«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

mercoledì 18 settembre 2013

La spesa Vegan


Della serie: Gli imprevisti della decrescita

Sabato era il fatidico giorno del corso d’alimentazione vegana, basato su alimenti preparati con ingredienti selezionati, assolutamente biologici e rigidamente integrali e naturali, la maggior parte dei quali a chilometro zero, o quasi.
Sara aveva da tempo preparato la lista per la spesa, sotto oculato consiglio di un’esperta in diete vegane, e quel venerdì, il giorno precedente al corso, qualcuno sarebbe dovuto andare a fare la spesa seguendo attentamente le indicazioni e senza dimenticarsi assolutamente nulla. Sara affidò, senza troppo indugio, l’arduo compito ad Anna e Luca che accettarono serenamente.
Anna e Luca poco sapevano di diete vegan e di alimenti bizzarri, ma non si fecero troppi problemi a riguardo. Dopotutto si trattava di comprare delle cose riportate con cura su di una lista.
Il fatto fu, però, che quando Luca posò gli occhi su quella lista zeppa di verdure, di semi, di farine e prodotti dai nomi più insoliti ebbe un sussulto di panico: si sentì di colpo come spaesato, su di un altro pianeta. Ricercò negli occhi di Anna anche solo un lieve supporto, ma lei era già imbronciata in una palese espressione di perplessità. Si guardarono per alcuni secondi. C’erano alcuni nomi che non avevano mai sentito, o che non sapevano esattamente cosa fossero o a che specie appartenessero.
L’uno chiedeva all’altro: “e questo cos’è?”. “E questo qua?” rispondeva a tono l’altro. Non ne avevano idea.
“Forse possiamo vedere su internet” disse Anna “così tanto per documentarci, giusto per non fare brutte figure”.
“Ma dai!” fece Luca forzando un entusiasmo d’ottimismo “in qualche modo faremo, non c’è bisogno di fare ricerche su internet”

