«Un uomo è ricco in proporzione del numero di cose delle quali può fare a meno»
Henry David Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi

venerdì 28 ottobre 2011

Il picco della salute

Tutti conosciamo bene il picco del petrolio, se n'è parlato tanto e da diversi anni. Ci sono studi e modelli matematici che cercano di delineare l'andamento della estrazione e raffinazione del petrolio, provando a stabilire quando raggiungeremo il livello massimo e quanto sarà rapida la diminuzione che ne segue. Abbiamo visto però che è molto difficile fare i conti con una risorsa così strategica, difficile conteggiare le riserve che i paesi si sono accantonate nel tempo, difficile stabilire quanto petrolio si può economicamente estrarre da una riserva, e difficile prevedere come le prossime avanguardie tecnologiche riusciranno ad influenzare il fenomeno.
La triste verità è che il petrolio non si rinnova da solo, e per quanto possa essere prima o poi avrà una fine se lo bruciamo tutto, sprecandone immense quantità. E la triste verità comprende anche tutte le altre preziose materie prime che utlizziamo, molte delle quali sono rare e di estrazione onerosa. Il riciclaggio, che pur richiede ingenti quantità di energia, è una necessità essenziale già oggi.

Una ancor più triste verità, che anche un bimbo è in grado di intuire, è che esiste pure un picco della salute. Le conquiste tecniche scientifiche e una evoluzione nella educazione e nell'igene ci hanno permesso di allungare l'aspettativa di vita nei paesi del mondo occidentale a partire dal dopo guerra. Lo stesso sviluppo economico industriale che ha favorito tale miglioramento di vita adesso, esasperato e fuori controllo, sta mettendo a rischio la nostra vita cominciando a mettere in ombra i benefici raggiunti, fino a che gli effetti negativi, dovuti al pesante inquinamento, tenderanno a prendere il sopravvento e ad accorciare la nostra aspettativa di vita. Questo discorso naturalmente vale anche per i paesi "del terzo mondo", che sono sottoposti pure ad inquinamento di vario genere, se pur tuttavia partono da condizioni sanitarie e di aspettativa di vita differenti.

Ancora una volta, capiamo che la scienza e la tecnologia hanno dei limiti e che solo accompagnandoli con l'uso della saggezza e del buon senso intrinseci nella natura umana possiamo davvero apportare benefici a tutti gli esseri viventi.




Approfondire:



martedì 25 ottobre 2011

Zeitgeist: the Movie

"Dividi e conquista" è il motto, e sino a quando le persone continuerannoa vedersi separate da tutto ciò che sta loro attorno sarà semplice ridurli a d una completa schiavitù. Gli uomini dietro le quinte lo sanno.
E sanno anche che, quando le persone riusciranno a comprendere la verità sulla propria relazione con la natura, e la verità circa il loro potere individuale l'intero Zeitgeist, che hanno costruito, dietro il quale loro prosperano, crollerà come un castello di carte."

lunedì 24 ottobre 2011

Decrescita felice o decrescita imposta

Dipinto di Ciro D'Alessio


«La decrescita è oggi inevitabile. Resta solo da scegliere se imposta o felice» Luca Madiai


Si parla di "decrescita felice", essenzialmente per trasmettere il concetto che pur diminuendo certe produzioni e i consumi, con una conseguente diminuzione del PIL, si può in realtà far aumentare il benessere e la qualità della vita di tutti anzichè andare in contro al degrado.
Da un punto di vista più profondo però, l'attributo "felice" ha un motivo ulteriore: quello di distinguere la "decrescita felice" dalla "decrescita imposta", che negli stessi termini porta a una decrescita economica che tuttavia differisce dalla "sorella" decrescita felice per due ragioni. La prima è che la decrescita imposta sarà appunto una conseguenza inevitabile dell'attuale sistema economico che incorre instancabilmente la crescita a tutti i costi, perciò non sarà un fenomeno deliberativo, nè una scelta individuale nascente da una illuminata consapevolezza, ma piuttosto una imposizione dovuta a circostanze contrarie e sfavorevoli. Seconda ragione, il risultato della decrescita imposta non porterà a benefici essenziali ed equi, piuttosto porterà alla riduzione di libertà e ad una forte accentuazione della carenza di risorse, della loro iniqua distribuzione e a situazioni di instabilità politica e sociale, oltre che economica, sempre più gravose.
Per tale motivo la decrescita felice si presenta oggi ai nostri occhi come una preziosa occasione che non possiamo altro che cogliere. Una profonda consapevolezza che, pur vivendo in un mondo dalle risorse limitate, tutti gli esser umani sono dotati dell'illimitata saggezza e coscienza per vivere una vita piena e felice, in armonia con sè stessi, con gli altri e con l'ambiente.

mercoledì 19 ottobre 2011

Il singolo individuo fa la differenza


"Vorrei che i giovani si interessassero a questa storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi a violenze del genere" Giorgio Perlasca

Non tutti conoscono la storia di Giorgio Perlasca, un italiano che nella fase finale del secondo conflitto mondiale da solo ha fatto la differenza salvando migliaia di ebrei ungheresi. A differenza di Oscar Schindler e Raoul Wallemberg le cui gesta oltre a essere ben conosciute sono state in qualche modo facilitate dalla loro posizione legittima, Perlasca senza alcun aiuto e in una posizione assolutamente precaria ha deciso di dedicare tutte le sue energie ad aiutare le persone che si trovavano in quel momento in estrema difficoltà, persone che rischiavano di morire o di essere deportate in ogni momento.

