrestre, aggiungerei. La tecnologia perciò è vista in una cornice etica prima ancora che strettamente tecnica e utilitaristica: perché se essa è al servizio di un sistema che ha al centro l’interesse individuale, di per sé limitato, apporterà gravi danni che supereranno di gran lunga i suoi sempre più sterili benefici.
Per quanto riguarda invece il lavoro nell’era dell’industrializzazione, interessante è la sua critica alla suddivisione del lavoro, che oggi è sfociata in una iper-specializzazione, che tende, oltre che a incasellare le persone in ruoli sociali ben definiti, ad alienare l’essere umano dalla stessa gioia di vivere la vita nelle sue differenti declinazioni: le attività manuali, le attività intellettuali, le attività spirituali, da ognuna delle quali l’uomo trae beneficio e gioia, dal loro mutuo equilibrio più che dalla qualità di prestazione settoriale che è capace di sviluppare nell’arco della sua vita.
«Mi è sembrato che meglio di tutto sarebbe alternare le occupazioni della giornata in modo da esercitare tutte e quattro le capacità dell'uomo e da prodursi da soli tutti e quattro i tipi di beni che utilizziamo, cosicché una parte del giorno - la prima - sia dedicata al lavoro pesante, la seconda a quello intellettuale, la terza a quello artigianale e la quarta ai rapporti con gli altri.
Mi è sembrato che solo allora sarebbe distrutta quella falsa divisione del lavoro che esiste nella nostra società e verrebbe instaurata quella giusta divisione del lavoro che non distrugge la felicità dell'uomo».
Perciò la libertà di vivere si slega dalla univoca dipendenza salariale, di un lavoro imposto dalla società e dall’economia, e la persona riconquista la sua dignità e la sua capacità di esprimersi attraverso una vita ripensata su ritmi allentati e attività diversificate e comunque fruttuose, avendo la possibilità di dedicarsi maggiormente alle attività che più lo appassionano: «Un uomo che abbia riconosciuta la propria vocazione al lavoro tenderà naturalmente a questa varietà di lavoro che gli è propria per soddisfare le sue necessità esteriori e interiori, e modificherà questo stato di cose solo se sentirà in sé la vocazione irresistibile per un certo lavoro esclusivo, di cui gli faranno richiesta».
Dalle parole di Tolstoj si evidenzia perciò, già nella seconda metà dell’Ottocento, la formazione di una linea culturale che si appresta a dominare il pianeta, la fede cieca nel progresso, che a sua volta nasce dalla fede nella scienza, nata nei secoli precedenti, e che scardina qualsiasi questione morale dall’ambito economico, e alla quale non riesce a contrapporsi alcun altra linea o corrente alternativa, se non piccoli spunti isolati, quali quelli di Tolstoj e pochi altri.

«A questo indubbio stato delle cose i credenti nel progresso e nello sviluppo storico aggiungono un altro elemento non dimostrabile e cioè che l'umanità nelle epoche precedenti abbia goduto di meno benessere e che questo sia sempre minore più ci si inoltri nel passato e, viceversa, sempre maggiore quanto più si vada avanti. Da ciò ne deriva che per un agire fruttuoso occorra agire soltanto in rapporto alle condizioni storiche e che ogni azione, secondo la legge del progresso, conduca di per sé ad un miglioramento del benessere comune e che quindi tutti i tentativi di fermare o contrastare il movimento della storia siano inutili. Tale conclusione è illegittima perché il secondo elemento, quello sul continuo migliorarsi dell'umanità sulla strada del progresso, non è per nulla dimostrato e risulta ingiusto»

Oggi però le cose sembrano cambiare, volenti o nolenti, pare proprio che i limiti del pianeta e della nostra tecnologia ci faranno comprendere, o quanto meno ci mostreranno, che il nostro sistema non può più perdurare, che su molti punti ci siamo sbagliati, che la vita è meravigliosa e non è controllabile e circoscrivibile scientificamente, che la bellezza e la gioia della vita non sono dove le avevamo cercate sino ad ora e che forse un mondo migliore è possibile veramente e che dipende da noi, da noi soltanto e da nient’altro.


Le citazioni sono estratte da:

Lev Tolstoj - La religione del progresso e i falsi miti dell'istruzione - Pungitopo editrice


Renaud Garcia - Tolstoj, contro il fantasma di onnipotenza - Jaca book