Quel venerdì mattina si ritrovarono davanti al supermercato bio, eco, equo e green. L’insegna verde su sfondo giallo era alquanto inquietante: Bio Super Natural Market.
Era mattina presto e la lista era davvero molto estesa. Sapeva già che sarebbe stata un ardua impresa. Cominciarono a mettere nel carrello le cose che conoscevano, o quantomeno che sapevano riconoscere, anche se per ogni prodotto c’erano sempre dei suffissi o degli aggettivi che rendevano la scelta più complicata.
“Almeno con la frutta e le verdure andiamo tranquilli, credo” fece Luca appena entrato nel negozio “cominciamo da quelle”
Ed effettivamente iniziarono a selezionare senza troppa difficoltà alcuni ortaggi: una cassetta di cavolo nero, sette cipolle rosse, una zucca gialla … e anche la frutta: mele, pere, un sacco di arance.
Quando arrivarono però alle carote nere, l’espressione di Luca si incupì e chiese ad Anna: “Le carote nere? Te sai cosa siano?”
“No, non saprei. Non le vedo”
“Ok, facciamo così, quando non troviamo qualcosa o abbiamo dei dubbi mettiamo un bel punto interrogativo sulla lista e quando abbiamo finito chiamiamo la Sara per delucidazioni. Altrimenti, se la chiamiamo ogni volta che c’è qualcosa da chiedere facciamo notte qua”.
“Va bene, dai. Facciamo veloce però, sei così lento nel fare la spesa te! Vai avanti!”
“Mi sembra che di frutta e verdura, a parte le carote nere, non ci sia altro possiamo passare alle farine e ai semi” disse Luca con preoccupazione osservando la lista delle farine e dei semi che si estendeva chilometrica e con i nomi più articolati.
“Dai qua!” fece Anna avvinghiando la lista “C’è un’altra cosa scritta tra le verdure, guarda. Questo: Daikon”
“E che è? Sembra un nome di un personaggio dei cartoni animati giapponesi”
“Chiediamo a una commessa” fece Anna
“Sì, però chiedilo tu. Che io non voglio passare per pazzo”
“Scusi, avete del Daikon?” chiese Anna alla prima commessa del supermercato che incontrò
“Sì, dovrebbe esserne rimasto un po’, lo trova in quello scaffale là in fondo”
“Ah, grazie” disse Luca sollevato “Ma di cosa si tratta esattamente?”
“È un ravanello bianco gigante, originario del Giappone”
“Ah, ecco. Grazie ancora, ci ha salvato”
Adesso erano pronti per gettarsi tra le farine e i semi.
“Allora duecentocinquanta grammi di farina di saraceno, farina di riso, farina di farro, farina di miglio, tutte integrali. Madonna quante! Io pensavo che la farina fosse una sola, la farina, quella bianca sai” fece Luca stupito.
“No, invece, son tante. E nemmeno bianche perché sono integrali, non trattate chimicamente” rispose Anna strappandogli di mano la lista “Dai su, te vai con a cercare le farine, io penso ai semi”
“Trecento grammi di saraceno integrale in chicco, trecento grammi di semi di girasole sgusciati, quattrocentocinquanta grammi di semi di lino, duecento grammi di fiori di sambuco secchi, cento grammi di menta secca … mamma mia”
Impiegarono un buon quarto d’ora per completare le farine e i semi, ma ce la fecero finalmente.
“Allora manca ancora: quindici mele rosse, dodici pere, un bicchiere di vin santo, centocinquanta grammi di uvetta, cento grammi di prugne secche, duecentocinquanta di noci sgusciate, dieci banane … tutto biologico ovviamente”
“Mele, pere, vin santo, uvetta … prugne secche … ma che mangiamo?!?” lamentò Luca sempre più perplesso di quella lista “staremo in bagno per una settimana”
“Dai su, sbrighiamoci che è già mezzogiorno”
Arrivarono poi al pane.
“Il pane è facile, lo prendo io” disse Luca disinvolto “Solo un chilo? Prendiamone di più, saremo in quaranta! Facciamo almeno quattro o cinque chili”
“Guarda quanto costa …”
“Quattro euro al chilo? Accipicchia! Ma che è … d’oro?”
“No è fatto con farine integrali antiche macinate a pietra e cotto a legna”
“Ah … allora ne prendiamo un chilo vai”
La lista cominciava ad essere quasi del tutto depennata, in qua e là però mancavano degli articoli.
“Manca questo” osservò Luca “cinque chili di yofu … e che è? Sembra un personaggio di Dragon Ball”
“Mamma mia come sei ignorante … certo per essere un decrescente non sai nulla di alimentazione. È uno yogurt di soia”
“Accidenti. Cinque chili di yogurt! E un chilo di pane … bo”
“Allora, mentre io cerco lo yofu” disse Anna con tono da dittatrice ”tu cerca o chiedi questo … olio evo. Io non so cosa sia … se non lo trovi tra gli oli, chiedi ai commessi. Sarà un olio di qualche pianta esotica strana”
Luca sfiduciato dalla sua sfortuna nel trovare le cose, chiese al primo commesso che incontrò.
“Scusi l’Olio Evo ce l’avete?”
Il commesso fece un’espressione pensierosa e perduta.
“Non saprei … mmh … Aspetta che chiedo”
Andò a chiedere alla sua collega, poi alla cassiera, andò persino nel magazzino. Chiese a tutto il personale del negozio, ma nessuno conosceva questo olio evo. Tornò tristemente sconsolato.
“Mi dispiace, non ce l’abbiamo”
“Ah, ok” fece Luca “Grazie comunque”
Era arrivato il momento di fare il punto: la lista era ormai quasi completata. Mancavano soltanto le carote nere, le lenticchie e il celebre olio evo.
“Le lenticchie non le hai prese??” accusò Anna risentita.
“No, ti avevo detto. Ci sono lenticchie bio grandi, le lenticchie bio rosse piccole oppure le lenticchie non bio piccole. Mancano proprio quelle che cerchiamo noi: le lenticchie verdi bio piccole. Che si fa? Si prende quelle bio grandi o quelle non bio piccole? O quelle rosse?”
“Bel dilemma” fece Anna “Sentiamo la Sara, tanto dobbiamo chiederle anche delle carote nere e dell’olio evo”
Chiamarono la Sara.
“Senti Sara, ma questo Olio Evo … che cos’è? Abbiamo chiesto a tutto il negozio ma hanno detto che non ce l’hanno” chiese Luca al telefono.
“Olio evo???” disse Sara sorridendo “Olio Extra Vergine d’Oliva, semplicemente”
“Ah, bella figura che abbiamo fatto … comunque nessuno qua lo sapeva. Poi … le carote nere qua non ci sono. Io non le ho mai viste, dove le troviamo?”
“Andate al supermercato, là ce l’hanno di sicuro”
“Ok, un’ultima cosa. Le lenticchie le preferisci bio grandi, o non bio piccole”
“Eh?!? Vabbè, prendile non biologiche, non se ne accorgerà nessuno”