Credo che sia importante conoscere e approfondire la storia di Giorgio Perlasca, per tanti anni tenuta celata per motivi politici. Credo che non dobbiamo mai smettere di ricordarci che è l'essere umano ciò che conta: è l'essere umano che scatena le guerre e le ingiustizie, ed l'essere umano che può agire per opporsi usando essenzialmente la sua innata umanità.

Al di là delle opinioni e dei trascorsi di Giorgio Perlasca, ciò che colpisce è proprio la sua genuina umanità.

Libri su Giorgio Perlasca

1- Enrico Deaglio - La banalità del bene - Storia di Giorgio Perlasca - Feltrinelli

2- Hallenstein Dalbert, Zavattiero Carlotta - Giorgio Perlasca - Un italiano scomodo - Chiarelettere

lunedì 17 ottobre 2011

Meno durano, meglio è



Mentre la figura di Steve Jobs è prossima alla santificazione (massimo rispetto per i defunti sempre e comunque), e di Wangari Maathai si parla poco e pochissimi conosco la sua storia o addirittura il suo nome, leggo su una rivista* (non si tratta di novella 2000 o simili) che una decina di anni fa la Apple decise di non offrire batterie di ricambio per i suoi mitici, quanto inutili, iPod in modo da invitare i clienti a comprarli nuovi dopo un breve tempo. 

Due newyorkesi crearono un video per denunciare questa politica consumistica del gigante di Cupertino. Successivamente fu dimostrato anche che le batterie degli iPod erano state volutamente progettate per durare un tempo ridotto. Quindi oltre a non avere possibilità di sostituzione delle batterie, gli utenti si ritrovavano un pezzo di “alta tecnologia” costosa ma di limitata durata. La causa fu vinta dai clienti che ottennero un indennizzo, la sostituzione delle batterie e l’elevazione della garanzia a due anni. 

La cruda realtà di oggi è che i cittadini del mondo “sviluppato” faticano a trovare un lavoro, che è in forte diminuzione, e quindi a lavorare sempre più intensamente per comprare sempre più articoli sempre più inutili e che si romperanno sempre prima. 

Inoltre leggo curiosamente (ma non mi stupisce affatto) che nella Germania dell’Est, prima della caduta del muro, esisteva una legge che stabiliva durata minimi di frigoriferi e lavatrici in almeno 25 anni. Ma quello era il terribile comunismo, e oggi lo abbiamo finalmente sconfitto per sempre. 

Adesso viviamo nella ricca e sovrabbondante società capitalistica globalizzata, dove tutto è lecito, dove i limiti non esistono e tutto è possibile … fino a un certo punto. 


[*] Fatti per non durare, Terra Nuova, n° 264

mercoledì 12 ottobre 2011

Una politica inedita



Tanto si parla di politiche per la crescita economica, per il lavoro, per la giustizia, per bloccare l'immigrazione, per salvaguardare l'ambiente, per la famiglia ecc... ma le politiche che servono davvero, quelle che inciderebbero sulla vita dei singoli cittadini sono altre. E nessuno mai ne parla, nessuno proprio, forse solo qualche folle rivista o sparuto giornalista.

Le politiche di cui l'Italia (come ogni altro paese occidentale) ha urgentemente bisogno sono le politiche per la sobrietà. Di cosa si tratta? Semplicemente di ridurre la produzione eccedente al necessario e sufficiente, così come i servizi, il tempo di lavoro, le attività in generale e i redditi. Ridurre l'importanza del denaro nelle transazioni, utilizzando espedienti paralleli, garantire servizi pubblici gratuiti e di qualità (sanità, educazione e trasporti in primis), ridurre i rifiuti al minimo indispensabile, sottolineando minimo e indispensabile, ridurre i consumi energetici eliminando gli sprechi e le inefficienze, far crescere invece una nuova cultura di rispetto dei limiti delle risorse naturali e di solidarietà di vicinato.
Le politiche per la sobrietà dovranno essere affiancate da politiche per la socialità, favorendo il contatto con le persone e lo scambio libero di opinioni, istituire luoghi di incontro e di dialogo aperto a tutti e senza costi da sostenere direttamente, portare il servizio volontario obbligatorio per tutti i giovani, favorire la cultura, l'arte, la conoscenza, fare campagne anti-televisione e ostacolare l'uso di mezzi privati nelle città e regolamentare in modo severo la pubblicità.