Luca fu costretto, quindi, a fare una corsa da solo, in bicicletta, verso il supermercato che era in procinto di chiudere. Arrivò al centro commerciale affaticato e avendo scampato per poco un dilagante temporale estivo. Si gettò immediatamente nel reparto verdura alla ricerca delle famose carote nere, che mai aveva visto prima e mai ne aveva sentito parlare in vita sua.
Chiese a un commesso che sistemava delle cipolle nelle ceste.
“Scusi avete le carote nere?”
“Carote nere??” rispose confuso
“Sì” fece Luca già perso “Carote nere, scure”
“Ma sei sicuro? In che senso nere, scusa?”
“Nere, scure, viola, non so. Avete carote che non siano arancioni come queste? Magari un po’ sul nero?”
“No guarda, ti assicuro che non esistono carote nere. Ci sono solo queste arancioni. Te lo dico io. Sono perito agrario e non ho mai sentito parlare di carote nere, solo arancioni. Forse intendevano le melanzane”
“Ah, va bene. Mi devo essere sbagliato. Grazie comunque”
Luca fu tentato di chiamare Sara e passarle al telefono quel simpatico ragazzo che diceva di essere un esperto agrario. Ma oramai stremato da quella complicata spesa che non voleva terminare mai decise che ne aveva auto abbastanza. Prese un sacco da un chilo di normalissime carote arancioni e pensò fra sé: “Non ce la faccio più, prendo queste … alla peggio le dipingo”.

mercoledì 11 settembre 2013

La festa improvvisa di Silvano Agosti



«Vorrei qui ricordare che quando gli apparati politici o di potere (più occulto che non) allestirono circa venti anni fa la gran farsa dell’ “Esaurimento dei pozzi petroliferi” e per motivi misteriosi costrinsero improvvisamente gli esseri umani a non usare l’automobile il sabato e la domenica, si verificò subito qualcosa di straordinario. Le strade si riempirono di gente, felice di potersi incontrare, confrontare e frequentare senza intossicarsi a vicenda con l’ossido di carbonio delle automobili, senza dover guardare a destra e a sinistra centinaia di volte nel terrore di essere travolti da qualche auto pirata. 

Ebbene, quell’improvvisa euforica festosità era un’immagine della vita, qualcosa di esemplare rispetto all’ipotesi di liberare gli esseri umani dal peso di un lavoro coatto e del “consumare benzina ad ogni costo”. 

C’era chi pattinava, chi si era costruito ingegnosi monopattini, trionfavano biciclette di ogni genere, si rivedeva anche qualche calesse e tutti, nella via, sembravano tornati a possedere il mondo. Naturalmente tutto ciò era troppo pericoloso, la gente rischiava di scoprire che la vera felicità non ha costi economici, non dipende dal denaro ma nasce dallo “stare insieme” con se stessi e con gli altri, dal poter comunicare sia con gli altri che con se stessi. E poiché incominciava a spuntare una nuova cultura, la cultura dei comportamenti, apparati di potere senza tante spiegazioni, neppure temendo la vergogna dello smascheramento, in contraddizione con ciò che avevano allarmisticamente sostenuto, pochi mesi prima affermando che “le riserve di petrolio stavano per esaurirsi” decisero di sospendere “la festa” e tornare a far traboccare le strade di automobili e veleni. 

È dunque importante ritrovare la memoria di quei giorni, o magari della propria infanzia, la delicata festosità dello stare insieme e del conoscersi e riconoscersi, ridando alla persona umana e quindi anche a se stessi la massima dignità, quella di poter rispondere in qualsiasi momento a chiunque chieda:
“Come va?”
Semplicemente “Sto vivendo”»


Estratto da “Il genocidio invisibile” di Silvano Agosti

mercoledì 4 settembre 2013

La mia famiglia è il cosmo

I rapporti sentimentali nella nuova era


La famiglia produce quasi sempre follia. La chiusura della persona nell’interno di un nucleo di poche persone determina la riduzione degli stimoli. Il campo percettivo si restringe. Poco a poco la persona non “vede” più nulla del mondo circostante e vive chiusa in un involucro invisibile. Staccarsi progressivamente dal mondo è la traiettoria inversa a quella della vita e quindi l’animo umano si insenilisce e i malesseri divengono parte fondamentale del quotidiano.

(Silvano Agosti – La ragion pura)

Una nuova cultura è alle porte, un nuovo modo di pensare e di vedere il mondo si sta sviluppando come una naturale evoluzione dell’essere umano. Un cambiamento epocale è alle porte, ma per il momento solo pochi, pochissimi in confronto all’intera popolazione mondiale, lo stanno avvertendo. Le crisi che si aggravano, tra cui quella economica che non è probabilmente neanche la più grave, sono palesi segnali di questo passaggio storico invitabile, un’occasione unica per l’umanità di realizzare a pieno la sua missione: percepire il suo stato di pura gioia interiore e fonderlo con quello dell’Universo, che di fatto sono la stessa identica cosa.