Queste sono solo alcune idee di base, la creatività e la fantasia ci porteranno ben oltre, progettando una società del futuro conviviale e serena.
Ciò nonostante, sappiamo bene però che tali politiche potranno essere attuate efficacemente soltanto a fronte di una rivoluzione dello spirito umano, un cambiamento del cuore dell'uomo (leggasi rivoluzione umana). Questa è la vera condizione alla base del cambiamento che già stiamo vedendo. Si potrebbe forse azzardare anche a delle politiche per l'umanità, intese come politiche indirizzate a sviluppare la profondità dell'animo umano rivoluzionando noi stessi per un mondo migliore per tutti.

martedì 4 ottobre 2011

Il senso del limite e il senso della possibilità



Al fine di vivere una vita in armonia con il nostro ambiente e con noi stessi è bene approfondire due concetti secondo me essenziali, solo apparentemente in contraddizione, per una nuova cultura di pace e felicità per tutti (intendo proprio tutti!). 

Il primo concetto riguarda la limitatezza delle risorse naturali, le uniche risorse materiali di cui l’uomo dispone in questa vita terrena. «Secondo la legge fondamentale della termodinamica, il patrimonio del genere umano è limitato» afferma Gergescu-Roegen [1]. Espressioni oggi molto in voga come “energia pulita”, “economia verde”, “migliorare l’ambiente”, “sviluppo sostenibile”, “salvare il pianeta”, “impedire la distruzione delle risorse” contengono tutte l’illusione, forse piacevole e romantica, di poter invertire i processi di degradazione entropica, di poter generare energia dal nulla, di poter evitare qualsiasi tipo di limitazione al progresso tecnologico e industriale umano. 

Riscoprire il senso del limite, invece, andando in direzione contraria, è coltivare la consapevolezza dell’esistenza dei limiti materiali e quindi della finitezza delle risorse accessibile e utilizzabili, nonché della insostenibilità intrinseca di ogni fenomeno (non reversibilità completa). La cosa che deve sorprendere però è che tale consapevolezza non è assolutamente limitante o privativa: risvegliare in se stessi il senso del limite coincide con il percepire la vera entità della nostra esistenza in questo mondo, significa apprezzare e gioire della nostra vita senza desiderare di prevaricare su di essa e sull’ambiente che la sostiene, senza rincorrere i limiti in una competizione per la sopravvivenza. 

Nel versante opposto, ma non in opposizione, vi è un altro tipo di consapevolezza che dobbiamo coltivare ogni giorno: il senso della possibilità. Bartolini [2] la definisce «la capacità di progettare esperienze che abbiano come loro punto di riferimento il raggiungimento di condizioni di vita più facili» oppure «la capacità di progettare cambiamenti, cioè l’alternativa». Il nostro senso della possibilità negli ultimi anni è stato ridotto a colpi di spot consumistici ed educazione alla cieca obbedienza. I media (in primis la tv) e la scuola sono tra i maggiori fautori di questa cultura servile che «implica la mancata consapevolezza che l’ambiente economico e sociale è un prodotto umano e come tale può essere orientato verso il benessere» e, aggiungo io, verso la creazione di valore. 

Riscoprire il senso della possibilità, la contemplazione attiva di un’alternativa creativa è il primo passo per liberarci dalle catene del consumismo barbarico e della ricerca ossessionata del profitto monetario intrinseche in una società basata esclusivamente sulla crescita economica. Per far ciò occorre gettare le proprie credenze culturali fondate su argomentazioni puramente economiche, abbattendo inerzie psicologiche e barriere mentali che non ci permettono di vedere oltre il nostro offuscato punto di vista. Occorre “sconnettersi”, come ho già avuto modo di scrivere, arrivando all’essenzialità dei fenomeni della vita, ribaltando la visione delle cose, in quella che si potrebbe definire una rivoluzione umana, una rivoluzione del cuore umano, ciò che realmente conta. 

Senso del limite e senso della possibilità riflettono due consapevolezze profonde che non sono, come può sembrare a una prima analisi, in contraddizione tra di loro; limiti materiali dettati dal nostro ambiente naturale, nonché dal nostro stesso corpo umano che ne è parte integrante, non limitano il senso della possibilità in quanto la progettualità dell’uomo è basata sulla creazione di valore (non esclusivamente materiale) che ha come unica sorgente il potenziale intrinseco alla vita che è invece illimitato.



«Un atteggiamento nei confronti della vita che cerca soddisfazione nel conseguimento individuale della ricchezza, in breve, il materialismo, non è adatto a questo mondo, perché non contiene in sé il principio del limite, mentre l’ambiente in cui si colloca è strettamente limitato» E.F. Schumacher da “Piccolo è bello”

[1] Energia e miti economici - Nicholas Georgescu-Roegen 

[2] Manifesto per la felicità - Stefano Bartolini