In questo nuovo modello culturale cambierà la nostra visione delle cose, di qualsiasi cosa, in ogni ambito. Anche riguardo alle relazioni, come già ho avuto modo di scrivere nel mio ultimo libro Ritorno all’Origine, ci saranno degli stravolgimenti fondamentali. In particolare, per le relazioni sentimentali, oggi assistiamo a una crisi senza precedenti, l’aumento impressionante della violenza sulle donne e delle tragedie familiari dovute a gelosie, insofferenze, abbandoni è un chiaro sintomo di un sistema che non funziona più perché superato, inadatto; ed è perciò che subirà una evoluzione, una trasformazione. Alcuni concetti, relativi alle relazioni sentimentali, come il fidanzamento, la coppia, l’amore, il matrimonio, la famiglia, il tradimento, la gelosia, alcuni dei quali hanno radici culturali anche di millenni di storia umana, saranno stravolti completamente da una nuova visione della vita. 

Alla base di tale evoluzione c’è senza dubbio un passaggio fondamentale ovvero quello che riguarda la relazione stessa. Oggi viviamo la relazione sostanzialmente scegliendo tra due tipologie distinte e contrarie: le relazioni di dipendenza, in cui dipendiamo morbosamente dall’altro, e le relazioni di indipendenza, in cui siamo totalmente slegati e liberi rispetto all’altro. La prima tipologia conduce ad un forte attaccamento e all’illusione che la nostra felicità, la nostra dignità, risieda nell’accettazione e nel consenso dell’altro, e naturalmente ci attendiamo il viceversa. Disfunzionamenti inevitabili di tale visione conducono alla sofferenza della gelosia, dell’abbandono e del tradimento. La seconda tipologia, l’indipendenza, conduce invece ad alimentare la propria arroganza e superbia, a non rispettare e non vedere affatto le esigenze e i sentimenti altrui, che crea sofferenze che inaridiscono lo spirito umano e allontanano le persone isolandole, dando l’illusione che non ci sia bisogno delle relazioni di valore con altri individui per essere felici. 

Nella nuova cultura della via di mezzo, tutte le relazioni, non solamente quelle sentimentali, saranno contemplate come relazioni di interdipendenza dove ovviamente l’individuo non è distaccato dagli altri ma neanche dipendente dagli altri, piuttosto è il singolo individuo che illuminandosi alla sua vera natura e fondendosi con lo stato vitale del cosmo raggiunge una dimensione tale in cui si perde la separazione tra “piccolo io”, l’io individuale limitato e circoscritto, e il “grande io” vasto e illimitato. Questo è il passaggio essenziale che conduce alla trasformazione di tutti quei concetti culturali che oggi diamo per assodati e intoccabili. 

Le insofferenze dovute alla gelosia, al tradimento, all’abbandono perdono la loro efficacia, perché la gelosia, il tradimento e l’abbandono non hanno più ragione di esistere, si dissolvono con leggerezza. Così il matrimonio, un contratto per obbligare le persone ad amare una sola persona per tutta la vita, perderà la sua centralità nella costruzione di relazioni sentimentali e delle famiglie. Amare una sola persona, giurare fedeltà assoluta pena la punizione, sono tentativi escogitati dall’uomo per controllare la società e assoggettarla al potere centrale. La creatività e l’immensità dello spirito umano non può avere limiti per quanto riguarda l’amore e i suoi sentimenti, l’empatia, e perché no anche l’espressione fisica di tali sentimenti. L’emancipazione dell’uomo dalla gabbia dei condizionamenti e delle prescrizioni culturali è un tassello indispensabile per l’evoluzione verso una nuova era che abbia capacità di futuro. 

Lo stesso vale per la concezione della famiglia, che oggi è vista essenzialmente come un nucleo chiuso in cui i componenti tendono a difendersi e proteggersi l’un l’altro senza prendere in considerazione l’esterno. L’importante è che la famiglia stia bene, quello che succede fuori non è poi così rilevante: questa visione distorta fa parte della cultura attuale, questo è innegabile, di una cultura che sta morendo. Il concetto di famiglia chiusa, così come quello di matrimonio come impegno ad amare una sola persona, sono concetti che hanno a che fare più con l’egoismo, e il piccolo io, che con l’amore, e il grande io. 

Essere liberi di esprimersi, di espandere il proprio stato vitale fino ai confini dell’universo, di amare un fiore, un insetto e tutti gli esseri umani, questa è la vera natura dell’uomo e la sua funzione in questo pianeta, e adesso, in questo momento storico, le circostanze esteriori ci stanno caldamente indirizzando verso questa direzione. Una direzione in cui la mia famiglia non sono io, né la mia compagna, né mio figlio: la mia famiglia è il cosmo.